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Il calcio italiano: analisi, numeri, scenari e prospettive future

di Redazione -

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di Angelo Caliendo

 

Sono 4,6 milioni gli italiani che giocano a calcio: è lo sport più diffuso tra gli under 35, dato che 1 su 3 lo pratica, ovvero il 33,6%. Nel 2018 sono state censite 12.449 società calcistiche, di cui più di 3 mila inerenti il Settore giovanile e scolastico, 99 sono società professionistiche e il resto sono società in ambito dilettantistico.

Il gioco del calcio, per meriti di semplicità e versatilità, è in grado di aggregare persone diverse tra loro e creare un senso vivo di “comunità”: anche senza essere grandi appassionati di calcio, è istintivo abbracciarsi al gol della squadra del cuore. Il calcio unisce proprio tutti, generando una catarsi collettiva in momenti particolarmente sentiti, come ad esempio i Mondiali di calcio, che rappresentano un momento aggregativo mainstream, che coinvolge anche chi si sente più lontano dal “mondo del pallone”. Il calcio è in grado di generare un sentimento identitario, di forte caratterizzazione anche politica e culturale: basti pensare all’Argentina di Maradona contro l’Inghilterra ai Mondiali in Messico del 1986, dove in campo si giocò una partita dal valore estremamente simbolico, in forza del conflitto che coinvolse i due paesi per le isole Falkland. Il calcio non è solo “il gioco più bello del mondo”, ma anche un insostituibile fattore di incontro e socializzazione, soprattutto nelle categorie giovanili e scolastiche. Ce lo raccontano innanzitutto i numeri dei tesserati Figc: 1.355.993 persone registrate nella stagione 2017-2018. Le cifre diventano ancora più significative se ci concentriamo sui giovani: in Italia, il 20% dei ragazzi tra i 5 e i 16 anni è tesserato per una società di calcio. Il “Sistema Calcio” si conferma come un pezzo del sistema formativo della società italiana, con responsabilità importanti per quanto riguarda l’educazione sia fisica che relazionale delle persone coinvolte. Lo sport tutto, e in particolare il calcio, può essere visto come una delle principali e imperdibili occasioni educative dei ragazzi ai valori dello sport, e dunque della vita: spirito di squadra, sacrificio, lealtà, tenacia, creatività.

L’ impatto socio-economico del “Sistema Calcio” supera i 3 miliardi di euro. Di questi, circa un terzo è imputabile ai risparmi generati dai benefici prodotti a livello sociale, mentre più del 40% dipende dai risparmi in termini di spesa sanitaria. La capacità di aggregazione del settore è testimoniata, inoltre, dal numero di accessi allo stadio nell’ambito dell’attività di vertice, aumentati di oltre un milione rispetto al 2016-2017, per un totale di quasi 17 milioni di biglietti staccati. Una crescita importante, nonostante permanga il problema di impianti vecchi e talvolta addirittura inadeguati dal punto di vista della sicurezza. L’età media degli stadi italiani dei club professionistici, infatti, è di 60 anni, e il 93% degli stadi è proprietà pubblica. Altro fattore di criticità, oltre agli impianti vetusti, è rappresentato da una situazione economico-finanziaria fragile, soprattutto nelle serie inferiori, malgrado un aumento delle cifre di denaro mosse dal calcio professionistico. A prova di ciò, nella stagione 2017-2018 sono stati inflitti ben 68 punti di penalizzazione alle società di Serie C, proprio a causa di irregolarità amministrative.

Viste le difficoltà riscontrate nelle società più piccole, sarebbe forse il caso di chiedersi se per il nostro calcio non siano troppe le società professionistiche presenti nei campionati italiani. Un processo di razionalizzazione e selezione, per quanto doloroso, potrebbe forse aiutare a prevenire fallimenti e mancate iscrizioni ai campionati. L’attività giovanile e scolastica cresce del 1,2% nelle ultime rilevazioni del 2019 (dal 2009 al 2018), a differenza del calcio dilettantistico che vede invece una flessione del 3,2%. Il calcio dilettantistico e giovanile continua comunque a rappresentare il principale movimento sportivo in Italia. Con un totale di 680.531 giovani atleti registrati, l’attività relativa al Settore Giovanile e Scolastico incide per il 65,1% dei calciatori tesserati, e ha evidenziato una positiva crescita media annua del +1,2% nel corso delle ultime 9 stagioni sportive. Il numero complessivo di partite ufficiali disputate nel 2017-2018 ammonta a 564.473, cui il 65% circa relative all’attività giovanile e il 35% all’attività dilettantistica. A livello regionale, in termini di calciatori tesserati Lombardia (182.449), Veneto (108.692), Lazio (95.167), Toscana (84.449) ed Emilia Romagna (84.204) rappresentano le principali regioni, incidendo da sole a livello aggregato per il 53,1% del totale. Le società dilettantistiche rappresentano più di 10 mila società, distribuite differentemente sul nostro territorio, per una affluenza allo stadio nei campionati dilettantistici che supera i due milioni di presenze (2018). La Lega Nazionale Dilettanti conta più di un milione di iscritti e 64.372 squadre che coinvolgono un numero di calciatori che varia a seconda delle Regioni. La Lombardia conta il maggior numero di tesserati con 182.449 calciatori tesserati, seguita da Veneto (108.692) e Lazio (95.167). Tra le Regioni del Sud, la Campania raccoglie 62.868 calciatori dilettanti tesserati, la Sicilia 48.984 la Puglia 45.042, la Calabria 28.234.

Le società dilettantistiche tendono ad essere sottoposte a crisi cicliche e fallimenti, dovuti principalmente ad una mancata organizzazione societaria in termini economici di cui necessita, oggi, il calcio dilettantistico e la risposta che potrebbe dare in termini occupazionali con una formazione adeguata ed efficace. A peggiorare la situazione, l’emergenza coronavirus secondo il dossier pubblicato nel 2020 dalla Lega Nazionale Dilettanti (LND), che già all’inizio della pandemia denunciava a rischio iscrizione addirittura il 30% delle società dilettantistiche, una proiezione che potrebbe essere anche peggiore visto il protrarsi della emergenza sanitaria e che rischia di cambiare la geografia centenaria del gioco del calcio nel nostro Paese. 

A pesare è in primis la forte riduzione degli sponsor e la crisi di liquidità innescatasi nel 2020, che rischia di bloccare qualsiasi contributo alle società sportive locali, che vivono anche di eventi e tornei ad oggi proibiti dalle misure di contenimento del virus. Guardando invece al calcio professionistico, ai grandi ricavi corrisponde anche una contribuzione fiscale e previdenziale notevole: 11,4 miliardi di euro di gettito fiscale negli ultimi 11 anni. Per ogni euro investito dal Governo italiano nel calcio, lo Stato ha ottenuto un ritorno in termini fiscali e previdenziali di 15,2 euro, e rappresenta il 70% del contributo complessivo generato dal comparto sportivo italiano.

avvocato e membro 

del Consiglio Direttivo 

dell’Eurispes


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