Attualità

Il caso dell’industriale Filippi, dopo dodici anni la verità

di Ivano Tolettini -


Le fatturazioni per le sponsorizzazioni sportive per oltre un milione di euro non erano fasulle. L’Agenzia delle Entrate sbagliò a contestarlo all’imprenditore-politico e deve pagare le spese legali. Succede però dodici anni dopo che la Guardia di Finanza avviò le indagini e dopo che due commissioni tributarie (provinciale e regionale), avevano insistito nelle accuse. Lo certifica la Cassazione civile accogliendo il ricorso tributario dell’ex senatore Alberto Filippi, 58 anni (nella foto), di Vicenza, presentato a nome della società Uniderm. I supremi giudici danno atto al patron di Unichimica di non avere violato la legge.

“Il risultato è ottimo, ma non poteva essere che così, visto che il mio grande accusatore, Andrea Ghiotto, allora presidente del Grifo, squadra campione d’Italia di calcio a 5 – spiega l’imprenditore Filippi – non aveva gradito il fatto che come parlamentare avessi fatto i complimenti alla Guardia di Finanza per l’inchiesta «dirty leather» che scoperchiò un giro enorme di evasione dell’Iva”. A distanza di breve tempo, però, Ghiotto aveva smentito, a mezzo stampa e tv, che le fatture emesse dalle società Arzignano Grifo C/5 srl e Arzignano Grifo srl fossero false e che avesse retrocesso soldi in contanti al parlamentare. Adesso che i supremi giudici della quinta sezione hanno accolto il ricorso degli avvocati Alberto de Felice e Francesco Moschetti, Filippi va oltre il caso personale, seppure per lui sia stato doloroso perché fu fonte di delegittimazione sul piano politico e gravido di conseguenze patrimoniali per le sue aziende.
Il caso è esemplare per tutti i cittadini o imprenditori che come lui patiscono ripercussioni economiche e morali durature per poi, dopo ben 12 anni, vedersi riconosciuta l’assoluzione. Tra l’altro, le dichiarazioni di Ghiotto innescarono anche un procedimento penale che si è concluso col proscioglimento. All’epoca lo strepito mediatico, vista la sua posizione di parlamentare, fu nazionale. “Sono convinto che lo Stato deve assicurare a un cittadino o a un imprenditore che hanno subito un torto – prosegue Filippi – anche un risarcimento morale, pubblico. E allora si chieda alla politica di trovare un sistema per fare in modo che la pubblica amministrazione che sbaglia risarcisca in modo equo”. Il ragionamento va al di là dell’episodio Filippi, che come sappiamo non è infrequente, per evitare che la gogna mediatica prima del corso della giustizia stritoli il contribuente. “La circostanza che più mi amareggia – osserva l’imprenditore – è che non si può danneggiare, a volte irreparabilmente, anche se questo non è il mio caso, un’azienda, senza che nessuno se ne assumi la responsabilità”.
Quindi conclude: “Ho vinto in Cassazione per Uniderma e sono stato costretto a pagare ingiustamente con Unichimica per poter partecipare alle gare pubbliche che costituiscono il core business della mia azienda. Spero che la mia vicenda possa sensibilizzare chi di dovere per l’enormità dei tempi trascorsi per arrivare alla verità”.


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