Il caso Forlanini: lo stop alla riapertura? Una questione di affari, non di salute
Il Forlanini non è solo un ospedale chiuso. È diventato il simbolo più eloquente di una città – e di un Paese – che svende il patrimonio pubblico per logiche opache e interessi privati.
Il gigantesco complesso di Monteverde, chiuso ufficialmente nel 2015 con la promessa di riconversione e riapertura, è oggi al centro di uno scontro silenzioso ma durissimo tra chi lo vuole restituire ai cittadini e chi, invece, intende trasformarlo nell’ennesimo affare immobiliare.
L’ultimo piano per la riqualificazione del Forlanini – presentato nel 2022 – prevedeva un mix tra sanità, RSA, centro di ricerca, edilizia sociale e verde pubblico. Un progetto sostenibile, condiviso da comitati di quartiere, associazioni mediche e persino da parte del Consiglio regionale del Lazio. Eppure, tutto si è fermato. Chi ha bloccato la rinascita del Forlanini? E perché? La burocrazia regionale avrebbe rallentato le procedure di mappatura e bonifica, lasciando l’edificio in stato di abbandono e favorendo il progressivo degrado, condizione necessaria – denunciano i comitati – permettendo cosi una svendita all’asta o una concessione d’uso trentennale a soggetti privati.



Il Forlanini sorge su oltre 150.000 metri quadrati di superficie urbana, in una zona tra le più pregiate della Capitale. Secondo una valutazione non ufficiale della Camera di Commercio, l’area – riqualificata e valorizzata – avrebbe un valore potenziale superiore ai 250 milioni di euro. Dietro le quinte, si muovono società di gestione patrimoniale, fondi immobiliari stranieri, e una fitta rete di cooperative e consorzi che – secondo indiscrezioni – sarebbero pronte a subentrare alla Regione per “gestire” il recupero del complesso, previa firma di un protocollo di valorizzazione.
A guadagnarci, sarebbero in pochi probabilmente ma a perderci, come sempre, i cittadini, privati di una struttura pubblica strategica per la sanità del quadrante ovest di Roma, costretti a rivolgersi a strutture sovraccariche o private.
Nel mezzo, il degrado avanza: vetri rotti, infiltrazioni, accessi forzati e occupazioni temporanee. Le immagini satellitari mostrano persino movimenti sospetti notturni, che alimentano il sospetto di attività illecite o traffici interni, come già accaduto in altri edifici abbandonati della Capitale.
Il Forlanini potrebbe essere riaperto anche domani, almeno in parte, con un investimento limitato rispetto a quanto si spende per gestire gli appalti esterni e le convenzioni con il privato. Eppure, non esiste una volontà politica reale a nessun livello per farlo.


Il rischio – molto concreto – è che dietro lo stallo ci sia una precisa strategia di logoramento per poi la privatizzazione. L’ex ospedale Forlanini è oggi un monumento alla disfatta della programmazione pubblica, ma soprattutto alla duplicità del potere, che a parole difende la sanità pubblica ma nei fatti la svende, pezzo dopo pezzo. Se non si alza la voce adesso, il Forlanini rischia di diventare l’ennesima occasione perduta. O peggio, l’ennesimo affare per pochi.
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