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Il Cav e quelle 136 stazioni della Via Crucis della giustizia

di Redazione -

SILVIO BERLUSCONI PRESIDENTE FORZA ITALIA


di ELISABETTA ALDROVANDI

 

Pensate a un uomo. Indagato e imputato per centotrentasei volte. E assolto per centotrentacinque. A chiunque verrebbe spontaneo pensare che quell’uomo è un perseguitato giudiziario. Oppure, che è vittima di una serie pressoché infinita di sventure che lo hanno trascinato davanti a un numero altrettanto infinito di giudici in altrettante infinite aule di tribunale. Può accadere, nel corso della vita, di essere coinvolti in un problema giudiziario, ma uno Stato di diritto garantisce la possibilità di difendersi, così come la presunzione di innocenza fino a sentenza passata in giudicato impedisce di considerare colpevole una persona fino a che vi sia la possibilità di impugnare una pronuncia di condanna. Tuttavia, pochi potrebbero sostenere oltre centotrenta processi (tenuto conto dei vari gradi giudizio), sia psicologicamente sia, e soprattutto, economicamente.

 

Silvio Berlusconi è uno di quelli. Anzi, l’unico, perché nessuno ha subìto più imputazioni e più assoluzioni di lui. Assoluzioni ottenute anche grazie alla strenua attività del suo team difensivo, che in questi decenni non ha risparmiato nessun mezzo legalmente disponibile per sostenere e dimostrare l’estraneità del proprio cliente alle accuse avanzate nei suoi confronti.

 

Ma a che prezzo, tutto ciò? Certamente, un prezzo altissimo, sostenuto non soltanto dall’imputato, poiché solo chi ha enormi disponibilità patrimoniali può permettersi di affrontare un numero così elevato di processi, tra assistenza legale e consulenze tecniche, ma anche da tutti noi.

 

Quanti milioni di nostri euro sono costati venticinque anni di attività di indagine e processuale contro Berlusconi, sistematicamente concluse con assoluzioni, una dopo l’altra? Quanto tempo è stato speso dagli inquirenti, dai giudici, dagli organi di polizia giudiziaria, alla ricerca di fatti di cui, alla fine, non si è riusciti a fornire prova?
Anche questi sono elementi importanti, perché in Italia la macchina della giustizia è tra le più lente in Europa, tanto che tra gli impegni assunti con il Pnrr vi è quello di ridurre la durata dei processi del 25% entro il 2026. E pensare che una parte di questa macchina venga impegnata per celebrare processi che terminano sistematicamente con un nulla di fatto, deve far riflettere sul modo in cui questa giustizia viene amministrata. E sulla necessità di una riforma che porti a ripensare l’effettiva necessità di intraprendere azioni penali deboli e sguarnite di elementi di prova in grado di reggere in giudizio.

 

Intanto, è arrivata la centotrentacinquesima assoluzione per Berlusconi, perché il fatto non sussiste. Cosa significa? Che nessuno degli elementi a sostegno dell’accusa è stato provato. È una formula di assoluzione piena, che non lascia dubbi circa l’innocenza dell’imputato.

Perché bisogna sempre ricordare che un conto è la verità sostanziale, un conto quella processuale. Che è l’unica che conta, una volta varcata la soglia di quell’aula, dove la legge è uguale per tutti. O almeno, così dovrebbe essere.

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