Economia

Il conto corrente diventa un diritto

Passa all'unanimità la proposta di legge, ecco tutte le novità

di Giovanni Vasso -


Cambiano i tempi, cambiano anche i diritti: da oggi, anzi da ieri con l’ok unanime dalla Camera, c’è quello ad avere il conto corrente. L’Aula ha votato sì alla proposta che impone alle banche di aprire conti a chiunque ne faccia richiesta. Tranne, va da sé, nei casi in cui ci potrebbe essere il rischio di agevolare il riciclaggio di denaro sporco o di prestare una sponda agli affari di mafie e terrorismo. Insomma, occorrono motivi che vanno ben al di là della discrezionalità, adesso, per negare l’apertura di un conto. E, sia chiaro, di un conto corrente ordinario, non per forza quello di base.

Conto corrente: cosa cambia

La riforma va a modificare le normative a proposito previste da codice civile e codice del consumo. E introduce il concetto di inclusione finanziaria. Nessuno deve essere più lasciato indietro. Che si tratti di cattivi pagatori, imprese ritenute a rischio dalle banche pure presentando i conti in ordine, chi è stato protestato in passato. Il diritto alla richiesta, e all’apertura di un conto corrente, sarà riconosciuto a chiunque soggiorni legalmente in Italia. A ogni domanda occorrerà dar risposta entro dieci giorni, in caso di silenzio, questo sarà interpretato come assenso. Sarà vietato il recesso, da parte della banca, se il saldo è positivo e saranno imposte sanzioni, o meglio indennizzi (non inferiori a 2mila euro più eventuali risarcimenti) in caso di mancato rispetto delle nuove regole.

Rischio gold plating

Proprio a quest’ultimo aspetto della vicenda, ossia il veto sui recessi, si appellano le banche. Che, come è fin troppo facile immaginare, non sono poi così felici della riforma. Molti osservatori, difatti, hanno notato che il ddl unisce a quanto imposto dalle normative comunitarie, ossia il diritto all’apertura di un conto, anche una più stringente normativa in materia di recesso. In pratica, l’Italia va oltre le raccomandazioni europee. E, di solito, Bruxelles non le prende bene queste iniziative di gold-plating. Chiedere, per informazioni, a Macron e al governo francese che si ritroverà a dover rispondere davanti alla Corte di giustizia della Ue delle etichette Infotri che impongono standard molto più rigorosi in materia di riciclo dei rifiuti. Ma questa, oltre a essere un’altra storia, è per il momento solo una possibilità. Che le banche, però, sembrano decise a voler sfruttare.

Le banche dicono no

Ma perché gli istituti di credito sono così tenacemente contrari al “diritto universale all’apertura del conto corrente”? Semplice, perché per loro aumentano i costi di tenuta e di compliance, diminuiscono i margini di discrezionalità con il risultato di doversi ritrovare a gestire molti più conti, a costi invariati, ma con valori di guadagno per le banche molto meno remunerativi. La riforma, infatti, sembra andare incontro a figure di clientela che non sembrano essere quelle preferite dalle banche. Non ci saranno più veti a carico di persone che risultano essere state segnalate in Crif o centrale rischi. Non ce ne potranno essere né per gli over 70 e nemmeno per gli immigrati regolari che lavorano e vivono, regolarmente, sul territorio nazionale. Restano al sicuro da “scherzi” le piccole attività con cash-flow stagionale che si vedranno garantita una certa continuità operativa, a patto che il saldo resti positivo.

I timori dei consumatori

Per i consumatori si tratta di un’ottima notizia ma il Codacons già mette in guardia contro una possibile raffica di balzelli e costi nascosti che potrebbero essere imposti dalle banche: “Giusto garantire il diritto al conto corrente a tutti i cittadini, senza discriminazioni e limiti basati sul reddito o su altri criteri iniqui”, spiegano i consumatori. Che proseguono: “L’attuale situazione economica, tra pagamenti digitali, nuove tecnologie e home banking, limita fortemente chi oggi non possiede un conto aperto presso un istituto di credito, e crea disparità di trattamento tra cittadini. Altrettanto importante il divieto per le banche di recedere dai contratti di conto corrente quando il saldo sia in attivo” prosegue la nota. Il Codacons, in coda, predica attenzione e promette vigilanza: “Al tempo stesso, però, invitiamo alla massima attenzione circa i costi applicati dalle banche ai correntisti: oggi le spese di gestione di un conto corrente si attestano a una media di 100,7 euro a cliente, ma i nuovi obblighi in capo agli istituti di credito potrebbero portare a rincari e balzelli a danno dei cittadini”.


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