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Il Coronavirus potrà cambiarci in positivo? Ogni cambiamento è sinonimo di evoluzione

di Redazione -


In tutto il mondo i governi hanno adottato provvedimenti rigidi di protezione dal Covid-19, nell’interesse della salute delle persone. Per una volta sembra quasi che la logica del profitto sia stata sovrastata dal principio della salvaguardia dell’individuo. Sembra che siano state messe da parte le priorità della macchina economica per far prevalere quelle della salute. Molto probabilmente, si sente dire, questo approccio sarà replicato anche per i virus futuri. 

Dal Giappone agli Stati Uniti, sentiamo appelli alla cittadinanza per la limitazione dei rapporti sociali, fino ad arrivare a discussioni sulla distanza minima da tenere con il vicino, al rifiuto di stringere la mano ad un amico, per evitare il contagio. Il clima che si respira andando in giro è quello della diffidenza e della paura, quello di una guerra contro un nemico invisibile. Noi tutti, rinchiusi nelle nostre case e maggiormente a contatto con la nostra parte più interiore, ci stiamo facendo molte domande sulla nostra vita: le scelte fatte, le priorità da seguire e gli obiettivi davvero importanti da raggiungere. C’è qualcosa di profondo che sta mutando nella società, nella vita delle persone? E poi, questo cambiamento potrà essere positivo? Dobbiamo tenere in considerazioni diversi scenari.

Un’opzione è che tutto possa tornare come prima, il paradigma dominante che continuerà a regolare i rapporti tra i popoli e gli individui, quello economico e finanziario, resterà lo stesso. 

 

Finito il periodo di allerta, che per molti sarà pure diventato occasione di profitto, tutto ricomincerà come o peggio del passato. 

Un’altra possibilità potrebbe vedere il permanere di una attenzione forte sulla integrità fisica degli individui, la salute prima di tutto. In questo caso si accentuerebbe una tendenza molto pericolosa alla chiusura, alla diffidenza, all’individualismo, che si potranno permettere solamente le società e le persone agiate.

Un altro auspicabile esito, e dovremmo fare di tutto perché ciò accada, è che questa “scossa di terremoto”, nel mostrare i profondi limiti dell’attuale modello di sviluppo, non si fermi alla superficie considerando solo l’aspetto della sanità degli esseri umani, ma ponga finalmente al centro la persona nel suo valore fondamentale ed unico, vedendo da subito l’impegno dei governi e delle imprese verso tutte le persone che nel mondo muoiono di fame, di epidemie e a causa di insensate ed egoistiche guerre.

Le radicali modifiche alle nostre abitudini di vita, necessarie a contrastare la diffusione dell’attuale nemico comune, creano una sorta di “sospensione” nel nostro vivere. Privati dei soliti ritmi frenetici che scandiscono le nostre giornate, vaghiamo per la casa a volte senza meta, sopraffatti dal senso di smarrimento e inquietudine, con l’impressione di dover utilizzare al massimo il periodo che ci viene concesso, altre volte con la sensazione di subire il furto di un tempo che chissà se riusciremo mai a recuperare.

Esiste un modo giusto o più giusto, per vivere questo momento così unico ed imprevedibile nella storia dell’umanità? C’è una grande difficoltà nel dare un significato a ciò che sta accadendo ed al profondo disagio che questo provoca, come è comprensibile che sia in questo caso visto che la minaccia è esterna, inattesa e fuori dal nostro campo di controllo. La psicologia ci insegna che quando non possiamo intervenire sugli eventi esterni possiamo intervenire sui sentimenti interni, provando a modificare il nostro punto di vista sugli eventi. È ormai riconosciuto che, alla fine, soffre meno e ha più probabilità di superare i momenti difficili chi riesce ad attribuire un significato ed un senso a quello che sta vivendo e soprattutto chi riesce a proiettarsi in uno scenario futuro a far diventare costruttive anche le esperienze più negative. Proviamo a capire se questa pausa forzata può comunque avere un significato nel nostro percorso di vita: se per esempio ci impedisce di realizzare un progetto, per il quale magari ci rendiamo conto di non essere ancora pronti; se ci costringe a rimandare decisioni che comunque non volevamo prendere; se ci permette di riflettere di più su qualcosa di importante da fare. Se finalmente ci dona il coraggio di chiudere una relazione sentimentale o di amicizia con qualcuno che non risuona più con noi. “Non tutti i mali vengono per nuocere”, proviamo quindi a far emergere l’aspetto positivo. L’antidoto psicologico alla paura è l’umorismo e l’essere gioiosi: vedere le cose da una prospettiva buffa è una delle armi più potenti che ha l’essere umano per prendersi gioco dei pericoli, per ridimensionare le paure, per creare distacco tra sé e le minacce. Lo confermano le migliaia di vignette, video e parodie che vengono prodotte ogni giorno quasi a porsi come vaccino contro la velocità del contagio. Non c’è economia e società che tengano, senza gli individui che ne sono il tessuto portante. Come affermava Darwin, non è la specie più forte, né la più intelligente che sopravvive, ma quella più incline all’adattamento, e in quanto a resilienza e a creatività è difficile battere gli italiani. Prima o poi tutto questo finirà, e dopo, se avremo usato bene il nostro tempo, probabilmente realizzeremo che questa era una pausa necessaria per recuperare un contatto più consapevole con noi stessi e quello che eravamo diventati. Il nostro disagio e la sofferenza derivano dalla distanza fisica dagli altri esseri umani e dalla “bellezza”. Le nostre piazze, i nostri palazzi, le nostre chiese che vediamo quotidianamente ed ovunque in Italia, spesso dando la loro magnificenza per scontata, ci stanno facendo riscoprire un rinnovato senso di comunità. Abbiamo fatto tutto in nome della collettività, perché solo noi abbiamo capito fino in fondo ciò che aveva rivelato Aristotele, e cioè che l’uomo è un animale sociale. Stiamo comprendendo che l’individualismo sfrenato, che il modello capitalista che ci hanno imposto nell’ultimo secolo non ci appartiene, non ci soddisfa, non si confà alla nostra natura perché non ci rende davvero felici.    Ce le portiamo nel DNA la nostra antica storia e la nostra straordinaria cultura. Bellezze architettoniche che come doni gratuiti piovuti dal passato anelano semplicemente ad essere vissuti ed ammirati nella loro unicità e bellezza. Il nostro senso estetico è ormai un codice genetico acquisito da secoli; non vi è differenza per noi nel gustare il sapore ed il profumo di un bicchiere di Prosecco con un amico, rispetto alla bellezza di soffermarsi a parlare a Piazza di Spagna. Con la nostra socialità permeiamo la realtà di romanticismo e poesia, ed è questo che l’intero il mondo ci invidia. Perché non è una cosa che si può imparare, è una cosa che appartiene all’Italia e agli italiani. Adesso siamo noi ad inneggiare l’amato Bel Paese, quando le nostre voci e la musica si odono dalle finestre e dai balconi, facendo sentire al mondo tutta la nostra energia.  Tutti a casa, il sacrificio necessario per il bene comune, affinché la civitas torni ad inondare le nostre città.    

Manuela Biancospono


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