Politica

Il fantasma della guerra

Stati membri della Ue che stanno meglio di noi sono già in pieno regime d’emergenza. Noi abbiamo un premier immobile come la von der Leyen.

di Adolfo Spezzaferro -


Siamo in guerra, lo sa tutto il mondo. Eppure soltanto in Italia si continua a far finta di non saperlo. Se da un lato si rinnova l’impegno a proseguire senza se e senza ma con le sanzioni contro Mosca e con l’invio di aiuti militari a Kiev (prolungando inevitabilmente il conflitto nel Donbass), dall’altro il governo uscente non fa niente per affrontare la crisi economica. Crisi, lo ricordiamo, scatenata dalla guerra del gas, innescata a seguito delle sanzioni Ue contro la Federazione Russa per aver avviato l’operazione militare speciale in Ucraina. Ora mentre si alza paurosamente il livello della tensione, con il presidente russo Vladimir Putin che ordina una mobilitazione parziale della cittadinanza, schierando i riservisti e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky che punta addirittura a riprendersi la Crimea, in Europa si procede in ordine sparso. Ma almeno c’è chi si muove per affrontare la crisi. L’Italia è ferma. La Russia domina la campagna elettorale, con i partiti che si scontrano su chi sarebbe pro e chi contro Putin (con tutti che ovviamente chiariscono che sono contro, ma c’è chi come il Pd non si arrende all’evidenza), ma la Russia non è in cima all’agenda delle politiche economiche. Mentre la Germania nazionalizza gli asset strategici (ossia quelli dell’energia), il governo Draghi stanzia briciole per famiglie e imprese. Mentre la Ue non è in grado di decidere nulla, viste le divisioni interne sul price cap (un tetto al gas non interessa tutti quegli Stati membri che hanno già accordi di convenienza con Mosca), il premier uscente, filo-Ue fino al midollo, resta immobile come la von der Leyen.

Mentre Draghi negli Usa ritira il premio da miglior statista dell’anno (lasciando però a casa l’Italia in ginocchio), le nostre imprese lanciano l’allarme: bisogna agire subito, non si può aspettare il prossimo esecutivo. Gli effetti della guerra sono già evidenti: il caro bollette rischia di bloccare il sistema produttivo. Ecco perché in Europa gli altri Paesi stanno adottando misure di fatto da economia di guerra. Un esempio su tutti, la Svezia (dove sono più ricchi di noi) che chiude le saune per risparmiare sulla bolletta. Cosa altro deve succedere, nel nostro Paese, per far sì che il governo ancora in carica intervenga con misure adeguate e tempestive? Draghi si limita al disbrigo degli affari correnti, lasciando che sia il prossimo esecutivo a dover fare i conti con la crisi. Ma lo fa sulla pelle delle famiglie e delle imprese, che rischiano ormai di non arrivare a fine mese.

I numeri parlano chiaro. Il Centro studi di Confindustria, alla fine della scorsa settimana, ha infatti evidenziato che il persistere degli alti costi energetici può portare a una minor crescita del Pil fino al 3,2% nel biennio 2022-23 e a 582mila occupati in meno. E qui i partiti litigano sullo scostamento di bilancio e sul salario minimo, sul reddito di cittadinanza e sulla flat tax. Servono invece misure da economia di guerra. Anche perché l’inflazione non accenna a scendere. Ciò significa che prima o poi lo scostamento di bilancio (ossia fare debito) sarà inevitabile. Ma il punto è che più tempo passa più il danno sarà grave e maggiore sarà lo scostamento. Nel frattempo ci saremo persi per strada imprese che hanno chiuso i battenti, così come bar e ristoranti, costretti a cessare l’attività a causa di bollette monstre. E ci saremo persi per strada migliaia e migliaia di lavoratori.

A sentire la Cgia di Mestre poi, ammonta ad almeno 35 miliardi di euro l’“eredità” che il nuovo governo si troverà in dote. O meglio, l’importo che dovrebbe farsi carico entro la fine di quest’anno, almeno per dimezzare gli effetti della crisi energetica in corso. Altrimenti, il rischio che moltissime imprese e altrettante famiglie non siano nelle condizioni di pagare le bollette e, conseguentemente, di vedersi chiudere la fornitura, è molto elevato. Il calcolo dell’Ufficio studi della Cgia è chiaro: i rincari energetici del 2022 costano 127,4 miliardi di euro, a questo importo vanno sottratti i 58,8 miliardi di sostegni fin qui erogati dal governo Draghi per contrastare il caro bollette. Importo, quest’ultimo, che include anche i 14 miliardi circa che il governo Draghi ha approvato con il dl Aiuti ter. Rispetto al 2021, quindi, le famiglie e le imprese, al netto degli aiuti stanziati, dovranno farsi carico di un aumento del costo dell’energia elettrica e del gas che sfiora i 70 miliardi di euro.

In tutto questo, la Commissione Ue non fa che rimandare. Quando invece servirebbe un Pnrr Energia. Un piano di fondi Ue proprio per affrontare il caro bollette. Non si va in guerra con le scarpe di cartone. Anche perché l’inverno sarà molto più freddo, con i rubinetti del gas russo chiusi.


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