Cronaca

Il fantasma di Edoardo e il testamento riemerso di Gianni Agnelli

di Ivano Tolettini -


Dieci righe su un foglietto bianco, datato 20 gennaio 1998. Un testamento olografo di Gianni Agnelli che lascia “a mio figlio Edoardo la mia partecipazione nella società semplice Dicembre, pari all’incirca al 25%”. Un passaggio che, tradotto in valori attuali, significherebbe il cuore del potere dinastico: la cassaforte che controlla Exor, Stellantis, Ferrari, Juventus. Un valore che si aggira sui 50 miliardi di euro.
Quel foglietto, mai visto finora, è stato depositato dai legali di Margherita Agnelli, la figlia dell’Avvocato, nell’ultima udienza (lunedì) della causa civile che la oppone ai tre figli nati dal matrimonio con Alain Elkann: John, Lapo e Ginevra.
A scoprirlo non è stata una ricerca privata, ma una perquisizione della Guardia di Finanza nell’ambito dell’inchiesta penale sull’eredità, chiusa poche settimane fa con richieste di archiviazione per Lapo e Ginevra e di messa alla prova per John.
Il punto cruciale è capire se quel documento abbia oggi qualche valore giuridico. L’Avvocato morì nel gennaio 2003; Edoardo, destinatario di quella quota, due anni prima, suicida a 46 anni. In diritto, Edoardo era “premorto” al padre: non avendo figli, nessuno poteva subentrare in sua rappresentanza. Alla morte dell’Avvocato, la quota passò quindi alla moglie Marella e alla figlia Margherita, secondo le disposizioni allora vigenti. Nel 2004, con l’accordo transattivo firmato da Margherita, uscita dalla Dicembre convinta che la Fiat fosse destinata al fallimento, l’assetto si consolidò intorno a John Elkann.
Per i legali di Margherita, però, il testamento del ’98 dimostra che “le ultime volontà dell’Avvocato sono state tradite” e che un documento mai revocato né modificato è stato nascosto per decenni. Per la difesa degli Elkann, invece, “non incide in alcun modo né sulla successione Agnelli né su quella Caracciolo” e “qualsiasi pretesa sarebbe ormai estinta, essendo trascorsi oltre vent’anni dalla morte”.
Al di là della tecnica giuridica, l’irruzione del testamento riporta al centro la figura tragica di Edoardo. Escluso in vita dalle stanze operative della Fiat, dilaniato da conflitti religiosi e personali, morto in solitudine su un viadotto della Torino-Savona, il figlio dell’Avvocato riaffiora oggi come fantasma irrisolto, simbolo di una successione mancata.
La vicenda, già segnata da anni di cause in Italia e Svizzera, da indagini penali e da rancori familiari mai sopiti, si arricchisce così di un nuovo elemento: dieci righe che non cambiano l’assetto della galassia Elkann, ma che alimentano il racconto di una faida senza fine. I giudici del tribunale civile di Torino dovranno valutare se quel foglietto abbia un valore, anche solo simbolico, o se sia soltanto un colpo di scena mediatico, l’ennesimo nella storia della famiglia più potente e più osservata d’Italia.
Per ora, la difesa degli Elkann liquida la mossa come “un’iniziativa volta a generare confusione più che a chiarire”. Margherita insiste. La saga degli Agnelli, intanto, continua. In attesa dell’ennesimo colpo di scena.


Torna alle notizie in home