Il Generale Francesco Ippoliti: “Da vent’anni si dice che Teheran ha l’atomica, senza prove”
Francesco Ippoliti è Generale di Brigata (ris) in riserva dell’Esercito Italiano. Nel corso della carriera ha prestato servizio presso lo Stato Maggiore Difesa, Stato Maggiore Esercito, Comando Forze Operative Terrestri e ha partecipato a missioni internazionali nei Balcani ed in Medio Oriente. Nel settore internazionale ha svolto attività di pianificazione intelligence per numerose missioni, prestando servizio quale Addetto per la Difesa presso l’Ambasciata Italiana in Teheran, Iran. Proprio quell’Iran oggi scenario di guerra contro Israele: un conflitto che potrebbe avere conseguenze militari, economiche, sociali e geopolitiche non indifferenti.
Generale, quello che non sarebbe dovuto accadere è accaduto: raid Israele su Iran, che ha risposto. E guerra fu.
Ora si aprono scenari incontrollati. Le motivazioni addotte per giustificare l’attacco israeliano all’Iran lasciano dubbi e perplessità. La frase che l’Iran in sei mesi si sarebbe dotata di un ordigno nucleare è molto retorica. Questa frase è stata ripetuta da almeno 20 anni. Senza mai alcuna prova o certezza dell’asserto. Le capacità missilistiche iraniane erano certe e sono state testate in varie prove ed anche sugli attacchi sul suolo israeliano, ma la costruzione di ordigni nucleari significa disporre di una tecnologia sofisticata. L’arricchimento del 60% dell’Uranio, raggiunto e dimostrato anche dalla IAEA e dagli accordi JCPOA, non significa la capacità delle centrifughe IR6 di raggiungere il 90% di arricchimento, mai accertato. L’attacco alle strutture nucleari e alle fonti di energia cambierà i rapporti geopolitici dell’Iran verso moltissime nazioni. Finora la ferma condanna all’attacco è stata espressa, tra l’altro, dal Pakistan, dal Nord Corea e dalla Cina, tutte potenze nucleari. Quest’ultima aveva firmato un accordo economico e di sicurezza per 25 anni ed ora sarà interessante capire quali azioni intenderà adottare. Non certo militari ma di supporto militare di sicuro. Il timore è l’eventuale scambio di tecnologia cinese verso Teheran che potrebbe dotarsi di armamenti maggiormente sofisticati. E la tecnologia cinese si è palesata nella recente scaramuccia tra India e Pakistan. Inoltre, l’Iran potrebbe uscire dall’accordi non proliferazione nucleare e dall’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica non volendo più i loro ispettori e chiudendo sempre di più le porte verso il mondo occidentale.
Israele ha colpito siti nucleari e decapitato vertici militari iraniani. Perché questa strategia?
La strategia è corretta, si elimina il sistema di comando e controllo per rendere in parte inefficace la risposta, si elimina successivamente la capacità di controllo del cielo da parte dell’Iran e si colpiscono gli obiettivi. L’intelligence israeliana ha funzionato benissimo. Meno quella iraniana. Dopo aver colpito gli obiettivi militari si è passato a quelli energetici, pianificazione già vista nel conflitto Russia-Ucraina. Ora le operazioni israeliane dureranno il tempo necessario per neutralizzare ogni forma di minaccia verso Israele. Il tempo potrebbe variare in base alla frequenza degli attacchi israeliani, da una a due settimane. Poi si vedranno gli sviluppi.
Quanto è ipotizzabile un intervento Usa?
L’intervento Usa è al vaglio del Pentagono. Trump potrebbe decidere di scendere in campo se si attuassero alcune ipotesi tra cui il colpo finale all’apparato nucleare iraniano oppure in caso di rivolta della popolazione contro il regime teocratico. In entrambi i casi è difficile prevedere la reazione iraniana, se avviare azioni atte e rovesciare il regime teocratico oppure ricompattare maggiormente il popolo iraniano verso Khamenei.
Passando alla Striscia di Gaza, che idea si è fatto?
Il popolo palestinese credo che non meriti questa grave punizione. Hamas è considerata una organizzazione terroristica ed è l’unica che avrebbe dovuto assumersi la responsabilità del massacro del 7 ottobre. E pagare per questo. Ma gli animi tra Israele ed i palestinesi sono talmente esacerbati che ormai nuotano nei crimini e non hanno più giustificazioni: ormai è la legge del più forte. Credendo fermamente nelle istituzioni, rimango dell’idea che tali crimini devono essere portati all’attenzione solo di adeguate strutture giudiziarie per avere la giusta sentenza. In particolare la Corte Internazionale per i Crimini, che si è già in parte espressa su azioni efferate come sterminio.
Uno sguardo alle porte dell’Europa: guerra Russia-Ucraina.
È una guerra che non avrebbe dovuto mai nascere. Le molteplici motivazioni finora espresse sono sempre più lontane dalle vere cause. Emblematica la frase di Trump “solo loro (Zelensky e Putin, ndr) sanno perché è scoppiata la guerra” e quindi solo loro possono fermarla. Questa guerra ha stravolto i campi di battaglia sia dal punto di vista tattico/strategico che di intelligence. In quest’ultimo campo una delle branche maggiormente impegnata è la TECHINT, per lo sviluppo della tecnologia droni sia offensiva che difensiva. Tale tecnologia ha neutralizzato carri armati costosissimi, ma ha anche avviato la produzione di sistemi semplici ma letali. Grosse ripercussioni sul mercato mondiale degli armamenti. Ora anche i costosissimi sistemi occidentali vengono fermati da semplici droni e vengono messi in discussione per la loro capacità difensiva. Infatti in Burkina Faso e Mali i sistemi russi, molto più economici di quelli occidentali, hanno avuto un ottimo mercato con significativi successi sul terreno.
In questo contesto globale, come valuta il ruolo della Ue e del governo italiano?
La UE è una realtà forte e importante. Avrebbe dovuto avere il compito di aggregare nazioni dei vari continenti, aprire mercati ed incrementare le relazioni internazionali per essere un punto di riferimento mondiale. Non ha il compito di parlare di difesa. Con la lettera del progetto denominato ReArm e successivamente Readiness 2030 si è voluto sottolineare la necessità di ammodernare gli strumenti militari delle nazioni dell’UE ma, insieme al libro bianco, si è dimostrata superficiale. In questi due documenti si è parlato di difesa e deterrenza. In entrambe i casi per costruire uno strumento adeguato alla deterrenza serve conoscere le tipologie di minacce che incidono sull’Unione Europea e per la difesa serve conoscere ed analizzare il “nemico” per poter sviluppare le forze di difesa contro le sue potenzialità e le forze di attacco per penetrare nelle sue criticità. In entrambe i due documenti non è sottolineato chi è il nemico dell’Europa, quindi i programmi da avviare potrebbero essere lacunosi.
Lei è (stato) un militare e ha sempre creduto nella pace: la diplomazia è davvero l’unica strada?
Assolutamente sì. L’arte delle diplomazia è fondamentale per la prevenzione e risoluzione dei conflitti. In ogni crisi si deve trovare sempre un compromesso tra le parti e giungere ad una soluzione con un accordo pacifico. La guerra non è la strada per la risoluzione dei problemi ma la causa di una lunga serie di dolore sofferenze. La diplomazia deve essere sempre avviata con fermezza e preparazione, senza mai interrompere le relazioni. Ma per giungere ad obiettivi concreti servono governi e ministri culturalmente preparati, fuori da schemi di partito, con una visione e saggia lungimiranza. L’intelligence aiuta al raggiungimento di questi risultati.
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