Il giallo del testamento trovato da Grande Stevens riaccende la saga Agnelli
Non è un colpo di scena, ma un’ombra che si allunga ancora una volta sulla dinastia Agnelli. Un testamento olografo datato 20 gennaio 1998, dieci righe su un foglietto bianco, riemerge dopo quasi trent’anni dagli archivi dello studio torinese di Franzo Grande Stevens, storico legale e consigliere di Gianni Agnelli morto quattro mesi fa, e torna a scuotere la vicenda dell’eredità più discussa e longeva d’Italia.
Il ritrovamento
Lo ha trovato la Guardia di Finanza durante una perquisizione nell’ambito dell’inchiesta sull’eredità dell’Avvocato e della moglie Marella Caracciolo. Sul foglio, Agnelli scriveva: “A mio figlio Edoardo Agnelli lascio la mia partecipazione nella società semplice Dicembre, pari all’incirca al 25%, a modifica di altre disposizioni precedenti”. È il cuore della vicenda. La Dicembre è la cassaforte della dinastia, la società semplice che detiene il controllo di Exor, e da lì discendono Stellantis, Ferrari, Juventus, PartnerRe: l’intera architettura del potere economico valutato decine e decine di miliardi di euro e simbolico costruito dall’Avvocato. Il documento, però, non è stato trovato in originale, ma in copia fotostatica. Per la difesa dei tre fratelli Elkann “non ha alcun valore giuridico”.
La parola agli avvocati
Secondo i legali di Margherita Agnelli, invece, dimostrerebbe “la reale volontà del padre di destinare la sua quota della Dicembre al figlio Edoardo, volontà poi disattesa e occultata”. Il giallo si complica con altri ritrovamenti. Negli stessi archivi dello studio Grande Stevens la Finanza ha trovato quattro ulteriori documenti, tra cui una bozza datata 14 novembre 2000, il giorno prima della morte di Edoardo, che prevedeva il suo ingresso nella Dicembre come socio con la nuda proprietà del 25% e usufrutto riservato al padre. Il giorno dopo Edoardo si tolse la vita gettandosi dal viadotto di Fossano, lungo l’autostrada Torino-Savona.
Nessun valore legale
Quelle carte, mai firmate e mai formalizzate, non hanno valore legale, ma secondo la tesi dei legali di Margherita “delineano in modo chiaro l’intenzione dell’Avvocato di includere Edoardo nella gestione del patrimonio”. Una convinzione, dicono, confermata anche dal testamento olografo del 1998, “ritrovato” durante le indagini e ora depositato nella causa civile in corso a Torino. I legali dei fratelli Elkann replicano con fermezza: “Siamo sconcertati dall’uso mediatico di documenti privi di valore giuridico e considerati irrilevanti anche dalla stessa Procura. Non cambiano nulla nella successione Agnelli né in quella Caracciolo”. Ma è proprio così? In diritto Edoardo è considerato “premorto” rispetto al padre, e non avendo figli non esistono eredi per la rappresentazione. Alla morte dell’Avvocato, nel 2003, la quota passò alla moglie Marella e alla figlia Margherita, secondo le norme allora vigenti. L’accordo transattivo del febbraio 2004, firmato dalla stessa Margherita, sancì la sua uscita dalla Dicembre, convinta allora che la Fiat fosse destinata al fallimento. Da lì si consolidò la linea di comando di John Elkann. L’ingresso pochi mesi dopo in Fiat di Sergio Marchionne cambiò il destino finanziario della conglomerata Exor. Ma la partita, vent’anni dopo, è ancora aperta.
L’archiviazione dell’inchiesta
L’inchiesta della Procura di Torino si è chiusa nelle scorse settimane. Per John Elkann è stata richiesta la messa alla prova, per i fratelli Ginevra e Lapo l’archiviazione, mentre il commercialista Gianluca Ferrero, oggi presidente della Juventus, patteggerà la pena. L’indagine, partita dalle verifiche sulla residenza fiscale di Marella Caracciolo, ha portato al sequestro di archivi, note riservate e bozze di patti societari, tra cui proprio il testamento del 1998 e i verbali del novembre 2000. Gli atti penali, chiusi senza alcuna condanna, sono ora confluiti nel procedimento civile, dove la battaglia prosegue tra verità contrapposte. Margherita sostiene che “le ultime volontà dell’Avvocato siano state tradite” e che le carte sequestrate dimostrino come Gianni Agnelli non abbia mai revocato le disposizioni a favore di Edoardo. I tre figli, al contrario, ribadiscono che “dopo oltre vent’anni, qualsiasi pretesa è prescritta e ogni successione definita”.
Le figure chiave
A leggere quelle dieci righe, il nodo non è soltanto giuridico. È simbolico. Riporta al centro Edoardo, il figlio fragile e visionario, escluso in vita dai poteri della Fiat, tormentato da conflitti spirituali e dalla distanza dal padre. Un erede mancato, evocato oggi come spettro di una volontà irrealizzata. Nella bozza dei “patti sociali” ritrovata dalla Finanza, insieme agli Agnelli compaiono Gianluigi Gabetti, Franzo e Cristina Grande Stevens, il commercialista Cesare Ferrero: figure chiave della vecchia guardia torinese, ciascuno con una quota simbolica di mille lire. In calce, una formula rimasta sospesa: “Impegno dei firmatari ad approvare il testo aggiornato dei patti sociali”. Il decesso di Edoardo rese tutto inutile. Adesso i giudici del Tribunale civile di Torino dovranno decidere se quel foglietto e le bozze sequestrate abbiano un peso, anche solo simbolico, o se restino frammenti di un passato che non cambia l’assetto di potere della più potente famiglia industriale italiana. Per ora, resta un giallo nella saga. Una storia familiare e giudiziaria che, come l’eredità stessa dell’Avvocato, sembra destinata a non chiudersi mai.
Torna alle notizie in home