Cronaca

Il giallo della porcilaia e quel marito padrone 

di Ivano Tolettini -


Vent’anni dopo, come in un romanzo di Dumas padre, l’amante della vittima aiuta la Procura della Repubblica di Vicenza a scrivere l’ultimo capitolo del giallo sulla scomparsa di Virginia Mihai il 22 aprile 1999. Secondo gli inquirenti fu data in pasto ai maiali e ad ucciderla sarebbe stato il marito padrone, l’allevatore Valerio Sperotto di Velo d’Astico, spirato nel 2011, e pertanto non può essere perseguito dalla giustizia per il presunto omicidio volontario della compagna da cui si era appena separato e con la quale aveva raggiunto un primo accordo economico in base al quale le aveva consegnato un assegno di 45 milioni di euro.
Che non è mai stato incassato da alcuno. La testimonianza che sgretola il castello di bugie è quella di un ufficiale che all’epoca era in servizio alla base dell’aeronautica di Tonezza, e che oggi è in pensione, che smentisce la versione fornita ai carabinieri da padre e figlia.
È una ricostruzione diversa della serata del 21 aprile che consente al sostituto procuratore Hans Roderich Blattner di scrivere: “Quanto al potenziale movente dell’omicidio è da ritenere che nel caso di specie ne coesistano uno passionale (in capo al coniuge) e uno economico (in capo sia a Sperotto sia alla figlia protagonista pochi mesi prima della sparizione della Mihai di un violento alterco sfociato in uno scontro fisico con la stessa)”. La posizione della figlia, però, è stata archiviata. Riavvolgiamo il nastro del mistero.
La romena Virginia Mihai, una laurea in tasca ed ex direttrice di Posta al suo Paese, dopo avere sposato il vedovo Sperotto, reduce dal matrimonio con Elena Ivette Zecchinato, anche lei misteriosamente scomparsa nel gennaio 1988, trova lavoro come addetta alle pulizie alla base di Tonezza.
Qui conosce l’ufficiale col quale allaccia una love story. Quindi trova occupazione in cucina all’ospedale Boldrini di Thiene, nell’Alto Vicentino, e a fine 1998 decide di separarsi dal benestante, ma aggressivo, Sperotto. Quest’ultimo dopo la sparizione della moglie denuncia una scomparsa che sarà smentita solo vent’anni dopo dall’ufficiale. L’allevatore di maiali racconta a verbale nella primavera 1999 che la mattina del 22 aprile stava accompagnando a Piovene Rocchette, dove Mihai aveva preso in affitto un appartamento nel quale voleva di lì a poco trasferirsi, quando ebbe un litigio e scese dalla macchina. “Da quel momento non ho saputo più nulla di lei”, riferisce ai militari, all’epoca coordinati dal pm Tonino De Silvestri.
L’auto è ritrovata qualche giorno dopo alla stazione delle corriere di Vicenza. Il marito è indagato a piede libero per omicidio volontario. Anni dopo il fascicolo è archiviato. A far decollare di nuovo l’agghiacciante vicenda nell’autunno 2019 è l’impresario Bortolo Miotti di Lugo di Vicenza, che denuncia ai carabinieri di avere trovato un sacco nero contenente ossa umane nella porcilaia per la quale aveva firmato il preliminare di acquisto. Il rinvenimento, però, era di mesi prima.
Lo denuncia ai carabinieri di Piovene Rocchette ricordando l’orrore delle mogli scomparse. Il pm Blattner dopo avere fatto mettere sotto sopra l’area di Velo d’Astico dai carabinieri del capitano Marco Ferrante, inquisisce Miotti per simulazione di reato, per cui patteggia 2 anni. “Ma non perché fosse colpevole – chiosa il suo avvocato Silvia De Biasi – bensì per evitare di pagare le ingentissime spese legali in caso di condanna”.
E grazie alla denuncia di Miotti i carabinieri e gli specialisti del Labanof di Milano rinvengono l’alluce che il Dna attribuisce a Virginia. La chiusura del cerchio. Intanto, Sperotto muore da uomo libero nel 2011. È lui, l’orco, per il pm, perché la notte tra il 21 e 22 aprile la uccide e la trasporta nella porcilaia dove la smembra con una motosega e la dà da mangiare ai maiali. Si salva un alluce.


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