L'identità: Storie, volti e voci al femminile Poltrone Rosse



Esteri

Il giorno dopo la grande festa, a Gaza si torna a morire e temere per il futuro

Oltre 15.600 pazienti, tra cui 3.800 bambini, necessitano di urgente evacuazione medica per ricevere cure al di fuori della Striscia

di Ernesto Ferrante -


Sette persone sono state uccise ieri a Gaza dalle forze israeliane in due diversi episodi, uno a est di Khan Yunis e un altro nella zona orientale di Gaza City, mentre è in vigore il cessate il fuoco concordato nell’ambito dell’accordo sul rilascio degli ostaggi da parte di Hamas. Israele ha deciso di mantenere chiuso il valico di Rafah e di limitare il quantitativo di aiuti umanitari per la Striscia fino a quando non gli saranno stati riconsegnati i corpi dei 24 ostaggi deceduti che ancora si trovano nell’enclave palestinese. Stando ad al-Araby, canale del Qatar, squadre egiziane sono al lavoro per contribuire a individuare dove si trovino le salme e recuperarle.

Le difficoltà tecniche nella restituzione delle salme

Il Comitato internazionale della Croce Rossa (Cicr) ritiene che serviranno dei giorni prima che il movimento islamico di resistenza possa completare l’operazione, come stabilito nei 20 punti del piano di Trump per “la fine del conflitto a Gaza”. La ragione sta nella difficoltà di trovare i resti tra le macerie, dopo due anni di bombardamenti israeliani. Il termine perentorio di “72 ore da quando Israele avrà pubblicamente accettato questo accordo”, impone una corsa contro il tempo dagli esiti molto incerti.

Le salme di 45 palestinesi deceduti sono arrivate al Nasser Medical Complex, dopo essere state trasferite da Israele dal Comitato internazionale della Croce Rossa. Anche in questo caso esiste un problema. A Gaza manca una struttura idonea ad effettuare i necessari test per procedere alle identificazioni.

In Egitto si lavora già alla fase 2

A Sharm el-Sheikh, in Egitto, sono già in corso i negoziati sulle prossime fasi dell’intesa. Lo ha riferito alla Cnn una fonte americana, all’indomani del summit internazionale alla presenza di Donald Trump. Una delegazione, a livello tecnico, è rimasta in zona per proseguire i colloqui.

Una marea di soldi per la ricostruzione di Gaza

Per la ricostruzione di Gaza serviranno oltre 60 miliardi di euro, stando ai calcoli del Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (Undp). In una nota, il rappresentante speciale dell’Undp, Jaco Cilliers, ha dichiarato: “Secondo le stime dei costi di ricostruzione effettuate dalle Nazioni Unite, dall’Unione Europea e dalla Banca Mondiale, saranno necessari almeno 70 miliardi di dollari (60,4 miliardi di euro) affinché la regione torni ad essere vivibile”. La Striscia è distrutta per l’84%, percentuale che in alcune zone arriva fino al 92%.

“Per la Turchia c’è un ruolo importante da giocare” nella ricostruzione. Lo ha detto il presidente turco Recep Tayyip Erdogan. Da Ankara, Erdogan ha ribadito che per le tappe del mega progetto che riguarda l’area si parlerà e si deciderà con gli Stati Uniti e i Paesi del Golfo.

Gli ostacoli da superare

“Per una pace e una prosperità durature”. Questo il titolo della dichiarazione firmata a Sharm el-Sheikh dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump, dal presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi, dall’emiro del Qatar Tamim bin Hamad Al-Thani e dal presidente turco Recep Tayyip Erdogan. Una lettera di intenti con tanti “nodi” ancora da sciogliere sul piano pratico. A partire dalla gestione di Gaza, dove è in atto una grave crisi umanitaria. L‘Organizzazione Mondiale della Sanità ha lanciato l’allarme sul deterioramento della situazione sanitaria, avvertendo che oltre 15.600 pazienti, tra cui 3.800 bambini, necessitano di urgente evacuazione medica per ricevere cure al di fuori della Striscia.

Non semplice è la scelta del vertice del “Board of Peace”, che dovrebbe supervisionare il lavoro del governo tecnico chiamato a guidare l’enclave durante la fase di transizione. Sul nome dell’ex premier britannico Tony Blair sono aumentate le perplessità, anche tra gli stessi statunitensi. Da qualche ora si è fatta largo l’ipotesi del presidente egiziano al-Sisi, più “digeribile” per le fazioni palestinesi.

Cruciale è infine la questione del disarmo di Hamas, che ha riposto seccamente “no” ad una prospettiva simile. I membri del movimento islamista starebbero giustiziando presunti collaborazionisti di Israele. In alcuni video si vedono uomini inginocchiati a terra con le mani dietro la schiena prima di essere colpiti a morte. Il gruppo avrebbe richiamato circa 7.000 membri delle sue forze di sicurezza per riaffermare il controllo sulle zone abbandonate dalle truppe israeliane.


Torna alle notizie in home