Il Giubileo è alle porte ma a Roma manca l’acqua
A pochi mesi dall’inizio del Giubileo a Roma manca l’acqua. Dopo un’estate decisamente rovente per il Settimo Municipio, in cui ben 91 palazzi si sono ritrovati senza un filo d’acqua negli orari più disparati, dopo che un anziano ha tentato persino il suicidio per la disperazione, dopo una manifestazione di protesta dei cittadini esasperati e una risoluzione in consiglio municipale promossa da Fratelli d’Italia, il presidente Laddaga mette in campo le autobotti. Addirittura il sindaco Gualtieri ammette, in un’intervista a Roma Today, che il problema idrico nasce dalla regolazione della pressione che Acea ha diminuito.
“C’è da aggiungere anche che ci sono persone anziane, bambini e disabili. La gente fa la fila alle fontanelle per riempire le bottiglie o si iscrive in palestra per fare la doccia. Come FdI ci siamo occupati della questione con una interrogazione in cui chiedevamo al Presidente del Municipio chiarimenti in merito e poi con una risoluzione. Inizialmente contrari all’atto poi i consiglieri di maggioranza, davanti alle rimostranze dei cittadini che hanno partecipato al consiglio, si sono resi conto della gravità della situazione e oggi in consiglio abbiamo approvato all’unanimità una risoluzione in cui si impegna Acea ad effettuare un monitoraggio continuo dei livelli di pressione dell’acqua; terminare i sopralluoghi in tutte le utenze che hanno segnalato delle problematiche; provvedere a forniture di acqua con le autobotti; consegnare entro la fine del mese alla cittadinanza colpita dalla problematica i verbali relativi ai sopralluoghi “ dichiara la consigliera Cristina de Simone, contenta “ del risultato raggiunto perché su questi temi ci dovrebbe essere compattezza al di là dei colori politici dei singoli schieramenti”.
Roma, VII Municipio: i residenti senz’acqua in cerca di soluzioni
Meno soddisfatti i residenti colpiti dal disagio: “Innanzitutto va detto chiaramente che fino a due giorni fa ACEA ha sempre dichiarato che il problema non si è creato per causa sua e che la risoluzione andava presa dai cittadini che se ne devono fare carico. Quindi la logica è: io Acea ricevo finanziamenti per risolvere il problema idrico ma visto che non ci riesco (o solo in parte) voi cittadini vi arrangiate spendendo altri soldi per adeguare i vostri impianti”
“Ora il Sindaco di Roma ha detto esplicitamente che questa logica non può essere attuata ed è corretto. Però il Sindaco e Acea dovrebbero: scusarsi con i cittadini che da mesi vivono senza acqua e che nessuno ha mai avvisato delle conseguenze delle operazioni di abbassamento della pressione deciso a tavolino; indicare CHIARAMENTE e SUBITO le tempistiche di risoluzione del problema perché i giorni passano e la situazione è sempre più grave. Senza questo i cittadini devono continuare a PRETENDERE di riavere immediatamente l’acqua a costo di presentare un esposto alla Procura della Repubblica e nelle ulteriori sedi istituzionali. Non c’è più tempo. L’ACQUA VA RIPRISTINATA IMMEDIATAMENTE!!Poi si discuterà dei risarcimenti dei danni materiali e MORALI per quello che stiamo. Hanno confermato l’assenza di anomalie di rete idrica insistente sul territorio in questione”. In sintesi, il problema non dipende da Acea, ma dagli impianti troppo vecchi e, dunque, è compito dei condomini risolverlo. L’azienda in particolare, come spiega il minisindaco “ha suggerito ai privati di dotare i palazzi di pompe di sollevamento” dichiara in un post Facebook Enrico Messina, promotore della manifestazione del 5 settembre in viale Furio Camillo e di una chat di condomini senz’acqua.
“Questo palazzo è del 1939, tanti di questi palazzi qui intorno risalgono a prima della 2° guerra mondiale, quando le famiglie erano MOLTO NUMEROSE, non come oggi che ci sono 2/3 massimo 4 membri a famiglia.. il quartiere è sempre stato ad alta densità di popolazione ma l’acqua arrivava, adesso non arriva, la sera si vede proprio come cala il flusso perché c’è qualcuno che ad orario ci chiude i rubinetti altrimenti non si spiega!!! Il problema non è delle tubature che sono vecchie, ne dei B&B perchè una volta le famiglie che vivevano in queste case erano molto più numerose.. il flusso in questo palazzo è cambiato ed è andato sempre peggiorando dall’anno in cui la Raggi bloccò i prelievi dell’acqua dal Lago di Bracciano per via della siccità! Da allora io non mi posso più fare una doccia la sera tardi, altrimenti non mi arriva a sufficienza acqua calda.. ho dovuto pure cambiare la caldaia per questo motivo, si era usurata perché a detta dei professionisti del settore non ci arriva acqua con una pressione adeguata.. e poi da inizio giugno di quest’anno è tutto degenerato, fino a toccare il fondo..” tuona un’altra voce della chat dedicata.
Che l’acqua manchi a Roma non è una novità, in ogni caso
Abbiamo raccolto la testimonianza di Eleonora Tilliacos, del Comitato Esquilino per l’acqua (che mancò da luglio-agosto 2021 a marzo 2022).
“Non avrei mai creduto che a Roma, anzi nel pieno centro di Roma, si potesse restare senza acqua tutti i giorni per mesi. Senza acqua non si vive: è stata un’esperienza di enorme disagio e di umiliazione assoluta. Per quasi nove mesi siamo stati tartassati ogni singolo giorno, nelle ore sia diurne che notturne, Natale e Capodanno compresi. Lasciati senz’acqua senza mai un preavviso, un’autobotte d’emergenza, nulla. All’epoca io ebbi la sensazione che l’Esquilino fosse un banco di prova, il teatro di un esperimento mirato a risparmiare – a spese dell’utente – su opere indispensabili di manutenzione reti attese da decenni in tutta Roma. Ora, vedendo che il problema si sta estendendo e che l’atteggiamento di Acea è più o meno lo stesso, devo purtroppo constatare di non essermi sbagliata.
Le interruzioni dell’erogazione idrica, a singhiozzo e più volte nell’arco delle 24 ore, duravano da 3 ore alle 8-10 ore e oltre, senza alcun rapporto apparente con l’orario o con la fascia di consumo. Alle nostre telefonate al numero verde ACEA ricevevamo ogni volta una risposta differente sulle cause, qualche volta anche infastidita e sarcastica; spesso un disco automatico avvisava di un ‘intervento in zona’, del quale però non c’era traccia. Inutili anche le Pec quotidiane spedite ad Acea dall’amministratore”.
Come si è capito che era un problema esteso all’intero rione – “Decisi di pubblicare un post sul gruppo Facebook “Sei dell’Esquilino”, chiedendo se altri nel rione avevano lo stesso problema. Si capì così che una quarantina di palazzi erano a secco, con differenti livelli di criticità, e la situazione si stava aggravando di giorno in giorni. Decisi di unire i punti sulla mappa del rione e quei punti formavano linee rette e perpendicolari, come le condutture centrali: non a caso c’erano palazzi distanti fra loro anche 300-400 metri in cui l’acqua smetteva di uscire dai rubinetti in contemporanea. Ad esempio, se mancava nel mio palazzo, mancava anche pochi secondi dopo a via Carlo Alberto 13 e a via Gioberti 10 (ci avvisavamo via Whatsapp in tempo reale, monitorando la situazione). In mezzo alle linee tracciate sulla mappa c’era piazza Vittorio, e non a caso i tunnel della metro avevano (e forse sotto i rattoppi hanno ancora) i soffitti completamente fradiciati da perdite, anche a ridosso di luci e cavi elettrici”.
La reazione di Acea
“A inizio novembre 2021 mandai quella mappa via Pec ad ACEA Ato2, all’allora amministratore delegato Giuseppe Gola e ai responsabili della distribuzione idrica su Roma e nel Lazio, Giuseppe Arcudi e Marco Salis, elencando i palazzi vessati dalle interruzioni idriche. Per tutta risposta ricevetti una Pec dalla Direzione Commerciale-Customer Experience, nella quale si invitava il palazzo a munirsi di “un impianto di sollevamento/accumulo con adozione di disconnessione idraulica, così come contemplato in questi casi dal Regolamento di Utenza con specifico riferimento all’art. B.1.1.”.
“Un articolo che in pratica assolve a monte ACEA da questo genere di disservizi, dandole la possibilità di non erogare pressione sufficiente in determinate condizioni, senza specificare quali queste condizioni siano. Mi chiedo come sia possibile che esista un regolamento di utenza del genere in una società a partecipazione pubblica (il Comune di Roma possiede il 51% di ACEA). E anche come sia possibile che ACEA possa autocertificare, senza controllo o contradditorio, tutto ciò che riguarda la qualità del suo operato, dalla misurazione della pressione di un contatore condominiali ai dati sulla riduzione delle dispersioni di rete a livello cittadino.
Ricapitolando, ACEA dava per scontato che la colpa fosse dei nostri impianti condominiali inadeguati, invitandoci in pratica a installare un serbatoio da migliaia di litri a nostre spese. Una proposta irricevibile, discriminante, ingiusta. Così dopo una prima riunione nei giardini di piazza Vittorio, a novembre 2021, formammo il “Comitato Acqua Esquilino”.
Perché il “bacino di discontinuità” era una proposta irricevibile e discriminante?
I cassoni a Roma sono stati tolti nei primi anni Settanta, mezzo secolo fa, per motivi igienico-sanitari (microalghe, legionella ecc.). Un serbatoio di accumulo da migliaia di litri (perché tanti ne servono per condomini composti anche da 3 o 4 scale) rende di fatto l’acqua non più diretta e in pratica non più bevibile, anche perché necessariamente addizionata con cloro. Comporta inoltre notevoli aggravi di spesa (installazione, oneri di manutenzione, analisi periodiche soprattutto per il rischio legionella, consumo di corrente) a carico degli utenti, di fatto discriminati in tal modo da chi usufruisce del servizio a normali condizioni. Inoltre, cosa si deve fare per piazzare un’enorme cisterna alla base di un palazzo? Si deve scavare a ridosso delle fondamenta, o caricare tonnellate e tonnellate di peso sui terrazzi condominiali? Nella città che ha inventato gli acquedotti, in pieno Terzo millennio, le persone devono scegliere tra sicurezza statica degli edifici e la possibilità di bere e lavarsi?
In base a quale criterio o parametro ACEA definiva inadeguati gli impianti?
Non lo so. O meglio, nessuno lo sa. Non credo sia una colpa abitare a un piano alto o in un condominio con più scale. Le misurazioni della pressione al contatore condominiale venivano immancabilmente effettuate dagli addetti ACEA quando l’acqua c’era; se poi cinque minuti dopo se ne andava, anche la beffa era un problema nostro. Intanto, viste le continue interruzioni idriche seguite da ritorni a intermittenza dell’acqua con violenza inusitata, si rompevano tubazioni ed elettrodomestici. Le caldaie non partivano o andavano in tilt: per molti era impossibile anche scaldarsi oltre che accudire bambini e anziani, lavarsi dignitosamente, pulire casa, consumare alimenti che necessitano di risciacquo. C’è chi si è ammalato fisicamente e psicologicamente, in quei mesi, a causa della mancanza d’acqua. Tutti ne siamo stati segnati, perché davvero ci si sente dei paria, dei rifiuti sociali.
Com’è andata a finire?
La causa intentata dal mio condominio e da un altro è stata, per restare in tema, un buco nell’acqua; così sempre sarà, finché non si cambierà quell’assurdo, offensivo regolamento d’utenza, che inspiegabilmente il Comune di Roma avalla e tollera da 7 anni, proprio cioè da quando la pressione fu abbassata senza alcuno studio preliminare o principio di cautela in diverse zone della capitale.
Però alla fine in quei 41 palazzi, abitati da centinaia di famiglie, l’acqua è tornata: dopo nove mesi circa di articoli su quotidiani e testate web, tre commissioni municipali (cui è seguita una mozione votata all’unanimità proposta dal consigliere Stefano Tozzi, che insieme al consigliere Stefano Marin è quello che maggiore attenzione ha prestato al nostro spaventoso problema), un esposto al Dipartimento di Epidemiologia del Lazio che ammonì ACEA per grave rischio igienico-sanitario, due audizioni presso la Commissione Lavori Pubblici del Comune di Roma. Infine, pochi giorni dopo una diretta televisiva a Pomeriggio 5 (che fu seguita da circa due milioni e mezzo di persone e dunque abbastanza letale per la reputazione aziendale di ACEA), a metà marzo 2022 sono state installate pompe di sollevamento a Colle Oppio e nei mesi successivi sono stati rifatti 400 metri di condotte da piazza Dante a Largo Leopardi.
Ma, intendiamoci, si tratta solo di un inizio: servono altri lavori, come dimostra il fatto che quest’estate sempre all’Esquilino alcuni palazzi hanno subito interruzioni idriche frequenti e prolungate. Le condotte generali a Roma sono quelle del 1965 (anno in cui la rete idrica romana passò da Acqua Marcia ad Acea), di diametro ormai insufficiente e ridotte a colabrodo. Quando ci si metterà mano? Se non si fa manutenzione il problema si allargherà, anche questa sequenza Esquilino-Appio-Cinecittà lo dimostra. Intanto resta il fatto che dover chiedere, pregare, lottare per un diritto fondamentale e per il più vitale dei beni comuni è incredibile. Quello che sta accadendo nel VII Municipio, dove circa sessanta palazzi sono assediati dalla sete e un anziano arriva quasi al punto di suicidarsi perché non ha acqua in casa, è indegno di un paese civile.
Cosa consigliare a chi si trova ad affrontare questo incubo?
Non bisogna cedere alla tentazione di soluzioni borderline o illegali, come gli allacci abusivi alle condotte generali, né accettare gli ormai tristemente prevedibili “consigli” di ACEA. Meglio sollevare il problema in tutte le sedi competenti, facendo fronte comune. I disagi cominciano a manifestarsi anche in altri quartieri e, se la ricetta dell’“arrangiatevi coi serbatoi” viene passivamente accettata, prima o poi a giro toccherà a tutti. Spesso ACEA nei suoi convegni parla di “resilienza” delle reti, ma dopo sessant’anni di gestione delle medesime dovrebbe offrirci qualcosa di più dell’acqua a livello strada”
Pagare per non ottenere il servizio pagato è grave, non avere acqua nella città che già nel III secolo d.C. la città aveva undici acquedotti, è davvero paradossale.
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