Politica

Il M5S spaccato, ma il Pd non molla. Notte di trattative

di Adolfo Spezzaferro -

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Tutto dipende da quanti 5 Stelle non vorranno seguire Conte

Dopo una giornata di incontri, vertici, abboccamenti e trattative, oggi è il giorno del giudizio: il premier dimissionario Mario Draghi parla al Senato e seguire ci sarà il voto di fiducia. Dopo la crisi di governo aperta la scorsa settimana e la parlamentarizzazione voluta dal capo dello Stato, che ha respinto le dimissioni del premier, l’ex numero uno della Bce prenderà la parola alle 9.30 davanti all’Aula del Senato poi – come da calendario approvato dalla capigruppo di Palazzo Madama – ci saranno cinque ore per la discussione, a partire dalle 11, e il voto, previsto in serata.

Domani si replicherà alla Camera, ma è ovvio che sarà l’esito del voto di oggi a dettare la linea a Montecitorio. Nel corso della giornata di domani, il discorso di Draghi verrebbe comunque consegnato a Montecitorio, alle 10.30. Alla Camera i tempi per la discussione saranno dalle 9 alle 11.30, poi le repliche di Draghi e quindi la nuova votazione.

Dopo giorni di riunioni, i 5 Stelle più critici con la linea scelta dal capo politico Giuseppe Conte avrebbero per ora deciso di non contarsi né schierarsi preventivamente, almeno in modo pubblico ma di aspettare fino all’ultimo. Quindi valuteranno la situazione, e “il contesto” come dice qualcuno tra i più contrariati dalle scelte contiane. Cosa dirà Draghi, gli accenni alla lista di nove punti, i segnali dal resto della maggioranza, tutto contribuirà a prendere la decisione da parte dei cosiddetti governisti 5S, che spaccherebbero ulteriormente il Movimento. Visto il quadro così incerto, in effetti, quelli disposti a uscire preventivamente dal Movimento ancora non sono moltissimi, mentre c’è una fetta abbastanza consistente di critici che però non vogliono presentarsi come “i nuovi Di Maio” e che, pur ribadendo il proprio dissenso, sarebbero comunque intenzionati a seguire la linea della maggioranza.

Intanto ieri si è consumato il muro contro muro del M5s tra il capogruppo alla Camera Davide Crippa e l’ex premier Conte, scontro che rischia di andare avanti fino a domani, quando si voterà a Montecitori. Fiducia che Crippa ha ribadito di voler votare e con lui un nutrito gruppo di deputati grillini (ma il nodo, lo ripetiamo, è al Senato). A condizione però che il premier Draghi apra chiaramente al documento che lo stesso Conte gli aveva consegnato: “L’ho scritto in una chat – ha detto ieri Crippa alla fine della riunione dei capigruppo alla Camera – ascolteremo il discorso di Draghi in aula domani. Trovo chiaro che se aprirà ai principali temi posti all’interno dei nove punti da parte del Movimento 5 Stelle, diventa ingiustificabile non confermare la fiducia”.

Anche in questi giorni il capogruppo Cinque stelle aveva ribadito che “non si capisce perché il M5s non dovrebbe votare” la fiducia, visto che il Movimento ha sempre sostenuto che il mancato voto sul Dl Aiuti non voleva essere una sfiducia al governo. La decisione finale però non sarebbe del tutto scontata da parte del gruppo grillino, ha spiegato Crippa, il quale si aspetta un segnale da parte del premier: “C’è una variabile, Draghi deve dire qualcosa”. Dal canto suo. Alessandro Di Battista, grillino della prima ora, gira il coltello nella piaga: “Entrare nel governo Draghi è stato un suicidio. Lo dissi subito a tutti!”, così l’ex M5S su Twitter per poi rincarare la dose in un video su Youtube. “Ma vi rendete conto che le due persone che hanno fatto cadere gli ultimi due governi, Renzi e Salvini, saranno ancora vostri alleati di governo? Io non ho parole. Questi dirigenti dovrebbero chiedere scusa”.

Sul fronte dem, Enrico Letta ha auspicato che Draghi vada avanti: “Per noi i temi di cui abbiamo parlato e impegni che abbiamo preso, hanno a che fare anche e soprattutto con la prossima campagna elettorale e prossima legislatura. Campagna elettorale che noi auspichiamo sia nella primavera del 2023 e vorremmo che si confrontassero idee diverse su come l’Italia dovrà essere nel 2028”. Ma il segretario del Pd non ha fatto mistero che c’è grande apprensione per il voto di oggi.

Forte irritazione invece si registra nel centrodestra di governo, che ieri ha duramente criticato la scelta del premier di incontrare solo Letta (oltre che Mattarella al Colle). Alla fine anche Lega, FI e centristi in serata hanno ottenuto di incontrare Draghi. “Incredulità del centrodestra di governo per le provocazioni del Pd: il premier non può gestire una crisi così complessa confrontandosi solo con il campo largo di Pd e 5 Stelle, a maggior ragione dopo una crisi causata dallo strappo di Giuseppe Conte e dalle provocazioni del Partito democratico”, hanno fatto sapere dal vertice a Villa Grande, la residenza romana di Berlusconi. “Il centrodestra di governo sta valutando l’attuale momento politico, davvero preoccupante, dovuto agli inspiegabili comportamenti anche delle ultime ore di Giuseppe Conte, del Movimento 5 Stelle e del Partito democratico”, è l’irritazione della nota firmata da Lega, FI, Noi con l’Italia e Udc. L’incontro tra Draghi e il centrodestra di governo di ieri sera è stato “organizzato con una telefonata tra Silvio Berlusconi e il premier”. Par condicio, insomma, visto che aveva incontrato Letta.


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