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Il metodo Eindhoven 180 tifosi arrestati per evitare disordini

di Ivano Tolettini -


Centottanta tifosi del Napoli arrestati e poi espulsi da Eindhoven alla vigilia della sfida di Champions contro il Psv. Nessun ferito, nessuna rissa, nessun danno. Solo una “certa atmosfera”, come ha scritto nel suo comunicato la polizia olandese, a giustificare il fermo collettivo.

Dalla partita al “caso diplomatico”

È bastata quella formula ambigua, quasi psicologica, per trasformare una trasferta calcistica in un caso diplomatico e in un precedente inquietante per il diritto europeo. L’Olanda fa parte dell’area Shengen oppure lì vige una legge comunitaria diversa? La decisione è stata presa dal sindaco di Eindhoven, Jeroen Dijsselbloem, già presidente dell’Eurogruppo ai tempi dell’austerità, che ha firmato un’ordinanza ad “alto rischio” istituendo una zona rossa in città. La norma consente alla polizia di perquisire e arrestare in via preventiva chiunque sia ritenuto potenzialmente pericoloso per l’ordine pubblico.

L’intenzione diventa reato?

Non serve un reato, basta l’intenzione presunta. Ed è così che centinaia di cittadini italiani, molti con regolare biglietto, sono stati caricati su autobus, portati in caserma e poi rimandati a casa. La motivazione? Evitare disordini. Ma a quale costo per la libertà individuale? Se lo stesso “metodo Eindhoven” fosse applicato in Italia, o in qualunque altra città europea, quante persone verrebbero fermate ogni settimana per “una certa atmosfera”? Quanti tifosi dalla Serie A alla D verrebbero arrestati perché indossano una felpa col cappuccio, cantano un coro o si muovono in gruppo verso lo stadio?

Punire chi potrebbe compiere reati

Il punto, è chiaro, non è difendere i violenti, tanto più dopo quello che è accaduto domenica sera a Rieti, che vanno isolati e perseguiti con rigore. Il punto è la deriva preventiva, che rovescia la logica dello Stato di diritto: non più punire chi commette un reato, ma colpire chi potrebbe commetterlo. Una sospensione del principio di proporzionalità che, nella prassi olandese, viene giustificata con esigenze di ordine pubblico ma che, letta in controluce, assomiglia a una forma di controllo di massa.

La normativa olandese

Così l’Olanda, patria della tolleranza e dei diritti civili, ha adottato per i grandi eventi sportivi una normativa che amplia enormemente i poteri delle autorità locali: sindaci e polizia possono emettere “fogli di via” immediati, vietare l’accesso a intere aree urbane, annullare biglietti e disporre perquisizioni a tappeto senza convalida giudiziaria.

Opinioni a confronto

L’avvocato Emilio Coppola, che assiste molti dei tifosi espulsi, parla di violazione delle libertà fondamentali: “Non si può allontanare chi ha un biglietto e non ha commesso alcun reato. È un precedente pericoloso nel diritto comunitario”. C’è poi un tema di disparità: in Italia, dove la tensione negli stadi è spesso più alta, non si applicano arresti di massa basati su “atmosfere sospette”. Si individuano i responsabili, si emettono Daspo, si agisce con prove e video. A Eindhoven, invece, si è preferito agire sul presupposto dell’intenzione. Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani parla di “controlli preventivi”, ma la definizione rischia di essere un eufemismo. In realtà, l’operazione di lunedì sera assomiglia più a un’espulsione collettiva che a un controllo di sicurezza.

Un’azione che non distingue, non misura, non valuta caso per caso: semplicemente isola, interroga e rimanda indietro. Ma è lecito?


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