Primo Piano

Il ministro, “gli scafisti criminali” e l’improvvisa virata della morte

di Rita Cavallaro -

MATTEO PIANTEDOSI MINISTRO


Matteo Piantedosi non ci sta a passare per il disumano responsabile del naufragio di Cutro. E ieri nel suo discorso alle Camere ha ricostruito minuto per minuto i terribili avvenimenti che hanno portato sul fondo del marero i disperati partiti dalla Turchia alla ricerca di una vita migliore. Il titolare del Viminale è stato irremovibile nel chiarire di chi è la colpa di quei cadaveri sulla spiaggia che hanno sconvolto non solo il nostro Paese. “La tragedia di Cutro è stata provocata dal comportamento criminale degli scafisti”, ha sottolineato il ministro. Che ha mandato al mittente tutte le accuse contro l’esecutivo Meloni, anche quelle poco velate di Frontex, dalla quale “non è arrivata alcuna richiesta di soccorso”. E allora “sostenere che i soccorsi sarebbero stati condizionati o addirittura impediti dal governo costituisce una grave falsità che offende, soprattutto, l’onore e la professionalità dei nostri operatori impegnati quotidianamente in mare, in scenari particolarmente difficili”. Piantedosi, inoltre, è tornato sugli attacchi personali, strumentalizzati per cavalcare la richiesta di dimissioni, che il super poliziotto non prende nemmeno in considerazione, forte dell’appoggio della maggioranza e confortato dalla sua coscienza: “Mi dispiace profondamente che il senso delle mie parole sia stato diversamente interpretato. La sensibilità e i principi di umana solidarietà che hanno ispirato la mia vita personale sono stati il faro, negli oltre trent’anni al servizio delle istituzioni e dei cittadini, di ogni mia azione e decisione”. E nel rinnovare il cordoglio per l’immane tragedia, ha rimarcato la gravità della condotta degli scafisti, alla quale “facevo riferimento quando, con commozione, sdegno e rabbia e negli occhi l’immagine straziante di tutte quelle vittime innocenti, ho fatto appello affinché la vita delle persone non finisca più nelle mani di ignobili delinquenti, in nessun modo volendo colpevolizzare le vittime”. Piantedosi ha parlato del bilancio della tragedia, che ha “portano il numero delle vittime a 72, di cui 28 minori, mentre i superstiti sono 80. Di questi, 54 sono accolti nel locale Centro di accoglienza richiedenti asilo, 12 nel Sistema Sai a Crotone, 8 sono ricoverati in ospedale, 2 minori non accompagnati sono stati collocati nelle strutture dedicate e 3 soggetti, presumibilmente gli scafisti, sono stati arrestati”. E ha precisato: “Per la doverosa ricostruzione dei fatti, che in quella sede deve avvenire, sulla vicenda sta indagando la Procura della Repubblica di Crotone. Attenderemo, pertanto, con fiducia e rispetto l’esito degli accertamenti giudiziari”. L’informativa è entrata nel vivo con la ricostruzione del viaggio della speranza finito sul fondo del mare: “Gli scafisti decidono di sbarcare in un luogo ritenuto più sicuro e di notte, temendo che nella località preventivata vi potessero essere dei controlli; il piano prevedeva l’arrivo a ridosso della riva sabbiosa, con il successivo sbarco e la fuga sulla terraferma”. Intorno alle 4 di domenica, prosegue il ministro, “sull’utenza di emergenza 112 giunge una richiesta di soccorso telefonico da un numero internazionale che veniva geolocalizzato dall’operatore della Centrale operativa del Comando provinciale dei Carabinieri di Crotone e comunicato, con le coordinate geografiche, alla Sala Operativa della Capitaneria di Porto di Crotone. È questo il momento preciso in cui, per la prima volta, si concretizza l’esigenza di soccorso per le autorità italiane”. Prima del naufragio, la navigazione “era proseguita fino alle 3.50, allorquando, a circa 200 metri dalla costa, erano stati avvistati dalla barca dei lampeggianti provenienti dalla spiaggia e a quel punto gli scafisti, temendo la presenza delle forze dell’ordine lungo la costa, effettuano una brusca virata nel tentativo di cambiare direzione per allontanarsi dal quel tratto di mare. In quel frangente, la barca, trovandosi molto vicino alla costa ed in mezzo ad onde alte, urta, con ogni probabilità, il basso fondale (una secca) e per effetto della rottura della parte inferiore dello scafo, comincia ad imbarcare acqua”. Piantedosi ha aggiunto quanto sia “essenziale chiarire che l’attivazione dell’intero sistema Sar (ricerca e soccorso, ndr) non può prescindere da una segnalazione di una situazione di emergenza. Solo ed esclusivamente se c’è tale segnalazione, si attiva il dispositivo Sar. Laddove, invece, non venga segnalato un distress, l’evento operativo è gestito come un intervento di polizia, anche in ragione di quanto prima osservato circa la capacità di soccorso delle nostre unità navali” precisa. “Dal 22 ottobre 2022 al 27 febbraio 2023”, ha aggiunto, “le nostre Autorità hanno gestito 407 eventi Sar, mettendo in salvo 24.601 persone. Nello stesso periodo, nel corso di 300 operazioni di polizia per il contrasto dell’immigrazione illegale, la sola Guardia di Finanza ha tratto in salvo 11.888 persone. Per un totale, tra Sar e law enforcement, di 36.489 persone salvate. Dunque, dati alla mano, è del tutto infondato che le missioni di law enforcement non siano in grado di effettuare anche salvataggi”. E ha puntualizzato: “L’esigenza di tutela della vita ha sempre la priorità, quale che sia l’iniziale natura dell’intervento operativo in mare. In altre parole, le attività di law enforcement, che fanno capo al Ministero dell’Interno, e quelle di soccorso in mare, che competono al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, esigono la cooperazione e la sinergia tutte le volte che i contesti operativi concreti lo richiedono, e in primis quando si tratta di salvaguardare l’incolumità delle persone in mare”. Il titolare del Viminale ha anche precisato che “il quadro normativo nazionale, peraltro sottoposto a vincoli di natura internazionale con specifico riguardo alla materia del soccorso in mare, non è assolutamente stato modificato dall’attuale Governo. Peraltro, le modalità tecnico-operative dei salvataggi non possono essere in alcun modo sottoposte a condizionamenti di natura politica o a interventi esterni alla catena di comando”. Insomma, quelle morti in mare non dipendono dal pugno duro del governo sulla questione dei flussi migratori incontrollati o dalle scelte del governo sulla lotta al traffico di esseri umani. In conclusione “questo Governo ha finalmente riportato il tema migratorio al centro dell’agenda politica, in modo trasversale rispetto a tutte le dimensioni lungo le quali si esplica la sua azione: a livello nazionale, sul piano europeo, con i Paesi di transito e partenza dei flussi”.

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