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Il miracolo dei Pozzo. Sempre in A da 28 anni

di Domenico Pecile -


Miracolo sportivo? Certamente. Miracolo economico? Anche. Fortuna? Mah, sarebbe fare un torto al management. No, non c’è nulla di casuale. Diversamente non sarebbe possibile che il club calcistico di una città di provincia di 100 mila abitanti se ne stia comodamente in serie A da 28 stagioni consecutive, record condiviso con Milan, Inter, Roma e Lazio. No, la fortuna non può c’entrare. C’è dell’altro ed è appunto una formula vincente, un’alchimia tutt’altro che improvvisato tra passione calcistica e rigore finanziario. Così, la squadra bianconera del Nordest è additata come un modello vincente non solo in Italia. Bilanci che quadrano, salvezza senza affanno e anche qualche capatina in Europa e addirittura in Champions league. Chapeau! L’Udinese festeggia quest’anno il 50° compleanno, le nozze d’oro, tanti sono i campionati disputati nella massima serie. E di questi, 32 sotto la guida di Paron Pozzo che continua ad affermare che lo fa soltanto per hobby e passione, che ha trasmesso anche al figlio Gino, da anni in pianta stabile a Londra come presidente del Watford. “I conti in regola? Nessun segreto – spiega il direttore amministrativo e project manager di Udinese 2.0, Alberto Rigotto – perché il criterio seguito dalla società è quello del buon padre di famiglia, si spende quello che si ha. Non un centesimo in più. La rosa dei giocatori è annualmente ridefinita nell’ambito delle risorse che pensiamo di avere. Spendiamo quello che pensiamo di incassare da diritti televisivi, sponsor e biglietteria. Non solo, ma un’altra nostra regola è che prima di acquistare, si vende”. E, grazie a una consumata scuola di scouting, tra le prime in Italia, l’Udinese compra la gran parte dei giocatori all’estero: sconosciuti su cui scommette. Li lancia e poi li vende a peso d’oro a società blasonate. Calciatori promettenti che spesso diventano campioni. Alcuni esempi? Eccoli: Sanchez, Balbo, Sensini, Pizzarro, Amoroso, Jorgensen, Helveg, Inler, Handanovic senza arrivare a quelli del campionato in corso pronti al decollo o appena venduti come Udogie, Shoppy, Beto, Bijol, Samardzic. Plusvalenze da sballo. E che dire dello Stadio Dacia Arena, un gioiellino da 26 posti tutti coperti, considerato il migliore impianto assieme a quello della Juventus e rifatto in 555 giorni? L’Udinese calcio già negli anni 2000 avrebbe voluto non pagare l’affitto e avrebbe provveduto a coprire tutto lo stadio. Poi è arrivato l’accordo con il Comune: la società paga 46 mila euro all’anno per 99 anni. Poi, l’impianto sarà suo. Di nuovo i due segreti perseguiti dai Pozzo: intuizione e lungimiranza. Rigotto sta seguendo come project manager “Udinese 2.0”, progetto per un cittadella nella pancia dello stadio: piscina, palestre, fitness, le “case” del Coni e di altre federazioni, ma anche Medicina sportiva, ristorazione e una birreria avveniristica. “Il progetto – spiega Rigotto – è bloccato da tre anni dalla burocrazia. Quando otterremo il disco vedere dalla Conferenza dei servizi scatterà la realizzazione. La completeremo a tempo di record. In questo modo il Dacia Arena rimarrà aperto tutto l’anno e diventerà uno dei cuori pulsanti di Udine: punto di aggregazione e socialità modernissimo che accomunerà calcio a tempo libero”.


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