Il mondo ha sempre più fame di gas. E ne avrà necessità ancora per un bel po’. Al Gastech è stato presentato il report Snam-Igu sull’andamento delle forniture di gnl nel mondo. E non mancano le sorprese. Già, perché stando a quanto si legge nel Global Gas Report 2025, la domanda di gas, l’anno scorso, è salita di quasi il 2 per cento. In pratica, in termini quantitativi, è stato necessario fornire ben 78 miliardi di metri cubi di gas in più. Una quantità di tutto rispetto che ha portato l’intero ammontare dello “stock” mondiale della domanda di gas a qualcosa come 4.122 miliardi di metri cubi. Ma, secondo gli analisti Snam e International Gas Union, non è che l’inizio. Già, perché l’ondata rialzista proseguirà anche quest’anno, l’incremento della domanda di gas, difatti, è previsto in circa 71 miliardi di mc di gas aggiuntivi (+1,7%). Davanti a tutti, come al solito, ci sono Europa e Nordamerica. Solo per quanto riguarda l’Unione europea, la domanda di gnl è salita del 6,1% mentre, a fronte della necessità pressante di riempire gli stoccaggi e di far fronte alle richieste, l’import del Vecchio Continente nella prima metà del 2025 è cresciuto a doppia cifra (+23,6%). Un trend che, tradotto in volumi di merce è pari a un fabbisogno aggiuntivo da dodici miliardi di metri cubi. Fame di gas.
Fame di gas
Le richieste di gas dagli scenari “occidentali” sono aumentate e continueranno a farlo anche nei prossimi anni. Ma, entro il 2030, rischia di cambiare tutto. Perché, stando a quanto si legge nel report, Cina e India si potrebbero (definitivamente) imporre tra i Paesi consumatori di gnl. A Mosca, una prospettiva del genere, fa dimenticare l’amarezza delle sanzioni Ue e la fine delle forniture russe verso l’Europa. Una questione, sia chiaro, sempre annunciata (ieri l’ha ripetuto di nuovo Ursula von der Leyen nel discorso sullo stato dell’Unione) ma mai praticata fino in fondo (e basta leggere i dati per capire come, fino ad ora, i commerci energetici tra Russia ed Europa continuino a essere floridi). Ma ciò che potrebbe accadere entro il 2030 fa riflettere gli analisti che, a questo punto, immaginano che le prospettive per la domanda di gas possano essere ancora più alte. Necessario, per far fronte alla rinnovata fame di gas del mondo, investire sempre di più nelle reti energetiche e nei gasdotti, affidarsi alle tecnologie, dall’Ai fino al computing, capaci di garantire sicurezza ed efficienza. Inoltre occorrerà investire, sempre di più, in prodotti rinnovabili come il biometano e accelerare sui progetti di cattura del carbonio. Per farlo, fanno notare gli analisti, occorre che il quadro regolatorio venga reso più puntuale e preciso. Insomma, bisognerà evitare di far esporre aziende e cittadini per poi cambiare le carte in tavola. Come accaduto, su altri fronti, anche in Europa.
Nuovi investimenti di Baker Hughes
Non solo fame di gas. A distanza di qualche ora dalla presentazione del report è arrivata, sempre dal Gastech, un’altra notizia interessante. Dopo le brutte nuove provenienti dagli americani di General Electric che avrebbe in animo di licenziare ben 600 lavoratori (120 dei quali sono in Francia), ecco che i connazionali di Baker Hughes promettono nuovi investimenti in tutta Italia per un ammontare di ben 300 milioni di euro. L’azienda, specializzata in tecnologia al servizio di industrie e imprese, ha svelato un piano di investimenti ricco che promette di rafforzare la sua presenza “italiana” nei prossimi cinque anni. In particolare per gli impianti produttivi toscani di Firenze, Massa e Avenza, il focus sarà sull’aumento della capacità produttiva delle turbine NovaLT, che saranno utilizzate (anche) a servizio dei nuovi data center americani, e sull’acquisto di nuovi macchinari e nuovi banchi prova dove testare le macchine e sull’integrazione di robotica e intelligenza artificiale ai processi produttivi, oltre ad attività di ricerca a continuo supporto dello sviluppo tecnologico delle turbine stesse e dei compressori. Gli investimenti sugli impianti di Bari e Talamona intendono aumentare le linee produttive e integrare tecnologie innovative per aumentare l’efficienza e la sostenibilità delle attività industriali, nonché supportare specifiche attività di Ricerca e Sviluppo.
Saipem e la commessa in Turchia
Intanto, mentre a Fiera Milano Rho si parlava, si analizzava e ci si confrontava, tutti gli occhi (e le orecchie) erano sintonizzate sulla Turchia. Dove Saipem ha comunicato di aver ottenuto un contratto offshore dal valore di ben 1,5 miliardi di dollari. L’intesa riguarda la terza fase del progetto di sviluppo del campo gas di Sakarya, nel Mar Nero, che si trova a 170 chilometri dalla costa di Filyos, Zonguldak, sulla costa turca. La terza fase prevede l’allestimento di una nuova unità galleggiante e a Saipem sono state affidate l’ingegneria, l’approvvigionamento, la costruzione e l’installazione (Epci) di 8 flowline rigide e di una gas export pipeline (gep) del diametro di 24 pollici, lunga circa 183 km che collega il giacimento offshore, ad una profondità massima di 2.200 metri, a Filyos. Inoltre sarà la nave posatubi di Saipem, Castorone, a occuparsi dal 2027 in poi della campagna offshore. Il contratto ha una durata complessiva di tre anni.