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Il mondo ribolle, l’Ue pensa al green. Ursula punta al dopo Stoltenberg

di Cristiana Flaminio -

Ursula von der Leyen, Jens Stoltenberg


Il mondo brucia, l’Europa affonda in un conflitto di portata mondiale e la baronessa Ursula von der Leyen, come l’orchestrina del Titanic, si ostina a suonare la solita musichetta della rivoluzione green. Ieri, la presidente della Commissione Ue ha parlato all’europarlamento in vista dell’approvazione del regolamento del Raw Materials Act. Un discorso ricco di speranza e di buoni propositi, con qualche notazione di buon senso che arriva, però, in disperato ritardo. “Gli investimenti globali nella transizione pulita hanno superato i mille miliardi di dollari, il 30% in più rispetto all’anno precedente. E questo mercato globale per le tecnologie a emissioni nette zero è destinato a triplicare entro il 2030. In altre parole: la corsa è iniziata”. Von der Leyen, non si sa come, è convinta del fatto che “dobbiamo agire insieme, se vogliamo rimanere in testa”. A cosa, non è dato saperlo. Dal momento che è lei stessa a smentirsi: “Riceviamo il 98% della nostra fornitura di terre rare e il 93% del nostro magnesio dalla Cina” e, dal momento che “la pandemia di Covid e la guerra in Ucraina ci hanno dato una lezione sulle dipendenze”, bisogna far presto e bene per svincolarsi dal Dragone. Peccato, però, che la Cina sia leader anche, se non soprattutto, nelle tecnologie. Von der Leyen però non teme niente. Nemmeno la feroce concorrenza americana e le sue strategie ultraprotezionistiche che stanno convincendo sempre più aziende, a cominciare da Volkswagen, paladina della transizione green nell’automotive, a investire negli States: “I fulcri del piano industriale del Green Deal sono il Net-Zero Industry Act e il Critical Raw Materials Act. La Commissione propone entrambi questa settimana. Con il Net-Zero Industry Act, stiamo stabilendo il livello di ambizione”. E cioè: “Entro il 2030, vogliamo essere in grado di produrre almeno il 40% della tecnologia pulita che si serve. Stiamo facilitando le procedure autorizzative, stiamo lavorando sulle normative, stiamo creando un regime di aiuti di Stato più semplice”. In pratica, la speranza Ue è che siano gli Stati a pagare la transizione.
L’obiettivo di von der Leyen, che seppur tardi ci è arrivata, è quello di sganciare l’Ue dalla sudditanza nei confronti della Cina: “Si tratta di garantire la fornitura di materiali fondamentali, che sono assolutamente necessari per la transizione digitale e verde. Questi minerali alimentano telefonini e veicoli elettrici, microprocessori e batterie, pannelli solari e turbine eoliche. Non possono funzionare senza queste materie prime. E la domanda di queste materie prime aumenterà notevolmente nei prossimi anni e decenni. Oggi l’Ue dipende fortemente da alcuni Paesi terzi per queste materie prime strategiche”. E dunque ha tracciato la rotta: “Se vogliamo essere indipendenti dobbiamo rafforzare e diversificare, con urgenza, le nostre catene di approvvigionamento, con partner che la pensano come noi”.
Insomma, se proprio occorre dipendere da qualcuno, spiega la presidente della Commissione Ue, sia almeno un Paese occidentale. Del resto i maligni già da tempo mugugnano: il mandato da presidente scadrà nel 2024, il sogno della riconferma non è per niente certo. Perciò bisogna pur preparselo un piano B. Anzi, un piano N. Come Nato. Von der Leyen, dunque, con una fava prende due piccioni. Da un lato rassicura i partner occidentali della ferma intenzione Ue di allontanarsi da Pechino, dall’altro puntellerebbe le sue credenziali per sostituire il danese Jens Stoltenberg.
Ma intanto c’è da governare l’Ue e da spiegare le scelte. E perciò von der Leyen ha raccontato la sua esperienza durante una gita istituzionale in Nord America: “La scorsa settimana sono stata in Canada, dove le aziende europee stanno facendo proprio questo. Ad esempio, l’approvvigionamento di nichel a basso tenore di carbonio per produrre batterie qui in Europa. Il Canada non è solo un partner affidabile. Condivide inoltre i nostri valori e garantisce che le materie prime vengano estratte con i più alti standard, per l’ambiente e per i lavoratori. Il Critical Raw Materials Act sosterrà questi sforzi delle aziende europee. Vogliamo estrarre più minerali e minerali in Europa. Vogliamo aumentare la nostra capacità di lavorazione, fino ad almeno il 40% del consumo annuo. E, naturalmente, dobbiamo riciclare di più. Di nuovo in Canada. Ho visitato un’azienda che è in grado di riciclare il 95% di litio, cobalto e nichel dalle batterie. Riciclato al 95%. Questo è il futuro”.

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