Politica

Il monito di Mattarella le reazioni politiche l’assenza di soluzioni

di Domenico Pecile -

SERGIO MATTARELLA, PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA ITALIANA


Sprona, consiglia, analizza: il presidente Mattarella si è preso la scena del Meeting di Rimini con una facilità disarmante. Parla semplice, affronta l’attualità, striglia sia l’Ue sia il governo, invita a riflettere sulla costituzione, parla delle opportunità e dei tranelli dei social, riflette sulle analogie tra amicizia, solidarietà e Costituzione e fa capire che il dramma dell’immigrazione non è un’emergenza, ma una crisi strutturale contro cui i muri rimangono un’inutile via di fuga. Ecco quella che potrebbe essere la migliore sintesi del suo intervento: “La nostra Costituzione nasce per superare, per espellere l’odio, come misura dei rapporti umani. Quell’odio che, la civiltà umana, ci chiede di sconfiggere nelle relazioni tra le persone; sanzionandone, severamente, i comportamenti, creando, così, le basi delle regole della nostra convivenza”. Mattarella fa irruzione nella politica in un’estate che sta concedendo poche pause di riflessione e reiterati motivi di polemiche e scontri. E i messaggi che ha mandato non lasciano adito a dubbi. Mette in guardia contro la cultura dell’odio, quello contro le etnie, ma anche contro i diversi, rivendica la pluralità perseguita con tenacia dai padri costituenti e non esita a ricordare gli orrori del fascismo. Perché il richiamo al ventennio? Perché – ha precisato – è stato proprio un “difetto di sentimenti di solidarietà e di reciproca disponibilità” a portarci nel baratro. Tutto quanto, insomma, è in antitesi con l’amicizia al centro dei lavori del Meeting di Rimini. E per questo ha sottolineato come “le nostre istituzioni sono basate sulla concordia sociale, sul perseguimento – attraverso la coesione, dunque la solidarietà – di sentimenti di rispetto e di collaborazione: l’amicizia riempie questi rapporti, rendendoli condizione per la felicità”. Durante quella che è parsa quasi una requisitoria, Mattarella ha incassato la standing ovation degli oltre quattromila preseti che hanno interrotto il suo intervento otto volte per altrettanti applausi. Ora, condizionale d’obbligo, la parola dovrebbe passare alla politica. A cominciare dal tema-immigrazione. “I fenomeni migratori – ha affermato – vanno affrontati per quello che sono: movimenti globali che non vengono cancellati da muri o barriere”.
Insomma, “servono più ingressi regolari. Ed è a questo punto che non si esime dal bacchettare l’Ue che invita a un “impegno finalmente concreto e costante a sostegno ai Paesi di origine”, ma subito dopo posta il dito “accusatore” anche al governo (“è necessario rendersi conto che soltanto ingressi regolari, sostenibili, ma in numero adeguatamente ampio, sono lo strumento per stroncare il crudele traffico di esseri umani”). Già, ma come raccogliere “Il che fare” suggerito dal Capo dello Stato? Il dramma dell’immigrazione – destinato ad accentuarsi – è stato finora interpetrato molto come disputa politica e poco come problema urgente e inderogabile da affrontare con proposte e strategie comuni, qualunque siano le forze che guidano il Paese. L’alternativa a questo gioco di rimpalli, alla mancanza di strategie precise, all’incapacità di gestire la realtà tralasciando enunciazioni e slogan è infatti un Paese la cui pancia ribolle di malcontento, un Paese incattivito e disorientato al punto che è sufficiente un libro a metà tra il provocatorio e lo scontato per creare un movimento di opinione. Il generale Roberto Vannacci si gode fama e, perché no, il business delle vendite su Amazon del suo “Il mondo all’incontrario”. E in attesa che si decida se scendere in politica o meno (prima ha respinto le avances di Forza nuova con un perentorio “Voglio continuare a fare il soldato”, poi ha cominciato a cedere alle sirene dell’agone politico.
Intanto, Vannacci vorrà capire cosa ne sarà dell’annunciata nascita, a Lamezia Termine, di un movimento aperto a “tutti coloro che sono per la libertà di espressione”. Non a caso il nome dell’associazione – auspice il tenente colonnello incursore in congedo Fabio Filomeni – è “Il mondo all’incontrario”. Il generale ha commentato: “Conosco Filomeni, ma non ci ho parlato. Non so niente di questa iniziativa”. Al meeting Mattarella, senza mai nominarlo, aveva parlato del libro di Vannacci, condannando le “contrapposizioni ideologiche” e superate distinzioni di “carattere etnico” e quanti hanno la pretesa di “resuscitare anacronistici nazionalismi”. A proposito dei quali parlando della guerra in Ucraina ha ribadito che “non vogliamo rinunciare alla speranza di pace in Europa”. Già, soltanto la speranza di pace, perché la guerra cui stiamo partecipando palesa una volta di più la debolezza della politica, incapace di suggerire e perseguire soluzioni in grado di trovare una via d’uscita pacifica, magari rivendicando in questo un ruolo leader in Europa.


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