Economia

IL NODO ENERGIA

di Giovanni Vasso -

GIORGIA MELONI PRESIDENTE DEL CONSIGLIO


La prima in Ue di Giorgia Meloni è all’insegna dell’energia. Incassato il via libera alla manovra, la premier italiana si lancia nel dibattito sul price cap e spiega ai leader europei che ormai non è più eludibile “la necessità di trovare una soluzione riguardo al meccanismo di riduzione del prezzo del gas”. Che sarebbe stato uno scontro ad alta tensione lo si era capito già nella serata di mercoledì quando il ministro all’Industria e Made in Italy Adolfo Urso, a margine di un convegno, ha strigliato le istituzioni comunitarie: “I due terzi della manovra sono stati destinati a fronteggiare il caro energia determinato, come tutti sappiamo, dall’inadempienza dell’Europa nel prendere un provvedimento che avrebbe dovuto fare quando il governo italiano lo chiese a giugno di quest’anno sul tetto al prezzo del gas”.
Meloni, poco prima di prendere la parola durante il dibattito sui dossier energetici, aveva spiegato che “la questione energia è rilevante, siamo chiamati a confermare il nostro sostegno all’Ucraina ma questo significa anche dare risposte efficaci al dominio di conseguenze: il tema è politico e poco tecnico, il Consiglio ha le carte in regola per fare passi avanti e noi cercheremo soluzioni comuni che siano efficaci”. La premier, quindi, ha incontrato gli omologhi polacco e ceco, rispettivamente Mateusz Morawiecki e Petr Fiala. Un modo per confermare alleanze politiche già intessute nell’europarlamento, sulla “trincea” comune del gruppo dei conservatori. L’incontro è stato positivo, al punto che la rappresentanza permanente italiana all’Ue ha definito “fruttuoso” il summit in cui si è discusso, tra le altre cose, di Ucraina e del costo dell’energia.
Giorgia Meloni si inserisce, anche sul tema del price cap, nel solco già tracciato dal suo predecessore, Mario Draghi, che dell’iniziativa si era fatto portavoce in sede europea. Il lungo e complesso braccio di ferro aveva portato, inizialmente, a qualche risultato. Il solo evocare un tetto al prezzo aveva, infatti, sgonfiato la speculazione al Ttf di Amsterdam. Ma la montagna della Commissione Ue ha partorito, finora, un topolino: la proposta dell’esecutivo comunitario, infatti, è insoddisfacente per i Paesi, come l’Italia, che invocavano a gran voce uno strumento concreto e utile. E, dalle simulazioni, è emerso che non sarebbe scattato nemmeno durante la fase più grave della fiammata dei prezzi, in estate, perché mai il gas ha superato la soglia dei 300 euro al Mwh individuata dalla Commissione come limite massimo sopportabile.
Ieri il consiglio Ue ha incardinato la questione rivedendo, al ribasso, il prezzo inizialmente proposto dalla Commissione. Oscilla tra i 160 e i 200 euro, come costi soglia tollerabili. Si attende solo l’ufficialità ma tutto lascia pensare che l’accordo potrebbe essere trovato in un prezzo poco al di sotto dei 200 euro.
Naturalmente, la presidente del Consiglio ci ha tenuto a ribadire che, sulla manovra, il lavoro del governo è stato buono. “Mi pare che il giudizio della Commissione europea dica che abbiamo fatto una manovra molto seria”. Meloni, quindi, richiama le aule a non perdere tempo: “Siamo tra le nazioni che hanno avuto il giudizio migliore e credo che questo chiami anche alla responsabilità del Parlamento italiano per una approvazione veloce, tenendo conto dei passaggi parlamentari”. Ciò, però, non vuol dire che si debba mortificare il dibattito e il ruolo stesso del parlamento. Meloni infatti ha aggiunto. “Ho sempre difeso e difendo a maggior ragione ora le prerogative del Parlamento ma sicuramente la Commissione dice che abbiamo fatto un ottimo lavoro e nel tempo che avevamo a disposizione non era una cosa facilissima”.
Inoltre, Meloni ha parlato di agricoltura. In un videomessaggio inviato all’assemblea di Confagricoltura ha “archiviato” il Nutriscore e ha promesso che vigilerà contro ogni proposta simile che, uscita dalla porta, potrebbe rientrare dalla finestra di un qualche regolamento comunitario. Un “successo” che rivendica al suo governo, dopo la scelta dell’Ue di “dediabolizzare” prodotti come salumi, carni rosse e vino sui quali sarebbe potuta scattare la tagliola “salutista” dell’Unione con divieti persino alla mera pubblicizzazione dei prodotti.


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