Politica

Il Palazzo di Carta ostaggio del Rosatellum. Corsa alle 600 poltrone

La XVIII legislatura è iniziata male e si è conclusa peggio: è composta da parlamentari che sono stati eletti con lo stesso sistema misto con cui si tornerà alle urne a settembre.

di Adolfo Spezzaferro -

Democristiano triestino, poi Pd oggi renziano, Ettore Rosato è il relatore della legge che sarà ancora protagonista il 25 settembre: il Rosatellum. ©imagoeconomica


La XVIII legislatura è iniziata male e si è conclusa peggio: è composta da parlamentari che sono stati eletti con lo stesso sistema misto con cui si tornerà alle urne a settembre.

Dopo le dimissioni irrevocabili del presidente del Consiglio Mario Draghi, ieri il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha deciso di sciogliere il Parlamento e di indire le elezioni anticipate, che si terranno il 25 settembre. Un ruolo centrale alle elezioni lo giocherà il sistema di voto. Quello in vigore e con cui i partiti dovranno spartirsi i seggi è il Rosatellum. Ossia la legge che ha causato tutto quello che è successo nella XVIII legislatura, dal governo giallo-verde a quello giallo-rosso fino al governo di SuperMario. Questo perché il sistema misto maggioritario-proporzionale era perfetto per le alleanze ma allo stesso tempo non ha permesso di decretare un vincitore con abbastanza margine per governare. Uno scenario che forse potrebbe ripetersi a settembre. Con una differenza: ricordiamo infatti che con il taglio dei parlamentari i posti da assegnare alla Camera e al Senato saranno in totale 600, e non più 945.

In base al Rosatellum, i partiti possono coalizzarsi e presentare un programma comune. Per esempio, nel 2018 così fece la coalizione di centrodestra, che con ogni probabilità seguiranno la stessa strada anche alle prossime elezioni. Sull’altro fronte invece allo stato attuale appare remota la possibilità che il Partito democratico rinnovi l’accordo elettorale con il Movimento 5 Stelle. Inoltre, la legge elettorale fissa temutissime soglie di sbarramento: i singoli partiti devono prendere almeno il tre per cento dei voti a livello nazionale, mentre le coalizioni almeno il 10 per cento. Il tre per cento potrebbe essere il muro contro cui certi partitini rimasti fuori dagli accordi potrebbero andare a sbattere e restare fuori dai giochi. Ora, per esempio, sappiamo che Italia Viva di Matteo Renzi, partito in cui milita proprio Ettore Rosato, relatore della legge elettorale che porta il suo nome, da solo potrebbe non entrare in Parlamento. Ecco perché siglerà accordi con altre forze politiche. I centristi, per esempio: i sondaggi li danno al 15 per cento. Entrerebbero in Parlamento, quindi.

Sempre se saranno premiati davvero dagli elettori. I sondaggi post-caduta di Draghi non tengono conto di un dato. Agli occhi degli italiani quello che è successo in Parlamento appare incomprensibile, irresponsabile, folle, oppure no? Nel senso che è vero che come non fa che ripetere la Meloni – ora lanciatissima visto che chiede di andare al voto dal primo giorno che è andata all’opposizione – gli italiani non aspettavano altro che restituire alla politica il suo primato dopo l’esperienza di SuperMario, apprezzando il coraggio di chi ha fatto cadere Mr. Whatever It Takes? Non è chiaro. Certo è che l’astensione è a livelli altissimi e in trend crescente. Sono tutti cittadini che non sono andati a votare nelle ultime tornate elettorali perché schifati dalla politica? O invece perché fan di Draghi che non aspettano altro che si candidi premier? Non lo sappiamo. La crisi di governo, lo scioglimento delle Camere, il voto anticipato sono comunque la prova che questa legislatura è iniziata male e finita malissimo. Legislatura eletta con il Rosatellum, ribadiamo ancora.

Vediamo qualche numero. Visti gli sviluppi politici di queste ore, l’ultima Supermedia di Youtrend/Agi è molto indicativa, perché scatta l’istantanea della situazione al momento della fine del governo Draghi. E pertanto dell’inizio ufficiale della campagna elettorale. Ebbene, secondo il sondaggio, la coalizione di centrodestra parte in netto vantaggio con il 46,6% dei consensi. Il Pd può contendere a FdI la palma di primo partito, ma in termini di coalizione il centrosinistra parte in forte svantaggio, sia con una coalizione basata sull’asse giallo-rosso col M5S (34,7%) sia nel caso di un ricongiungimento con le forze liberali più draghiane e l’esclusione di M5S e sinistra radicale (29,7%).

Altro sondaggio, quello di Lab210, anche se in calo dello 0,8% rispetto alla rilevazione del 16 giugno, il Partito Democratico resta di poco la prima forza politica con il 22,1%, mentre si registra un boom di Fratelli d’Italia, che con una crescita del 2,4% raggiunge il 21,8%. La Lega cede lo 0,7% e arretra al 16,8. Tracollo del Movimento 5 Stelle al 10,3% con una flessione del 3,9%. In netto calo Forza Italia, che perde l’1,2% e scivola al 5,8%. Azione-PiùEuropa è stabile al 5,4% mentre Insieme per il Futuro di Luigi Di Maio è dato addirittura al 3,8%, più di Italia Viva al 3,2%. Ma si sa, i sondaggi vanno presi con le pinze.


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