Attualità

Il paradosso italiano della sicurezza: reati in calo, paura in crescita

di Giuseppe Tiani -


I risultati dell’impegno e competenza delle forze di polizia sono chiari, omicidi ai minimi storici, meno rapine, meno furti, ma il Paese si sente insicuro. La cronaca nera e i reati della frontiera del web, amplificati da una rilevante parte dei media e della politica nazionale e locale, alimentano la paura e dettano l’agenda delle priorità, creando difficoltà a chi è preposto a contrastarla e governarla, con la conseguente distorta percezione dei risultati.

La percezione della sicurezza e i fenomeni di allarme sociale

Oggi, l’emergenza sicurezza si è spostata dalla criminalità organizzata, ai reati informatici, al microcrimine, alle truffe agli anziani e violenza di genere, al degrado di alcune aree delle città e delle aree rurali più periferiche. Quindi, la somma di piccoli episodi quotidiani e le bande d’immigrati che si scontrano tra loro a Bari come i maranza a Milano, sono fenomeni che creano allarme sociale, tassello di un puzzle in un quadro aggravato dai borseggi nel trasporto urbano, aggressioni nelle stazioni, spaccio nei quartieri periferici.

Dunque, la Questione Sicurezza richiede una centralità nell’agenda politica a tutti i livelli. La criminalità spicciola o “proletaria” pur non incidendo sui risultati sigillati dai dati statistici nazionali, per il contrasto al crimine e al degrado urbano, la realtà evidenzia che le fenomenologie delittuose, tra cui lo spaccio, stanno diventando un corollario dell’immigrazione clandestina. Paura e degrado, tracciano un solco nell’esperienza quotidiana dei cittadini, soprattutto nelle grandi città metropolitane come Roma, Milano, Napoli, Torino, Genova, Bari, Catania ecc. contesti in cui l’insicurezza intreccia il disagio sociale e urbano, così come l’inefficienza dei trasporti e servizi pubblici.

Il cittadino non misura la paura con le statistiche, ma con il suo vissuto quotidiano, la stazione mal frequentata, il borseggio in metropolitana o il pusher sotto casa, il microcrimine scava nel tessuto sociale, consolidando l’idea che lo Stato sia fragile e la politica troppo conflittuale e divisa su temi importanti. L’irrisolto e sbilanciato rapporto tra la polizia giudiziaria e magistratura inquirente non aiuta, specie quando gli arresti si sciolgono come neve al sole, o i procedimenti vengono archiviati.

Il lavoro delle forze dell’ordine

Agenti e Carabinieri operano con un margine di manovra ridotto, condizionati da procedure legali lente e formaliste, questo non vuol dire invocare lo Stato di polizia o far venir meno le garanzie democratiche dello Stato di diritto, ma qualche correttivo è necessario, il tema non riguarda l’ordine pubblico ma le inefficienze del sistema, che agli occhi dei cittadini alimentano la sensazione di impotenza delle forze di polizia, che è più corrosiva del crimine stesso. Ma ahimè, sino a che il dibattito sarà prigioniero della propaganda e della doppia morale, la sicurezza come il pendolo di Foucuault continuerà ad oscillare tra la realtà di un Paese più sicuro e la percezione di uno sempre più esposto.

Una frattura che alimenta la paura e svuota di fiducia le istituzioni. Sul fronte delle forze di polizia, l’Italia ha un numero di agenti insufficiente ad affrontare tutte le criticità emergenti, e il complesso fenomeno migratorio e dello spaccio di stupefacenti, così come le richieste di maggiore presenza di pattuglie e controlli invocate dai Sindaci. Come segnalato dai sindacati di polizia molte strutture logistiche sono inadeguate, gli stipendi troppo bassi e inadeguati, al pari di tutti i dipendenti pubblici, l’età media del personale alta e la formazione troppo datata.

La sfida non è ripianare la carenza organica e aumentare le pattuglie per il controllo del territorio, quanto modernizzare strumenti, procedure e investimenti in prevenzione. Videosorveglianza intelligente, condivisione delle banche dati, pattugliamenti mirati alla prevenzione e contrasto di particolari fenomeni, posti mobili di polizia nelle aree commerciali, dei luoghi d’arte o turistici, così come per il trasporto con grandi flussi di cittadini, sono questi gli strumenti richiesti dai cittadini. Come l’ineludibile riforma riorganizzativa della polizia locale, che non fa notizia.

Sino a che la politica, ridurrà il discorso sulla sicurezza a chi sventola più in alto la bandiera ideologica da mostrare all’avversario, resteremo ostaggi della sterilità retorica. La sicurezza ha bisogno di corollari che la supportino, con politiche sociali, urbanistiche e culturali, la repressione è necessaria ma insufficiente. L’Italia pur non essendo più insicura di altri paesi, si sente tale, la percezione d’insicurezza è il terreno di battaglia della politica del presente. Sino a che la politica in senso bipartisan, cavalcherà paura e doppia morale, non incidendo sulle cause strutturali del degrado urbano, dei servizi carenti e delle inefficienze della giustizia, le istituzioni saranno impotenti e il Paese prigioniero della retorica.


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