Politica

“Il Pd da anni si è mescolato a lobby e affaristi, il Qatar è solo la punta dell’iceberg”

di Edoardo Sirignano -

GIORGIO CREMASCHI ©imagoeconomica


“Non può dire di opporsi al nuovo governo Draghi, chi fino a ieri lo ha sostenuto. Dire no alla destra di Briatore non basta”. A dirlo Giorgio Cremaschi di Unione Popolare, che condanna quanto accaduto a Bruxelles.
Scandalo Qatargate, dove è finita la questione morale?
Stiamo parlando di un rapporto tra affari e politica, che dura da anni. Ciò che vediamo oggi non è altro che la punta di un iceberg. Siamo di fronte a un sistema di pressioni, interessi, lobby, in cui non girano solo soldi. Ho ancora in mente le denunce di un parlamentare del gruppo di Mélenchon sugli omissis relativi ai vaccini.
Si riferisce a ulteriori mazzette?
Non ho elementi per dirlo. Siamo certamente di fronte a qualcosa di opaco, che viene prima del Qatargate. La trasparenza, da tempo, non regna nei corridoi di Bruxelles. Non sono d’accordo con Metsola quando dice di attacco esterno alla democrazia. Non stiamo parlando, innanzitutto, di un vero Parlamento, ma di un semplice organo consultivo perché non fa leggi. Il centro del potere europeo è un altro, una struttura di governo. Detto ciò, in questo caso, si tratta di un sistema, fondato sulla priorità del mercato e del liberismo.
Altra vicenda, che ha scosso e non poco l’opinione pubblica, è la vicenda Soumahoro…
C’è un elemento fondamentale nella politica che è la corruzione. L’attività per la res pubblica, oggi, nei Paesi democratici, è condizionata dai soldi. Questa è la verità.
Il fenomeno ultimamente tocca più la sinistra che la destra…
Fa più effetto a sinistra perché quest’ultima proclama dei principi, finendo così nella contraddizione. La corruzione a destra, invece, è considerata, in qualche modo, normale e dovuta.
I progressisti, intanto, non sono quelli di una volta…
Assolutamente no! La sinistra ufficiale si è convertita totalmente all’ideologia liberista.
Possiamo parlare di partito degli affari?
Ci sono due grande forze trasversali in Italia e in Europa. La prima è quella degli affari, delle grandi opere, del mercato e delle multinazionali. Al di là di ogni litigio, si parla una sola lingua il cui motto è: l’impresa crea lavoro. Uno slogan che mette insieme un unico fronte, che spazia da a Meloni a Bonaccini. Un ribaltamento ovviamente che nulla ha a che vedere con la sinistra di qualche tempo fa. Quest’ingranaggio produce un ambiente favorevole a disonesti e immorali. Esiste, poi, il partito unico della guerra. Mi riferisco agli euroatlantici, ovvero quelli che votano il riarmo e le spese militari.
C’è qualcuno che resta fuori dall’aggregazione?
Piccole minoranze, come il partito di cui faccio parte. La sinistra vera non dovrebbe porsi il problema di come stare dentro al palazzo, ma piuttosto di ribaltarlo.
Il congresso del Pd può essere la svolta per il campo progressista?
Il Pd può fare una sola cosa di sinistra: sciogliersi.
Come giudica l’opposizione al governo Meloni?
L’attuale esecutivo, al 90 per cento, è la politica di Draghi, quella dell’austerità, del liberismo e della guerra. L’altra parte, ovvero il 10 per cento, è Briatore, simbolo dell’arroganza di alcuni ricchi e di idee padronali ormai fuori tempo. A cosa serve, quindi, fare opposizione a una piccola minoranza se poi non si ha il coraggio di sconfessare tutto il resto, ovvero l’operato del precedente governo. È un servo chi dice Meloni è stata brava per aver accettato i vincoli europei, mentre è cattiva per aver tolto il Pos, che poi rimette.
Sbagliato mettere mano sul reddito di cittadinanza?
È stato tolto per due ragioni. La prima è togliere soldi a poveri per finanziare altri poveri. In sintesi, il nipote squattrinato dovrà far sopravvivere la nonna. Stiamo parlando di padroni spendaccioni, che fanno beneficenza coi soldi di chi dovrebbero aiutare. L’altra motivazione, invece, è il voler introdurre un nuovo schiavismo. Significative sono le parole del ministro Lollobrigida che ha detto ai percettori di accettare il lavoro dei migranti, quello che viene fatto sotto i caporali, ovviamente in nero. Togliere il reddito di cittadinanza vuol dire assecondare quei datori che negli ultimi mesi lamentavano per non trovare lavoratori disposte a fare 70 ore a settimana per 300 euro. È una vergogna.
Cosa fare rispetto a tutto ciò?
Bisogna agire con una capacità di scontro e di conflitto fuori da qualsiasi schema tradizionale. L’opposizione bon ton non serve. La destra estrema di Meloni è il riassunto e il compimento brutale di più di trenta anni di egemonia liberista nella politica, ma anche nel senso comune. In un certo senso è come scrisse Gobetti del fascismo: autobiografia della nazione. Non si può combattere, pertanto, chi è al governo senza mettere in discussione tutto, ma proprio tutto degli ultimi trenta anni.
Una sorta di nuova “Rivoluzione d’Ottobre”…
Magari ci fosse. È indispensabile, intanto, una lotta radicale e di rottura. Se non ci saranno misure, i lavoratori e chi perde il reddito dovrà andare a cercare i ministri per chiedergli occupazione. Bisogna togliersi i guanti.
I 5 Stelle possono riuscirci?
Devono chiarire prima la loro ambiguità. Oggi si sono spostati a sinistra dopo aver governato con chiunque. In Lombardia stanno col Pd che candida uno dei primi dirigenti della sanità privata, mentre nel Lazio corrono da soli, ma intanto sono ancora in giunta con il loro concorrente dem. Non vorrei che i 5 Stelle facessero una partecipazione esterna al congresso del Nazareno. Bisogna fare altro: rompere lo schema dell’alternanza tra forze, che alla fine fanno tutte la stessa fine politica e costruire l’alternativa al liberismo e alla guerra.

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