Politica

Il piano salva big. Così Letta regala le poltrone del Pd

Letta regala le poltrone in parlamento per salvare il centrosinistra e tenere tutti gli alleati dentro la coalizione.

di Edoardo Sirignano -

Da sinistra, Benedetto Della Vedova; Enrico Letta e Carlo Calenda in conferenza stampa al termine di un incontro presso i Gruppi Parlamentari a Roma 2 agosto 2022. ANSA/CLAUDIO PERI


Ecco la strategia del segretario dem: pronto a sacrificare qualche compagno di partito pur di tenere unita l’alleanza.

Parte il piano salva big. Letta regala le poltrone del Partito Democratico per salvare il centrosinistra e tenere tutti dentro. Dopo aver chuso l’accordo con Calenda, che prevede il 70 per cento dei candidati agli uninominali al suo partito e il 30 per cento ad Azione e +Europa, il segretario dei dem sarebbe pronto a scaricare qualche suo campagno di partito, facendolo trovare dalla sera alla mattina fuori dai listini bloccati, pur di tenere compatto il cosiddetto campo largo.

L’obiettivo, dunque, è placare, sin dal principio, ogni mal di pancia. Al momento sono sicuri soltanto i seggi destinati al binomio +Europa-Azione, più o meno una ventina. Un numero niente male per un partito, di cui ancora non si conosce la reale potenzialità, a parte la parentesi capitolina. Ecco perchè ora parte l’operazione per tenere insieme verdi, sinistra, renziani ed ex grillini. Non è stata sotto tono, infatti, la reazione da parte di chi all’improvviso si è sentito scaricare, ma il cui peso è indispensabile per vincere le elezioni. “L’accordo tra Letta e Calenda – ha dichiarato il coportavoce di Europa Verde Angelo Bonelli – non ci riguarda, tra l’altro non ne condividiamo molte cose nel merito delle questioni programmatiche”.

Non ha utilizzato giri di parole neanche il segretario di Sinistra Italiana Nicola Fratolianni: “La nostra proposta politica non è negoziabile. Noi siamo quelli di oggi, ieri e domani”.

Luigi Di Maio, intanto, ha incontrato il numero uno del Partito Democratico, chiedendo più di qualche semplice rassicurazione rispetto agli spazi riservati alla formazione creata con Tabacci. Il fine è riportare quanto prima l’ape nel grande alveare progressista.
Ecco perchè il segretario dei dem sarebbe pronto a lasciare a casa qualche suo fedelissimo per lasciare appunto spazio ai big alleati. Lo stesso Letta, quindi, avrebbe incaricato alcuni suoi fedelissimi, tra cui Marco Meloni, deputato nella penultima legislatura e negli ultimi giorni una sorta di semaforo umano, ad attivarsi per disegnare dei veri e propri collegi su misura. Il rischio, però, che i tagli potrebbero creare più di qualche semplice scontento all’interno dello stesso Pd.

Chi vorrebbe garanzie, ad esempio, sono i ministri uscenti. Un peso rilevante lo vorrebbe Dario Franceschini, che starebbe pretendendo delle caselle sicure per alcuni compagni di corrente. Stesso discorso vale per il titolare del dicastero alla Difesa Lorenzo Guerini. Da più di qualche giorno circola anche la voce relativa alla moglie del governatore del Lazio Zingaretti per cui si starebbe appunto cercando un trampolino utile a farla arrivare presto in Parlamento.

La sfida, quindi, è chiudere quanto prima il pacchetto per non dare spazio agli avversari. “Non è immaginabile – ha dichiarato Letta durante la conferenza con Calenda – che il Paese dopo Draghi passi al governo delle destre guidato da Giorgia Meloni. Dopo questa parentesi, l’Italia ha bisogno di una esperienza di governo che porti avanti programmi che hanno avuto grandi successi”.
Il primo ostacolo, intanto, è mettere insieme le diverse proposte . Il programma di Pd, Azione e +Europa, intanto, prevede un impegno a correggere il reddito di cittadinanza, il superbonus e a dare assoluta priorità all’approvazione di leggi in materia di diritti civili e Ius scholae. Su questi temi, almeno sulla carta, dovrebbero ritrovarsi sia la sinistra che i dimaiani. Diverso, invece, il discorso relativo all’energia. Se Calenda sarebbe disposto ad aprire a ogni forma di fonte pur di colmare il gap energetico dovuto al conflitto tra Russia e Ucraina, per la sinistra non c’è strada alternativa alle rinnovabili. Toccherà, quindi, sedersi presto a un tavolo per mettere fine nero su bianco a una proposta programmatica, che deve mettere insieme tutto e il contrario di tutto.


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