Politica

Il politologo Paolo Feltrin: “Meloni una sorpresa all’esteri, ma ora i nodi vanno al pettine”

di Ivano Tolettini -


Parla il politologo Paolo Feltrin “L’agenda cambiata per non cadere come Berlusconi
Salvini? Con Le Pen per affossare la maggioranza Ursula. Il pateracchio autonomia”

“Meloni in questo primo anno ha messo a frutto una dote che aveva in serbo e che le ha consentito di prolungare la luna di miele con gli italiani: parlare bene l’inglese. L’ha sfruttata in politica estera nei consessi internazionali”. Il politologo Franco Feltrin, professore di scienza dell’amministrazione e di analisi delle politiche pubbliche all’Università di Trieste, guarda all’esecutivo di centrodestra con realismo. “Un capo di governo nel XXI° secolo se non sa l’inglese – prosegue – non è un leader politico, dunque Meloni ne ha tratto giovamento nei rapporti internazionali”.

Ma adesso, lei sostiene, i nodi arrivano al pettine.
Ha vinto le elezioni cavalcando l’agenda popolare (meno tasse, più sicurezza, contrasto all’immigrazione, meno burocrazia e vincoli europei), ma governando si è resa conto che questi obiettivi non li ha raggiunti, anzi deve accordarsi con l’Europa per l’emergenza migranti e per i problemi di bilancio, quindi non ci sarà la riduzione delle tasse, perciò fa i conti con la complessità. Del resto, o Meloni accetta questa agenda di governo che è quella delle classi dirigenti, oppure la fanno fuori politicamente, com’è successo a Berlusconi. È sufficiente che lo spread impazzisca ed è chiuso l’argomento”.
I conti pubblici dettano l’agenda?
Non potrebbe essere diversamente per un paese indebitato come il nostro. Guardi che il cambio di agenda c’è stato. Questo provoca scontento popolare e lo rilevano i sondaggi che da metà di agosto mostrano per la prima volta il governo sotto nei consensi. Non ancora il premier, ma l’esecutivo ha una maggioranza di giudizi negativi. È il problema che hanno tutti quando si governa. Le Europee saranno la prima verifica della tenuta del consesso, contemporaneamente inizia quello che chiamo il ciclo di delusione.
Qualsiasi capo del governo non avrebbe alternative.
Certo, fosse anche Salvini, e questo lo si è visto bene con i predecessori. Salvini, dal suo punto di vista in maniera ovvia non essendo il capo del governo, tenta di fare la classica operazione del partito di lotta e di governo per riprendersi i voti. Tutti si strappano le vesti per le sue dichiarazioni, ma nei suoi panni perché non dovrebbe farlo? Anche quella sul condono. È l’unica scelta che ha per recuperare consenso. Verso le elezioni assisteremo a una competizione sempre più acuta Meloni-Salvini da destra, e sta facendo la sua parte anche Tajani dal centro, lo si è visto sugli extraprofitti bancari.
La tenuta del governo non sarà in discussione.
La resa dei conti sarà dopo il voto, prima nessuno ha interesse a farlo. Comunque, se cambiasse qualcosa alle Europee, c’è sempre la soluzione del rimpasto.
Salvini dovrebbe arrivare al 15% per modificare i rapporti di forza?
Non è detto. Se Lega e FI guadagnassero anche solo un punto in più e Meloni li perdesse, sarebbe già un risultato.
In quel caso si potrebbe andare anche a un Meloni 2?
Esatto, perché non ci sono alternative a questa maggioranza. Se le cose andassero malissimo ci sarebbero solo le urne.
Meloni che cosa dovrebbe fare?
Non faccio il suggeritore, anche perché è una professionista della politica. Quello che vedo è che sta cercando di ottenere due risultati giocando sullo scacchiere europeo per avere beneficio a livello nazionale. Se gli vanno bene le partite sui migranti e sulla rimodulazione del Pnrr, sul cui dossier lavora il ministro Fitto, visto che entrambe se le intesterebbe lei, obiettivamente può guardare con meno pessimismo alle europee. Il terzo risultato, che è in già in parte acquisito, è l’aumento del deficit.
Sforare il 4% col Patto di Stabilità
Se la leader di FdI ottiene questi tre risultati, che sono partite a livello europeo, terrà a bada gli alleati.
Per effetto del debito la politica economica da tempo passa dal rapporto con L’Europa.
Certo, ripeto, Meloni se riuscisse a portare a casa questi tre risultati potrebbe guardare con un certo ottimismo alle Europee.
Mentre Salvini.
Salvini con Le Pen gioca la scommessa. Se gli va diritta ottiene un risultato notevole. Come al solito è abituato a giocare a poker, a mettere tutto sul tavolo. La Meloni è più prudente. Se i risultati delle europee, che in base ai sondaggi che abbiamo non reputo, rendessero impossibile la maggioranza Ursula tra popolari- socialisti-liberali, pertanto obbligassero all’alleanza con i conservatori, sarebbe la vittoria di Salvini più che di Meloni. Non a caso ha portato la Le Pen a Pontida perché gioca su questa scommessa.
Ma la Le Pen non dovrebbe essere con Meloni?
È l’interessante nel gioco delle parti. Salvini poi cerca di logorare Meloni sul fronte interno. Con i temi dei condoni e degli immigrati prova a lavorarla ai fianchi dall’interno e sperare in un cambio completo di orizzonte europeo. Allora il grande vincitore sarebbe lui.
Anche Meloni però lo auspicherebbe un simile risultato.
Ma ci arriverebbe come seconda non come prima.
La questione dell’autonomia, tra l’altro lei è stato sentito in Commissione, e quella premierato sono destinate a slittare in vanti?
Che tutto sia destinato a slittare in avanti è certo. Che entro dicembre per l’autonomia si possa confezionare qualche pateracchio, com’è già stato fatto in passato – ce ne sono già stati tre o quattro sull’autonomia – è possibile, si tratterebbe però di una legge manifesto che di fatto produrrebbe poco o nulla. Così la Lega alle Europee al Nord potrebbe dire di avere ottenuto l’autonomia, mentre FdI al Sud potrebbe dire che è una legge che non cambia nulla, e ognuno potrebbe giocare la sua partita. In Veneto Zaia potrebbe dire di avere ottenuto una legge. Anche se pateracchio, ma potrebbe dirlo per galvanizzare la base. La mia impressione è che si vada verso questa direzione”.


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