Attualità

Il Ponte, quel “no” dell’Esercito trascurato da 38 anni

Un articolato parere negativo dal 1987 evidenziava il rischio di attacchi militari e terroristici

di Angelo Vitale -

Un rendering del progetto


Sarà pronto nel 2032, il più lungo del mondo, 9 euro per attraversarlo, tre fermate metro, il centrodestra esulta, il Pd attacca: il Ponte sullo Stretto ancora non c’è e continua tritamente a macinare progetti, rendering, annunci, polemiche. Dietro l’angolo i ricorsi, la rogna degli espropri ma pure un “no” grande quanto un macigno che viene messo da parte, quello dell’esercito. Forse trascurato perché ormai quasi quarantennale, ma pur sempre ancora “valido” visto che non è mai stato cancellato, rimodulato e rimane una ombra imbarazzante per un governo che ha assunto con decisione questo impegno.

Il Ponte? L’Esercito è contrario

Quello dell’Esercito è un no che non viaggia sui binari della protesta ideologica, ambientalistica, partitica ed è tutto “tecnico”.

Il parere negativo sull’idea del Ponte sullo Stretto di Messina espresso fu formalizzato in un articolo dettagliato pubblicato nel luglio-agosto 1987 sulla “Rivista Difesa” dal generale di corpo d’armata Gualtiero Corsini.

Nel suo intervento, il generale Corsini analizzava criticamente il progetto dal punto di vista della sicurezza e della difesa militare, indicando il ponte come una soluzione altamente vulnerabile e strategicamente pericolosa.

Corsini sosteneva che il ponte sarebbe stato un obiettivo militare molto facile da colpire in caso di guerra o attacchi terroristici, esponendolo a minacce da vettori navali, aerei e missilistici.

Inoltre, denunciava la scarsa considerazione data alle esigenze della difesa nel progetto, evidenziando come la struttura richiederebbe ingenti risorse per la sua protezione, inclusi sistemi di difesa antiaerea e antimissile, con costi aggiuntivi non preventivati.

Il ponte, per la sua importanza economica e simbolica, sarebbe stato un “obiettivo pagante” per un potenziale aggressore, con danni gravi e prolungati all’economia e alla navigazione nello Stretto. Corsini auspicava che si prendessero in seria considerazione anche le alternative, come i tunnel, che pure presentavano vulnerabilità ma in misura minore.

Ma ora è infrastruttura strategica militare

Paradossalmente, un “no” bypassato rapidamente dall’esecutivo. Dal 18 luglio l’opera è infatti “infrastruttura strategica militare”, la premier ne avrebbe parlato con Mark Rutte anche al vertice Nato del maggio scorso a Roma.

Una classificazione che serve ad evitare ritardi o contenziosi tecnici e comporta l’accesso a finanziamenti e risorse che possono rientrare anche nei parametri della spesa militare e della difesa.


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