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Il progressive rock di Gianni Leone: la musica delle forti emozioni

di Redazione -


Il rock “progressive” è sempre più vivo. Negli ultimi anni in Italia abbiamo assistito ad un rinnovato interesse per il “Prog”, contrazione di “Progressive rock”, come ha dimostrato l’intenso pubblico che ha reso omaggio ultimamente a due storiche band: gli inglesi Jethro Tull, che hanno suonato all’Auditorium Parco della Musica di Roma il 7 novembre, e l’italiano Banco del Mutuo Soccorso, che si è esibito lo scorso 1 novembre a Velletri (RM). 

Il progressive rock ha avuto la sua apoteosi negli anni ’70 ed è stato un fenomeno durato più o meno fino al ’78. Dopo un periodo di “apparente” disinteresse, dagli anni ’90, dopo movimentate vicissitudini, tra cui anche la morte di alcuni dei loro componenti, le più famose band europee di quel periodo sono tornate sulla scena rinnovando l’entusiasmo dei cultori di questo genere musicale. Questi musicisti, oggi settantenni, hanno ancora da regalare al loro pubblico una grossa dose di emozioni…..e non è solo nostalgia: è musica immortale, un fuoco che non si è mai spento. A questi concerti oggi partecipano padri e figli, tutti ugualmente appassionati.

Negli anni Settanta  in Italia si avvertiva un certo fermento musicale che portò alla nascita del “rock progressivo” (dall’inglese “progressive rock”): un rock nuovo, più articolato e decisamente più aggressivo del rock tradizionale. 

Nato in Inghilterra alla fine degli anni ’60, il “Prog” si è affermato in Italia superando non pochi ostacoli. Era necessario combattere contro la dominante mentalità operistico-lirica, tradizionalista e cantautorale, che ha rallentato per anni lo sviluppo della musica di matrice rock, anche e soprattutto per le colpevoli scelte discografiche e commerciali, basate su  ostinate preferenze melodiche, tipiche del gusto italiano. A parte la “Premiata Forneria Marconi” e il “Banco del Mutuo Soccorso”, che sono stati i due giganti del prog italiano, notissimi a livello mondiale, tanti altri complessi, dai nomi più fantasiosi (come era la moda del periodo), commercialmente poco sostenuti, hanno composto  musica eccellente contrassegnando un periodo di alta fertilità artistica. Per ricordarne i più noti: New Trolls, Orme, Balletto di Bronzo, Raccomandata con Ricevuta di Ritorno, Osanna, Agorà, Area, Arti e Mestieri, Rovescio della Medaglia, Delirium, Garybaldi, Quella Vecchia Locanda, Acqua Fragile, Aktuala, Biglietto per l’Inferno, Maxophone, Goblin, Opus Avantra, Uovo di Colombo, Il Volo, Ibis, Pierrot Lunaire, Osage Tribe, Museo Rosenbach, Alluminogeni, Locanda delle Fate.

Il Prog ha un particolare “stile” che lo contraddistingue, alla cui base c’è lo studio, la ricerca, la tecnica, l’espressività e l’emozione, come nella musica romantica. Le sue fonti classiche vanno dal ’700 al ’900. Era un tentativo di evadere da un’atmosfera di perbenismo di facciata che avvolgeva l’Italia di allora. 

Gianni Leone, negli anni ’70 tastierista del “Balletto di Bronzo” e solista ancora attivo sulle scene italiane ed internazionali con una sua band e con una rinnovata fertilità compositiva, così “svela” le origini e “gli scopi” del Prog, conoscenze necessarie per “comprendere, apprezzare e gustare” l’arte di un mondo musicale che forse non contesta più come una volta, ma che si è ulteriormente evoluto e che ha ancora tanto da raccontare.

“Negli anni ’70, ricorda Gianni Leone, per noi musicisti ‘nuovi’ era una sorta di sfida andare contro la nostra pur gloriosa tradizione melodica italiana – che sentivamo come un pesante fardello – e perciò tentammo di rompere gli schemi prestabiliti e cambiare le regole del gioco. I gruppi si incontravano ai festival e si confrontavano suonando in indiavolate jam sessions. In Italia, in quegli anni, il Prog era chiamato – chissà perché – ‘Pop italiano’. Ci fu un periodo ‘d’oro’ a cavallo tra il ’72 e il ’73 in cui suonavamo anche tre volte a settimana. Ricordo che una volta in Veneto suonammo, tra il sabato e la domenica, in quattro città diverse, due pomeriggi e due sere. Il nostro concerto era per il pubblico un’esperienza piuttosto shocking. Fin dal 1971, quindi da autentici pionieri delle mode che sarebbero arrivate negli anni successivi, ci presentavamo sul palco (ma eravamo così ogni giorno della nostra vita, anche a casa) vestiti in modo molto eccentrico ed oltraggioso (almeno così appariva agli occhi degli ‘altri’, per noi era normalissimo), come nessun altro gruppo osava fare. Io in particolare: con i miei lunghissimi capelli tinti di biondo, le mie calzamaglie, le pellicce di leopardo, il trucco, i collari e gli stivaloni sadomaso col tacco altissimo, le provocazioni… La musica, poi, mancava di qualsiasi ‘appiglio’ che potesse renderla più comprensibile: non era per niente orecchiabile, e noi facevamo in modo che dal vivo apparisse ancor più ostica, ancor più aggressiva… In fondo era il nostro modo di combattere: lo facevamo attraverso uno stile, una musica diversa da quella a cui praticamente tutti erano abituati… Magari un tentativo di ‘cambiare il sistema’ proprio a cominciare dalla musica, di cui facevamo letteralmente ‘saltare’ le regole, i suoni. Poteva essere un tentativo di evadere da un’atmosfera di perbenismo che avvolgeva l’Italia di allora: magari solo di facciata e, quindi, ancora più ipocrita.  Come tanti, anch’io ho pensato di ‘cambiare il mondo’ attraverso una serie di provocazioni; quando poi ti piove addosso musica come quella di Hendrix, Zappa e altri che le regole le stavano davvero cambiando, allora è una conferma che la musica è il tuo ‘canale di ribellione’ privilegiato, con tutto quello che le ‘girava’ intorno. Il discorso valeva anche per chi veniva a sentirci: ricordo che a volte suonavamo di fronte a un pubblico di ragazzi immersi in un’unica, densa nube di fumo di hashish (e non solo), che ascoltavano la nostra musica come fossero in trance…Non erano ancora gli anni delle contestazioni, della ‘musica gratis per tutti’, degli scontri con la polizia…”

Il Balletto di Bronzo, nel quale Gianni è uno dei principali “pilastri”, che aveva già realizzato per la RCA l’album “Sirio 2222” e un paio di 45 giri con la formazione Stinga-Ajello – Cecioni – Cupaiuolo – due formazioni che nelle biografie vengono normalmente considerate quasi come due gruppi distinti e separati: quella di “Sirio 2222” di rock melodico in stile anglosassone e quella di “YS”, decisamente PROG – assume nel 1970, la formazione Giancarlo Stinga, Lino Ajello, Vito Manzari e Gianni Leone che proveniva dal gruppo Città Frontale, nucleo originario degli Osanna. Il “Balletto” pubblica nel 1972 l’album “Ys”, basato su una affascinante storia medievale celtica dal carattere cupo e misterioso.  Già in quest’opera emergeva il particolare talento di Gianni Leone, che alle prese con le sue innovative  tastiere, creava  fantastiche suggestioni . Il gruppo si scioglie nel 1973 e l’istrionico Gianni, continua la sua attività come tastierista solista componendo e arrangiando musica sua. 

Nel 1976, Gianni Leone, dopo un periodo trascorso tra Roma, Londra e New York, pubblica  “Vero”,  il suo primo album da solista con il nuovo nome LeoNero. Tra il 1979 e il 1980 LeoNero è a Hollywood, nel pieno della new wave di Los Angeles, e compone parte delle musiche per un video degli Screamers. Qui, fra la competitività spietata dello show-business più sgargiante del mondo e l’afflato positivista ed avveniristico della California – “terra promessa”-  vedono la luce il 45 giri “Strada / Piangi con me” e l’album “Monitor”, che ha in sé i semi del “Nuovo Mondo” di LeoNero: persone psichicamente libere, forti e indipendenti, singole e non sole, padrone e non schiave della tecnologia e della loro vita.  In Italia, tra il 1981 e il 1982 pubblica il 45 giri “Indossa il mio colore / Stanchiamoci insieme”, in cui LeoNero figura come arrangiatore, musicista, cantante e produttore.

Nel  1984 LeoNero raggiunge a Stoccolma i vecchi compagni del “Balletto di Bronzo”, i quali, ormai naturalizzati svedesi, hanno abbandonato l’attività concertistica e hanno un loro studio di registrazione – l’Hulman- che è punto di riferimento della più creativa scena musicale svedese.  Qui LeoNero registra alcuni brani destinati alla sua produzione solistica. 

Nel 1987 Gianni torna a Roma e riprende il suo nome, passando da LeoNero a Gianni Leone, e registra brani inediti. Dal 1990 al 1993 si esibisce in Svezia e a Roma come solista voce/tastiere, alternando canzoni sue a brani di artisti stranieri, in una intensa attività concertistica, accompagnato da un bassista e un batterista. Nel ’93 fa pubblicare un CD con due provini inediti di “YS”  cantati in inglese e risalenti al 1971 – fino ad allora inutilizzati – che viene distribuito in tutto il mondo. Nel 1995 riforma il “Balletto di Bronzo” in versione trio. Questa formazione è attiva fino al ‘97, anno in cui il nuovo organico del gruppo vede Riccardo Spilli alla batteria ed Alessandro Corsi al basso. Nel ’99 viene pubblicato il cd Trys. Dal 2000 al 2016 Il Balletto di Bronzo suona negli US,  in Messico, in Brasile, in Francia, in Cile e in Giappone e Corea, esibendosi anche come gruppo spalla della Carl Palmer Band, dei Porcupine Tree e degli Ozric Tentacles.  

Dal 2010 al 2019 Gianni tiene concerti da solista e col “Balletto di Bronzo” e si esibisce anche con gli Osanna e David Jackson (sassofonista dei Van Der Graaf Generator) in Italia (a Roma al Prog Exhibition Festival) e all’estero.

Iolanda Dolce  


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