Il punto di vista – “Giornalismo Barbaro” (di Carlo Giovanardi)
Il punto di vista – “Giornalismo Barbaro” (di Carlo Giovanardi) – Repubblica di domenica ha messo in prima pagina le foto del senatore Giulio Andreotti e del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa con il titolo virgolettato “Andreotti voleva Dalla Chiesa morto”, affermazione attribuita dal giornalista Lirio Abbate alla figlia di Dalla Chiesa, la deputata di Forza Italia Rita Dalla Chiesa. Nell’articolo addirittura si attribuisce alla Dalla Chiesa il ricordo di una misteriosa minaccia sempre attribuita ad Andreotti: “Disse a mio padre che chi si metteva contro la sua corrente era un uomo morto”. Premetto che sono stato deputato Dc ma mai andreottiano, anzi ho sempre espresso dissenso per tante sue posizioni, per esempio sulla politica estera. Ma avendo poi a lungo frequentato come collega il senatore Andreotti, quando sono andato a verificare nella trasmissione Rai Tango quanto detto, o non detto, da Dalla Chiesa, sono trasecolato nel constatare che si sono interpretati dei silenzi dell’onorevole e che nessun nome era stato fatto.
Con l’aggiunta fatta dalla Della Chiesa, ma sempre senza nomi, che qualcuno avrebbe detto a suo tempo al generale che chi si metteva contro alla sua corrente “è sempre tornato praticamente in una bara”. Di questa frase, attribuita ad Andreotti, non c’è traccia da nessuna parte, mentre domenica Stefano Andreotti, figlio di Giulio, ha ricordato lo scambio (vero) di lettere tra suo padre e Dalla Chiesa, di tutt’altro tenore di quello sostenuto da Abbate, anzi colme di apprezzamenti reciproci per il rispettivo impegno civile nel combattere la criminalità.
È stato proprio Andreotti infatti ad introdurre nel nostro ordinamento le più rigorose norme antimafia e nel suo processo furono proprio i giudici di appello a riconoscere “un progressivo ed autentico impegno nella lotta contro la mafia, che ha in definitiva compromesso la incolumità dei suoi amici e persino messo a repentaglio quella sua e dei suoi familiari”. Tutto questo accade 42 anni dopo lo spietato omicidio di Dalla Chiesa e della moglie, martiri della lotta alla mafia, e 11 anni dopo la morte dello statista democristiano. Ripeto qua la mia denuncia pubblica di un modo barbaro di fare giornalismo, costruito sulla pelle di chi non si può più difendere e sempre rivolto ad infangare quella che è stata la grande storia della Democrazia Cristiana.
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