Politica

PRIMA PAGINA-Il rebus dell’Ursula bis. Le opzioni della Meloni

di Giuseppe Ariola -

Giorgia Meloni e Antonio Tajani


Da ieri a Bruxelles sono iniziate delle giornate decisamente roventi. Non certo a causa delle condizioni meteo, ma per il giro di riunioni, vertici, e incontri bilaterali che hanno preso ufficialmente il via a una settimana dalle elezioni europee e appena terminato l’appuntamento del G7 a Borgo Egnazia. I principali alberghi della città simbolo delle istituzioni europee hanno visto un andirivieni di leader dei paesi comunitari e di esponenti di spicco dei maggiori partiti rappresentati all’Europarlamento. Sono entrati, dunque, nel vivo i giochi per l’individuazione dei candidati per le caselle chiave dell’Unione nei prossimi cinque anni. I due appuntamenti più importanti di ieri sono senz’altro stati l’incontro tra i vertici del Ppe, a cui ha preso parte anche Ursula von der Leyen ricandidata dei popolari per un secondo mandato alla guida della Commissione Ue, e la cena informale tra i capi di Stato e di governo. Ma per tutta la giornata si sono susseguiti anche i faccia a faccia tra i leader delle delegazioni dei vari gruppi al Parlamento europeo o di quelle che non hanno ancora sciolto le riserve in merito alla loro collocazione. Il caso più eclatante è quello di Fidesz, il partito del premier ungherese Viktor Orban che non fa più parte del Ppe e ai cui undici seggi guardano con grande attenzione i Conservatori e riformisti europei guidati da Giorgia Meloni. Non a caso, la premier italiana ha incontrato l’omologo ungherese all’hotel Amigo, dove ha avuto un colloquio anche con l’ex premier polacco Mateusz Morawieck e con Johan van Overtveldt, europarlamentare del partito sovranista Nuova Alleanza Fiamminga, prima di essere ricevuta all’Europa Building dal presidente del Consiglio europeo Charles Michel.

A tenere banco su tutto resta comunque la discussione che ruota attorno a un von der Leyen bis che secondo diversi esponenti dell’Ecr e di altri partiti di destra non è poi così scontato, a differenza di quanto invece pensa il Ppe che appare più concentrato sul dibattito in merito alle alleanze. Il vicepresidente Antonio Tajani, dopo aver rilanciato la vicepresidenza della Commissione per l’Italia, non ha mancato di porre la questione anche in questo primo vertice ufficiale, ritenendo “che non si possano chiudere le porte ai conservatori perché una realtà così variegata come il Parlamento europeo non può chiudersi in una maggioranza a tre”, laddove i “tre” sarebbero popolari, socialisti e liberali, insomma, quella ‘maggioranza Ursula’ a cui appare difficile possa unirsi anche l’Ecr. Sulla questione i socialisti hanno addirittura chiuso ogni eventualità ribadendo che “non negozieremo mai con Ecr, né Id. Questa è la posizione di S&D. Il nostro voto a Ursula von der Leyen non è un assegno in bianco. Noi difendiamo le nostre priorità politiche e il nostro voto al presidente della Commissione, chiunque sia, dipenderà da questo”. Eppure, sembra che un tentativo di coinvolgere in particolare Giorgia Meloni sia stato fatto dalla stessa presidente uscente della Commissione Ue, così da blindarsi. I rumors arrivano finanche a sostenere un’indiscrezione riportata da Politico.Ue secondo la quale ci sarebbe stato un ritardo voluto nella pubblicazione del report sullo stato di diritto nei ventisette paesi Ue che conterrebbe alcune alert sulla libertà dei media in Italia. Accuse rispedita al mittente da un portavoce della Commissione che ha ricordato come il dossier venga solitamente pubblicato a luglio.  

Tornando alle alleanze, il liberale Mark Rutte, premier olandese, pur guardando favorevolmente a un nuovo esecutivo Ue a guida Ursula von der Leyen, non manca di sottolineare che sul tavolo “c’è la questione dell’intero pacchetto” che comprende la presidenza del Consiglio, quella del Parlamento e l’Alto Rappresentante, che sarà rivendicato dai liberali per la prima ministra estone Kaja Kallas in cambio del via libera alla riconferma di Roberta Metsola, sempre in quota Ppe. L’accordo di massima, inoltre, dovrebbe traghettare il socialista portoghese Antonio Costa a succedere a Charles Michel, eventualità che però fa storcere il naso allo stesso Ppe che tiene le fila delle trattative.


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