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IL RIGASSIFICATORE DELLA DISCORDIA

di Angelo Vitale -


Con quale determinazione e consapevolezza l’Italia vuole costituire il suo portafoglio energetico per farci al più presto indipendenti dalle dinamiche del mercato e dai conflitti, come quello russo-ucraino, che le condizionano? Domanda d’obbligo, nel raccontare una vicenda ritornata in primo piano. Si tratta del deposito Small Scale di Gas Naturale Liquefatto (GNL) nella Darsena Petroli del Porto di Napoli. Uno dei primi in Italia e nel Mediterraneo, un progetto congiunto di Edison e Q8 per rendere “facilmente disponibile il GNL come combustibile marittimo e terrestre in tutta l’area del Tirreno Centro-Meridionale e consentire al Porto di Napoli di costituire un polo di attrazione preferenziale per i traffici dei mezzi navali a minore impatto ambientale”. Così raccontava una nota stampa dell’ottobre 2020, che considerava l’opera “parte integrante di un piano che prevede la creazione della prima catena logistica di GNL del Paese per rendere sostenibile il trasporto pesante, marittimo e su gomma”. Un’opera strategica, ma finora rimasta al palo. Venerdì – lo ha scritto per primo Andrea Moizo su Shipping Italy – verrà esaminata alle ore 17: è al terzo punto dei progetti all’ordine del giorno della Commissione Tecnica di Verifica dell’Impatto Ambientale del ministero dell’Ambiente.

 

Ora c’è da vedere se questa Commissione, un organo legato all’attuazione dei progetti del Pnrr, darà il via libera all’iniziativa. La quale, fin dal suo annuncio, è stata avversata dall’intero territorio. “Una bomba ecologica”: così l’ha chiamata “Il Mattino”. Ancora troppo forte a Napoli il ricordo di una tragedia che costò 5 morti e 100 miliardi delle vecchie lire. Il 21 dicembre del 1985 nel deposito Agip presso il porto industriale, nella zona di San Giovanni a Teduccio, esplosero 25 serbatoi mentre si svolgevano le operazioni di scarico della petroliera Gela. L’incendio durò giorni e sfiorò anche la Ferrovia Circumvesuviana e la Stazione Centrale, oltre a far crollare alcune delle tante palazzine adiacenti. La nube che ne nacque era lunga 3 chilometri e la tragedia diede il via alla delocalizzazione di parte delle raffinerie. Solo nel 1999, la classificazione di Napoli Est come Sito di interesse nazionale, ove le bonifiche – lo denunciano da anni i media locali – non sono mai avvenute.

 

Una ferita che è difficile dimenticare. Perciò il territorio dal 2020 ha risposto no all’impianto di Edison e Q8, ora riproposto nell’agenda del Mase. Dopo un primo ok all’opera da parte del precedente presidente Pietro Spirito, l’articolato no del vertice attuale dell’Autorità di Sistema Portuale del Tirreno Centrale, Andrea Annunziata. A L’identità dice “Non devo aggiungere altro a quanto già svolto, in comune accordo con gli enti del territorio (Comune e Regione, ndr) e con le opinioni espresse dalla comunità locale. L’Autorità lo ha ribadito nel suo Documento di Pianificazione Strategica inviato al Mase”. E, in risposta a quanto Edison e Q8 sostengono, circa l’indispensabilità che porti core come quello di Napoli si dotino secondo le norme Ue di infrastrutture per consentire il buncheraggio marittimo con GNL, dice: “Faremo con le bettoline, come già fa Genova”.

Venerdì la decisione. Edison e Q8 non commentano. Dopo aver chiarito che l’impianto può avere il via libera dal Mase, non essendo il GNL un prodotto petrolifero. Questa, la possibile svolta. Ma resta la domanda iniziale. Davvero il nostro Paese non deve avere un piano unitario pubblico coniugato alle proposte degli operatori privati?

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