Il ritorno di D’Alema a Montecitorio: il sequel che nessuno ha chiesto
Il rispetto si concede, ma la memoria non perdona la sua saggezza tardiva.
Massimo D’Alema è riapparso alla Camera per presentare la sua rivista Italianieuropei. Non un evento politico, ma un esercizio di nostalgia. La scena ricorda più un vecchio attore che torna sul palco per ribadire che esiste ancora, che un leader capace di incidere sul presente.
Ha dichiarato di non voler dare direttive né partecipare alle primarie, limitandosi a fornire idee. Una posizione che suona come saggezza tardiva, ma che stride con la memoria di decenni in cui le direttive erano la sua cifra. Oggi si presenta come osservatore esterno, ma il passato pesa più delle parole nuove.
Le frasi che si ritorcono
Sul caso della barca di Fico ha parlato di “limite alla miseria umana, intellettuale e morale”. Una battuta efficace, che però si ritorce: la memoria collettiva non dimentica quante volte la politica italiana abbia navigato in acque torbideproprio sotto la sua influenza.
Il paragone con Mamdani e la democrazia censitaria è suggestivo, ma arriva fuori tempo massimo. Quando toccava a lui, le fasce marginali non furono mobilitate, bensì lasciate ai margini. Oggi la visione appare nitida, ma la memoria impedisce di applaudire.
Più che un ritorno, un promemoria
Il ritorno di D’Alema alla Camera non è scandalo né trionfo, ma un promemoria. Non per mancanza di rispetto, ma per eccesso di memoria. Perché ogni volta che un vecchio protagonista rientra in scena, porta con sé non solo parole nuove, ma soprattutto il peso di ciò che non ha fatto e di ciò che ha impedito agli altri di fare.
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