Cronaca

IL RITORNO DI UNABOMBER

di Ivano Tolettini -

Ordigno


A volte ritornano. Dieci indagati noti, cui se ne aggiunge uno, originario del Cagliaritano trapiantato in Friuli, finora sconosciuto. Undici personaggi catapultati sotto i riflettori mediatici nel tentativo della magistratura, sebbene sia trascorso molto tempo, di dare un nome e un volto a Unabomber. Loro malgrado gli undici sotto inchiesta sono sufficienti per rinnovare una tormentata vicenda di cronaca nera di cui finora l’autorità giudiziaria non è riuscita a venire a capo. Essi si ritrovano sulla scomodissima graticola giudiziaria da innocenti per un’esigenza investigativa, come il prelievo del loro Dna per compararlo con le tracce organiche trovate su dieci reperti, che difficilmente cambierà la traiettoria di uno dei casi più controversi della storia giudiziaria italiana tra la fine del secondo millennio e l’inizio del terzo. Poco meno di quindici anni e mezzo dopo l’ultima “azione” criminale, una bottiglietta trasformata in ordigno pronta ad esplodere a Zoppola, in provincia di Pordenone, il 28 ottobre 2007, e tredici anni dopo l’archiviazione del fascicolo a carico dell’ingegnere Elvo Zornitta, la procura di Trieste ha formalmente riaperto il caso di Unabomber. L’inafferrabile (o gli inafferrabili) dinamitardo che a partire dal 1994, e per ben 29 volte nell’arco di tredici anni, aveva lasciato dietro di sé una scia di attentati che avevano ferito più o meno gravemente numerose persone a cavallo di Veneto e Friuli Venezia Giulia.

ORDINANZA

Il gip Luigi Dainotti accogliendo la richiesta firmata dal procuratore capo di Trieste, Antonio De Nicolo, e del sostituto Federico Frezza, che avevano riaperto il fascicolo su istanza di due delle parti offese, Francesca Girardi e Greta Momesso, ha fissato l’incidente probatorio per “acquisire i profili genetici di Luigi Benedetti, Claudio Bullocchi, Angelo La Sala, Cristiano Martelli, Giovanni Fausto Muccin, Galliano Zornitta e Luigi Pilloni”. Quest’ultimo è il nome nuovo che finisce nell’elenco dei sospettati. I reati per i quali la procura giuliana indaga sono di attentato per finalità terroristiche o strage con l’aggravante dell’associazione con finalità di terrorismo. Degli altri quattro indagati, Lorenzo Benedetti, Dario Bullocchi, Luigi Favretto ed Elvo Zornitta gli inquirenti posseggono già il Dna. Lo stesso giudice per le indagini preliminari si cautela scrivendo nell’ordinanza che “va qui chiarito che al momento non sono stati acquisiti a carico degli stessi indagati elementi più significativi e che la loro menzione in questa sede deriva soltanto dall’esigenza di evitare possibili future prospettazioni di nullità o inutilizzabilità dei risultati dell’incidente probatorio richiesto”.

LA SCIA DEGLI ATTENTATI

Il misterioso bombarolo sale in cattedra il 21 agosto 1994 a Sacile e da quel momento si muove sull’asse Pordenone, Portogruaro e Lignano Sabbiadoro senza mai commettere apparenti errori. Più persone sono finite sotto inchiesta, hanno indagato quattro procure del Nordest, ma senza che ci fosse mai l’auspicata svolta Nel 2004 quando finì nel mirino dei carabinieri l’ingegnere Zornitta gli investigatori pensarono di essere sulla pista buona. Tanto più che all’esito di un primo incidente probatorio venne accertata la compatibilità tra le lame di un paio di forbici sequestrate in casa dell’indagato di Azzano Decimo e i tagli sul lamierino dell’ordigno rinvenuto nella chiesa di Sant’Agnese a Portogruaro. Ma l’avvocato Maurizio Paniz grazie a una consulenza di parte dimostrò che il perito Ezio Zernar, poliziotto in servizio a Venezia, aveva manomesso con le forbici sequestrate a Zornitta un lamierino trovato in un oggetto inesploso attribuito a Unabomber per incastrarlo.

CASSAZIONE E DANNI

Nel 2014 la Cassazione respingendo il ricorso di Zernar ha reso definitiva la condanna a 2 anni di reclusione per frode processuale e alterazione di corpo di reato, riconoscendo un risarcimento di 100 mila euro a favore di Zornitta. Ma il poliziotto si era cautelato mettendo al sicuro i propri beni con “la stessa straordinaria abilità”, osserva l’avvocato Paniz, con cui aveva manomesso la prova e non finora ha versato un euro. Il legale, poi, nei mesi scorsi ha ottenuto dal tribunale la condanna dello Stato a risarcire all’ingegnere Zornitta 300 mila euro, ma sia il professionista che l’amministrazione statale hanno proposto appello per differenti motivi. Paniz perché il suo cliente ha ricevuto poco rispetto ai danni sofferti a causa dell’inchiesta durata cinque anni, mentre lo Stato ritiene che il quantum sia esagerato. “Ho sollecitato il risarcimento dei gravi danni per l’inadempienza dell’amministrazione statale – spiega il legale a L’Identità – perché in qualità di dipendente del ministero degli Interni Zernar ha tradito il suo mandato giudiziario alterando la prova che per anni ha fatto indagare Zornitta da innocente con un’accusa infamante, stravolgendogli la vita”.

VERITÀ

L’avv. Paniz è sempre stato chiaro: “Ho sempre auspicato che le indagini proseguissero per l’accertamento della verità per perseguire il colpevole o i colpevoli, sia come cittadino che come legale di Zornitta. Tenuto conto del tempo passato, però, provo tristezza per le persone che ora sono esposte mediaticamente”.

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