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Attualità

Il ruolo centrale dei Comuni nel welfare locale

di Marco Montini -


In Italia, i Comuni rappresentano il primo presidio istituzionale di prossimità per i cittadini, specialmente per coloro che si trovano in condizioni di fragilità sociale. Attraverso i servizi sociali e socio-educativi, gli enti locali svolgono un compito fondamentale nella promozione dell’inclusione, nel contrasto alla povertà e nella tutela dei diritti delle fasce più vulnerabili della popolazione: minori, anziani, disabili, famiglie in difficoltà. Tuttavia, il rapporto tra Comuni e questi servizi non è privo di criticità.

I dati

Quale è la situazione nel nostro paese? E’ l’Istat a rivelarlo con una nuova indagine, pubblicata pochi giorni fa e relativa al 2022, anno in cui i Comuni hanno impegnato per i servizi sociali e socio-educativi 10,9 miliardi di euro, di cui 812 milioni rimborsati dalla contribuzione a carico degli utenti e 1,2 miliardi finanziati dal Servizio Sanitario Nazionale. La spesa (8,9 miliardi al netto delle suddette compartecipazioni) aumenta, a prezzi correnti, del 5,8% rispetto all’anno precedente. In rapporto al Pil, la spesa dei Comuni per il welfare territoriale rappresenta lo 0,46%, quota stabile rispetto al 2021. La spesa media pro-capite è di 150 euro all’anno, con ampi divari tra le aree del Paese: da 78 euro al Sud a 207 euro nel Nord-est.

Le disuguaglianze tra i vari Comuni

Questi numeri dunque dimostrano quanto siano grandi le disuguaglianze territoriali nella spesa per servizi sociali. Significativa l’eterogeneità dell’offerta anche rispetto alla dimensione demografica dei Comuni: la spesa media pro-capite è decisamente più alta nelle città con più di 50mila abitanti (196 euro), mentre si mantiene sotto la media nazionale per i Comuni più piccoli. Interessanti sono pure i dati sulla provenienza delle risorse. Oltre la metà della spesa per i servizi sociali e socio-educativi per la prima infanzia è finanziata dalle risorse proprie dei Comuni (50,2%) o delle loro forme associative (6,1%). Fra le altre fonti di finanziamento, la più rilevante è rappresentata dai fondi regionali vincolati per le politiche sociali (fondi provinciali nel caso di province autonome), che coprono il 17,9% della spesa. In aumento la quota finanziata dai fondi vincolati statali o della Ue, passata dal 2,7% del 2012 al 13,1% del 2022, mentre è diminuita, dal 69,3% al 56,3%, quella finanziata con risorse proprie di Comuni ed Enti associativi; stabile, all’8%, la quota finanziata dal fondo indistinto per le politiche sociali. Infine, la parte finanziata da altri enti pubblici rappresenta il 3,6% e quella finanziata dal settore privato appena l’1,1%.

Tra finanziamenti e speranze

A proposito di fondi, la Consigliera regionale del Lazio, Eleonora Mattia sottolinea: “Nei prossimi anni sarà cruciale rifinanziare adeguatamente il Fondo per le politiche sociali. Le famiglie, unico vero welfare in Italia, sono allo stremo. Servono interventi strutturali e permanenti, che vadano oltre reddito e lavoro, offrendo presa in carico, relazioni significative e inclusione sociale e lavorativa. Si è abbandonata la legge 328/2000 e si è diffusa l’idea distorta che il sociale sia spreco o assistenzialismo, contrapponendo diritti e carità, pubblico e volontariato. È un errore grave. Basta elemosine: serve un welfare pubblico forte, integrato con quello aziendale e filantropico.

Opinioni a confronto

A vent’anni dai Piani di zona, vanno promossi “Patti territoriali per il benessere sociale” che coinvolgano tutti gli attori, in un dialogo stabile e coordinato. Solo così il welfare pubblico potrà essere davvero efficace, lungimirante e all’altezza delle sfide del presente”, conclude la Mattia. Mentre Luca Andreassi, vicesindaco di Albano Laziale, commenta: “Il report conferma le persistenti difficoltà del welfare territoriale, che continua a rivestire un ruolo marginale rispetto alla spesa sociale erogata dallo Stato attraverso trasferimenti monetari. Questa debolezza strutturale dei servizi locali rappresenta un limite significativo, poiché il loro potenziamento potrebbe incidere in modo molto positivo sulla qualità della vita delle persone e delle famiglie, con costi complessivamente sostenibili.

Il divario tra Nord e Sud

La situazione appare particolarmente critica nelle regioni del Sud, dove il divario è ancora più marcato. Nonostante ciò – continua Andreassi -, negli ultimi anni si registra un aumento della spesa destinata ai servizi sociali e, in generale, un progressivo miglioramento del sistema. Un cambio di passo si è avuto soprattutto nell’ultimo decennio, da quando i fondi nazionali (FNPS e FNA) sono stati resi strutturali e, con l’introduzione del Fondo Povertà – Quota servizi, si è avviato un primo salto di qualità, anche grazie alle norme che hanno facilitato l’assunzione degli assistenti sociali. Permangono tuttavia numerose criticità, in particolare sul fronte della non autosufficienza. La nuova legge in materia è ancora lontana dall’essere pienamente applicata e risulta priva di adeguate risorse. In un Paese in cui la popolazione anziana cresce in modo vertiginoso, resta ancora poco chiaro l’impatto reale di questo fenomeno sulle famiglie. La realtà, tuttavia, costringerà presto a scelte inevitabili”.


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