Attualità

Il SENSO DEL PRESEPE

di Redazione -

IL PRESEPE NELLA PRESIDENZA DELLA REGIONE SICILIA


Ho fatto il presepe. L’ho fatto in una sera buia di luci e di spirito. Una di quelle sere che chiudono una giornata non troppo positiva. 

L’ho fatto di getto. Con quello che avevo. Con i pastori antichi di decenni e la grotta costruita dai miei figli quando erano ancora piccini.  L’ho fatto allestendolo, intorno alla scena, con una carta di stelle e di cielo, costruendo le montagne con i giornali vecchi di giorni, strappati alla rinfusa, modellati con le mani bagnate d’acqua, per farli divenire montagne e colline, incollate su un piano con la vecchia coccoina.  L’ho fatto abbandonando le ansie e i pensieri scuri, lasciandomi portare lontano da essi dai volti sereni dei pastori, dalle mani tese in offerta delle donne e degli uomini semplici, dagli sguardi colmi di meraviglia dei bambini, dalle luci tenue che escono dalle case, dove la frugalità del pasto si coniuga con la parola cercata per unire, per aiutare, per credere, e dal silenzio che avvolgeva quella piccola e malconcia grotta.  L’ho fatto guardando Maria e Giuseppe. Pensando al loro sacrificio, alle loro paure, alla loro umiltà, al loro coraggio, alla loro gioia intensa, al loro amore.  L’ho fatto prendendo in mano quel Corpicino mezzo ignudo che aspira al mondo, perché il mondo capisca, si comprenda, si ritrovi, e speri. L’ho fatto per rabbia. Perché tutto sembra perdersi nel nulla. Tutto corre all’impazzata verso un Natale che non è più Natale, calpestando quanto c’è intorno, e più ancora, quanto c’è dentro di noi. L’ho finito tardi il mio presepe. Quando il mondo sbandato s’era acquietato, affrancato dai rumori e dalle lotte, dalle ansie e dalle miserie. E un mondo nuovo e rinfrancato governa il momento, riempendolo di propositi e sogni. E il tempo appare immobile, fermo come quella scena che da millenni si ripete davanti al bue e all’asinello, alla Madonna e a Giuseppe. Davanti a Lui. Anche il mio tempo è cambiato. La rabbia s’è fatta tenerezza, commozione, pianto. E il mio volto, che incontro con lo sguardo nello spicchio di lago di carta stagnola che anticipa la scena della natività, appare sereno. Un rivolo di vento s’appressa nella stanza. E’ un soffio lieve d’aria nuova, pulita, rigenerante.  La notte sta finendo e lentamente s’avvicina il giorno. Ma è un giorno diverso. E’ un giorno più semplice e vero. E’ un giorno magico. 

Romolo Paradiso


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