Ambiente

IL SINODO PER L’AMAZZONIA, LA PIÙ GRANDE FORESTA DEL MONDO

di Redazione -


 

Per comprendere fino in fondo il non sempre facile rapporto tra gli uomini e la natura, che ormai a parecchi sembra essere in pericolo grave, per non dire addirittura lasciato al proprio destino, è bene rifarsi a quella “ecologia integrale” di cui parla l’enciclica “Laudato” sì, pubblicata il 2015, attualissima e non a caso ripresa dal Sinodo dei vescovi per l’Amazzonia, svoltosi a Roma dal 6 al 27 ottobre scorso, all’insegna dell’universalità e con il titolo “Amazzonia: nuovi cammini per la Chiesa e per una ecologia integrale”. L’obiettivo – come ha tenuto a sottolineare lo stesso Pontefice – è quello di “individuare nuove strade per l’evangelizzazione di quella porzione del popolo di Dio, specialmente degli indigeni, spesso dimenticati e senza la prospettiva di un avvenire sereno, anche a causa della crisi della foresta amazzonica, polmone di capitale importanza per il nostro pianeta”. 

Tema quanto mai attuale e ricorrente, quello dell’ambiente nel dibattito internazionale, che ci riguarda direttamente e che stava già a cuore del Papa emerito Ratzinger, e che ora viene ripreso con mirabile sensibilità d’animo dall’attuale Pontefice che fin dal momento della sua elezione, prendendo il nome di Francesco – come il poverello di Assisi che lodava Dio creatore per “sora nostra madre Terra”- ha fatto chiaramente intendere di studiare un piano per tutelare – attraverso azioni mirate – l’ambiente come “casa comune” dell’umanità, finalizzato anche a scoprire la bellezza e la cultura di terre lontane, come l’Amazzonia, regione rurale del Sudamerica soggetta a sfruttamenti frequenti e a crisi paurose, dove l’economia dipende quasi interamente dall’agricoltura, ma che ha un ruolo fondamentale nel più vasto panorama globale. Le statistiche la mettono al primo posto in fatto di risorse naturali, dicono di risorse minerarie notevoli (petrolio, rame, uranio, oro e non solo), di un vasto patrimonio storico e naturalistico rappresentato anche da rarità, da un’infinita varietà di simboli da ammirare nella mostra ai Musei vaticani, inaugurata dal Papa, e allestita con maestria proprio per dare rilievo al raduno sinodale. Unici gli oltre cento pezzi esposti, alcuni realizzati in corteccia d’albero, (cesti, piroghe, utensili, sculture, cappelli di piume colorate) provenienti dall’interno della regione, che si uniscono a filmati e immagini attinenti alla vita d’ogni giorno. Sono qui a raccontare della foresta maestosa e selvaggia, dove si annidano gli uccelli, le meraviglie del mare, ricco di vita, e del vecchio fiume, ondulato e freschissimo di acque. Ecco paesaggi sempreverdi e dal profumo penetrante, luoghi cristianizzati e popoli perseguiti. 

L’occasione è speciale: il Sinodo, di cui è stato relatore ufficiale il cardinale brasiliano Claudio Hummes, ha visto coinvolti diversi rappresentanti delle popolazioni indigene, alcuni in abiti tradizionali, economisti, esperti di temi ambientali, climatologi e ricercatori di varie nazionalità. Non potevano mancare, visto il tema di fondo, missionari, religiose e religiosi, laici che hanno portato la fede cristiana in quei villaggi remoti e che spesso si sono schierati in difesa di quei popoli. In tanti hanno lottato contro lo sfruttamento dell’immensa foresta equatoriale, ormai devastata in gran parte da gente non sempre amica della natura, e magari hanno pagato di persona per un futuro più giusto e sostenibile. 

Una terra, l’Amazzonia, dove l’industria stenta a nascere, forse poco conosciuta ma non dimenticata, quanto mai vicina e culturalmente presente. Dei suoi popoli e delle sue antiche culture e tradizioni si è occupato ampiamente il Sinodo, a dimostrazione di quanto quella “periferia” del mondo, con mille difficoltà e problemi, ci riguardi e riguardi in particolare i cambiamenti climatici cui stiamo assistendo, ma anche i nuovi itinerari di fede e stili di vita per tutta la chiesa amazzonica. A tutti il Papa vuol dire semplicemente che l’Amazzonia non è lontana e che la chiesa, unita insieme per la casa comune, comincia a domandarsi con sempre maggiore insistenza cosa sta avvenendo in questa terra sempre più disconnessa dal resto del mondo, maltrattata ingiustamente, ma che si conferma cristiana. E prova a chiarire il suo pensiero, allargando lo sguardo là dove la fertilità è più prodigiosa e il raccolto più ricco. Il timore è che i danni economici causati dal surriscaldamento globale, con temperature da record o estremamente elevate, possano mettere a rischio la sopravvivenza in tanta parte del mondo: gravi siccità, raccolti dimezzati, flussi d’acqua ridotti e bacini prosciugati, frazionamento energetico, incendi devastanti, lasceranno il segno e milioni di persone, tra cui gli indigeni, entro breve tempo, moriranno per mancanza di pane e di acqua. Più esposti e a risentirne saranno tantissimi bambini vittime innocenti di malattie anche mortali come il morbillo, diverse specie di animali e di piante utili e preziose, vulnerabili ai mutamenti dovuti al clima, una delle più grandi minacce per la salute del pianeta, avvertono gli esperti. 

Appare dunque evidente la volontà della chiesa di recepire situazioni insostenibili di precarietà e di esclusione, con enormi ricadute occupazionali, che diventano scandalo e umiliano la dignità: dal grido che si alza dalla densa foresta in fiamme, al grido di dolore che sale dalle piccole comunità impoverite, sfruttate, assediate. Adesso, però, teneramente raccolto dal Papa a garanzia e difesa dell’intero patrimonio amazzonico in preda alla scelte speculative e irresponsabili dell’uomo, nell’interesse delle sorti dei popoli indigeni, “rispettando la storia, le culture, il loro stile di buon vivere, nel senso etimologico della parola non in quello sociale che spesso gli diamo”, osserva Francesco. 

È da considerare un problema davvero serio e non da sottovalutare anche ai fini dello sfruttamento economico la “deforestazione”, una piaga che è alla base dell’impoverimento, e che finirà per soddisfare gli eccessi dei mercati e ingolosire i vari potentati, indicati come “colpevoli” di tanto disastro ambientale. Cosicché, fra mille contraddizioni, e in assenza di una vera politica industriale, il mondo agricolo sarà qui rimesso a dura prova e le persone, escluse dai loro benefici, dovranno sottostare ai ricatti di reti affaristiche senza scrupolo interessate solo a sfruttare la mano d’opera. Condizioni pesanti che Papa Francesco respinge e per le quali assicura che ogni strada andrà tentata e condivisa a beneficio di quanti soffrono in Amazzonia. In realtà il Sinodo, nella sua pluralità di voci, è da considerarsi occasione di appello al dovere di tutti di prendersi cura della terra, ampiamente citata nella Bibbia, quella fertile del grano, della vigna, degli alberi, di cui pure gli Evangeli narrano, e che il Serafico Francesco lodava con quel tocco di divina poesia che lo rende universale: “Laudato sì, mi Signore, per sora nostra madre Terra,  la quale ne sostenta e governa, e produce diversi fructi con coloriti fiori et herba”, dal “Cantico di frate Sole” scritto in volgare italico a San Damiano di Assisi nel 1225, perché Francesco voleva che i fraticelli, come “giullari di Dio”, andassero per il mondo a predicare e a cantare le Laudi del Signore. Il redatto testo “dell’Instrumentum laboris”, in cui è confluito un ampio e articolato lavoro collettivo di preparazione all’evento, ben sintetizza il concetto di Chiesa dal forte slancio missionario, presente e già operante in Amazzonia, dunque in cammino e più determinata che mai a lottare contro le ingiustizie, contro l’immoralità, a intervenire sull’ambiente ed è una novità che riconosca persino i peccati ecologici come azioni contro Dio, sempre più frequenti per il venir meno al divino mandato in cui Dio sprona l’uomo a custodire la terra. Servono dunque più tutele e condotte riguardose, ripete la chiesa, che si dice ben disposta di comunicare con le altre diverse culture, dato che una cultura sola non basta a rivelare tutta la ricchezza del messaggio evangelico: “La diversità culturale non minaccia l’unità della Chiesa, ma esprime l’universalità e la bellezza di questo volto pluriforme”, come si legge al paragrafo 124 del testo sinodale in cui il rimando a “Laudato si” è palese e tanti sono gli spunti offerti per salvaguardare il futuro dell’Amazzonia, là dove la natura è ancora intatta. Sicuramente una delle aree naturalistiche più osservate al mondo, basta leggere le statistiche.

Giacomo Cesario


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