Editoriale

IL SIPARIO SULLA TOGHECRAZIA

di Tommaso Cerno -

Tommaso Cerno


Si chiude il sipario. Quel sipario aperto dalla sinistra e dalla magistratura tanti anni fa che ha mostrato all’Italia lo spettacolo, spesso macabro, della politica che si mescolava ai processi. Uno spettacolo che, come dimostra l’assoluzione di Silvio Berlusconi nel processo Rubyter dopo 11 anni – ripetetevelo tutte le sere: 11 anni – non solo ha danneggiato il sistema politico, screditato i magistrati, messo in crisi il potere della destra, ma soprattutto ha danneggiato nel cuore la sinistra. Che ha inseguito per troppo tempo il fantasma di una giustizia che avrebbe sistemato nelle aule di tribunale quel nemico Silvio Berlusconi che nelle urne ancora oggi soltanto Romano Prodi era stato in grado di battere. Fa bene a tutti questa sentenza, perché mette la parola fine a un brutto periodo della storia italiana. E non perché Berlusconi sia innocente, io le sentenze le rispetto e dico a Silvio bene così, ma perché l’eccesso di accusa rispetto ai risultati dei processi ha messo in discussione anche quelle vicende giudiziarie finite con condanne pesanti. Ha creato insomma una tifoseria lì dove tifo non può esistere. Nel magistero più alto e delicato di tutti. Ha diviso l’Italia tra Buoni e Cattivi, tra moralisti e peccatori, ha assunto a simboli del grado figure che oggi ci appaiono come vittime. Non tanto Berlusconi che ha pagato moltissimo i suoi oltre 130 processi, ma Ruby ad esempio che oggi a 30 anni ammette che si trovava in una vicenda più grande di lei quando ne aveva 17. Ma soprattutto il Paese ha sofferto per non avere mai potuto vedere realizzata la riforma della Giustizia. Una giustizia che non funziona, come dimostra non tanto l’assoluzione di Berlusconi quanto la durata vergognosa del processo. Più di un decennio per dire che una miriade di fatti che hanno concretamente mutato il corso degli eventi politici non sussistono. Eppure siccome Berlusconi doveva difendersi, e quindi avrebbe potuto avere interesse a difendersi con le sue leggi, tutti gli italiani, i milioni di italiani che hanno a che fare con questa giustizia ormai antica, lenta, che caccia gli imprenditori stranieri che ormai non mettono i soldi in Italia perché hanno paura del nostro sistema giudiziario che cade a pezzi, hanno sofferto per decenni l’impossibilità del Parlamento di sistemare le cose. E la sinistra che avrebbe potuto accusare la destra di tutto ciò che voleva, ma al tempo stesso produrre un dibattito capace di trovare nel Parlamento la sintesi di un’avanzata necessaria nel futuro del nostro sistema, ha festeggiato dopo decenni per la riforma Cartabia. Una cosa a metà a cui già dobbiamo rimettere mano. Ecco perché il sipario che si chiude su questo processo deve diventare il sipario di tutti. I giudici devono fare i giudici, ma la politica adesso ha il compito di superare questa stagione inaugurata con Tangentopoli. Proprio quella Tangentopoli che nell’emettere condanne giuste, ha anche generato il clima che ancora non è esaurito nel Paese, che ha portato la giustizia a scelte e abitudini che hanno deteriorato il rapporto di fiducia necessario fra i cittadini e le istituzioni.
Il ministro Nordio ha un’occasione. Perché il clima nel Paese si stava già deteriorando. Lo scontro sul quale ieri ha riferito in Aula sul caso Cospito fra maggioranza e opposizione sembrava una pietra tombale sulla possibilità di ragionare davvero di una riforma organica della Giustizia. Le sue parole sulle intercettazioni anche a sinistra, almeno in quella vera, trovano ampi spazi per essere ascoltate, magari puntualizzate, certamente separate dal tentativo che immagino il ministro non possa immaginare di fare di nascondere dietro quelle parole una riforma che vuole impedire o limitare la possibilità di indagine dei magistrati, ma piuttosto garantire ai cittadini il corretto utilizzo dei dati sensibili che tali indagini possono portare con sè. Quel clima stava mutando. Anche perché il sottofondo del dibattito politico andava ancora una volta alla situazione giudiziaria di Berlusconi. Ma se le sentenze si rispettano, quella di oggi potrebbe cambiare il destino di una riforma necessaria. Su cui la destra deve porre come condizione il rigore assoluto nel rispetto degli strumenti che gli inquirenti hanno a disposizione per combattere il crimine, e la sinistra deve porre la propria disponibilità a eliminare dal sistema tutto ciò che in questi anni non è stato usato per fare giustizia, ma per il comodo di qualcuno. E chi è in buona fede sa che la storia italiana ci ha mostrato anche questo.

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