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Cultura & Spettacolo

Il Teatro, il diverso e la Pace: da Eschilo a Camilleri

di Michele Enrico Montesano -


Il tragediografo Eschilo scrive I Persiani (la più antica opera teatrale giunta per intero) otto anni dopo la battaglia di Salamina, che sancì la fine della seconda guerra persiana e la rinuncia da parte dell’imperatore Serse alle sue pretese sulla Grecia. Si tratta dell’unica tragedia che non narra un mito bensì un fatto storico. La peculiarità dell’opera è che Eschilo sceglie di raccontare la prospettiva dei vinti e non dei vincitori. Forse le atrocità vissute da Eschilo in prima linea, avendo preso parte alla battaglia, lo hanno mosso a trattare il lato umano. I Persiani non è una celebrazione della vittoria della lega panellenica ma un atto di compassione verso i vinti. Davanti agli occhi dei suoi concittadini, ancora provati da anni di conflitti (solo dieci anni prima, infatti, Dario aveva cercato di invadere la Grecia), Eschilo sceglie di esplorare il dolore dei vinti, di instillare la pietà negli occhi tronfi dei vincitori. Martha Nussbaum ne La fragilità del bene scrive: “Esiste un conoscere che avviene attraverso la sofferenza perché la sofferenza riconosce in modo appropriato come sia la vita umana in determinati casi.

E in generale:

Capire un amore o una tragedia con l’intelletto non è sufficiente per avere una vera conoscenza di essi.” La straordinaria maestria della penna di Eleusi è quella di avvicinare attraverso l’antropologia del dolore due popoli percepiti distanti. Grazie al Teatro che per la sua natura dialogica sospende le distanze, l’invenzione della tragedia si ha con il passaggio dal ditirambo corale al dialogo tra attore e coro. Prima con Tespi e successivamente con Eschilo. Una forma d’arte a servizio dell’essere umano.

Una danza. Senza l’altro, il diverso, sarebbe impossibile

Una volta, Andrea Camilleri, parlando del rivoltoso di Piazza Tienanmen disse: “quel ragazzo è stato eccezionale. Ma quello che mi ha ridato fiducia nell’umanità è stata la persona dentro il carro armato. Lo immagino anche lui come un ragazzo. Quel ragazzo dentro il carro armato, col suo comportamento, ha stabilito che c’era un limite oltre il quale non si può andare, quali che siano gli ordini ricevuti, chiunque sia la persona che si ha davanti. Ricordatevi che a piazza Tienanmen i soldati cinesi hanno ucciso centinaia, forse migliaia di studenti. Non lo sapremo mai con sicurezza. Ma il soldato dentro il carro armato ha deciso che non avrebbe schiacciato quell’uomo davanti al suo carro. Che questa cosa non si poteva fare. Quei due ragazzi, insieme, uno dentro e l’altro davanti al carro armato, si sono riconosciuti come esseri umani che stavano su sponde opposte, che erano nemici, ma che non avrebbero superato certi limiti. La loro è stata una danza, e si danza in due. Il loro è stato un dialogo, e solo il dialogo, il riconoscere l’altro da noi come una persona con cui dialogare, può portare alla pace”.


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