Attualità

Il velo di Elnaz “L’ho dimenticato”. Così l’Iran impone la retromarcia

di Martina Melli -


Domenica scorsa, la scalatrice iraniana Elnaz Rekabi, ha partecipato a una competizione internazionale a Seoul senza indossare il velo, come richiesto a tutte le donne e a tutte le atlete della Repubblica islamica.

La vicenda ha causato non solo scalpore, ma soprattutto grande preoccupazione per l’incolumità della giovane sportiva che non ha dato più sue notizie da domenica fino alla prima metà di martedì, in cui è finalmente riapparsa sui social.
Ieri mattina, Rekabi è rientrata in patria trovando al suo arrivo all’aeroporto internazionale Imam Khomeini, appena fuori la capitale, un’accoglienza esultante e calorosa da parte di una moltitudine di persone accorsa per omaggiarla e darle il bentornato a casa. In un video condiviso online si sente la folla intonare il suo nome e chiamarla “eroina”.

La giovane, ripresa dalle telecamere della televisione di stato, al rientro aveva indosso un berretto da baseball nero e una felpa nera con cappuccio a copertura dei capelli, e la si vede attraversare uno dei terminal dell’aeroporto ricevendo fiori da un fan.
“Sono tornata in Iran e sono serena, anche se ho provato molta tensione e stress”, ha dichiarato. “Fin’ora, grazie a Dio, non è successo niente”.

Rekabi ha poi spiegato la dinamica del velo durante la gara: “Ero impegnata a indossare le mie scarpe e la mia attrezzatura. Mi sono dimenticata di indossare il mio hijab e poi sono andata a gareggiare”.

Noi continueremo a seguire la sua vicenda e tutti gli aggiornamenti che ci saranno nei prossimi giorni, anche se le notizie che arrivano sulle sue sorti sono poche, filtrate e spesso contraddittorie. Basti pensare che martedì tutti i media internazionali avevano riferito, sulla base della testimonianza di IranWire, un sito di giornalisti dissidenti iraniani, che la Rekabi fosse diretta al temibile carcere di Evin. A oggi, questa informazione non è stata ancora né smentita né confermata.

Elnaz Rekabi pratica le competizioni di difficoltà, boulder e velocità ed è la prima arrampicatrice iraniana ad aver vinto una medaglia ai Campionati mondiali di arrampicata.
Vincitrice di due medaglie di bronzo e una medaglia d’argento in competizioni mondiali e asiatiche, è salita sul podio in due coppe continentali.

Il furore per il capo scoperto della donna si è acceso nel contesto di una durissima repressione che sta cercando di soffocare tutte le proteste per la morte di Mahsa Amini, la ventiduenne arrestata dalla polizia morale del paese e misteriosamente deceduta mentre era in carcere, oltre un mese fa. La sua morte ha portato molte donne in Iran e nel resto del mondo a scendere in strada, gridare, rimuovere l’hijab e a tagliarsi i capelli davanti a tutti.

Il post su Instagram della campionessa, in cui ha descritto il suo gesto come “non intenzionale”, ha destato fin da subito grosse perplessità.

Non sono state chiarite infatti le condizioni in cui si trovasse la ragazza né l’autenticità del post, visto e considerato come il governo iraniano faccia abitualmente pressione sugli attivisti, in patria e all’estero, spesso trasmettendo sulla televisione di stato ciò che i gruppi per i diritti umani chiamano “confessioni forzate”.

Gli stessi gruppi che a oggi stimano come più di 200 persone siano state brutalmente uccise durante le rivolte e durante la violenta repressione che ne è conseguita.
Secondo il gruppo Human Rights Activists in Iran, le manifestazioni di protesta hanno avuto luogo in oltre 100 città del territorio e migliaia di persone sono state arrestate.
Fortunatamente per il valore della libertà di parola e di espressione di tutto il mondo, l’ondata di rabbia e indignazione del popolo iraniano non accenna a placarsi né a fermarsi.
Ma nel frattempo, sono settimane che il Paese non pubblica un bilancio delle vittime.


Torna alle notizie in home