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Immigrazione, l’Ue sceglie la linea dura. Brunner: “Riformare il sistema”

di Gianluca Martucci -


L’Unione europea “è alla prova del nove per dotarsi di una politica migratoria fondata su basi solide”. Le parole del commissario europeo agli Affari interni, Magnus Brunner, sono il segno sul termometro che misura la convergenza tra governi europei sulla nuova proposta sui rimpatri proposta dalla Commissione europea.
I lavori sulla proposta al Parlamento europeo e al Consiglio sono nella loro fase preparatoria. All’Eurocamera è già scontro politico. Il gruppo dei Conservatori e riformisti sarà titolare dei lavori sulla lista dei Paesi di origine sicuri grazie all’appoggio del Partito popolare europeo. L’elenco presentato dalla Commissione prevede la definizione di Paese terzo sicuro in linea di principio per tutti Paesi candidati all’Ue e per altri Stati terzi, come Kosovo, Bangladesh, Colombia, Egitto, India, Marocco e Tunisia.

I popolari guideranno l’iter legislativo sul concetto di Paese sicuro. Su questo aspetto la Commissione propone che non ci sia più un legame significativo sufficiente del richiedente con il Paese terzo sicuro in cui poter essere trasferito in caso di respingimento della richiesta d’asilo. A Bruxelles si lavora anche sulla proposta della Commissione di anticipare l’applicazione della norma che prevede una procedura accelerata per i richiedenti che provengono da Paesi in cui le domande d’asilo accettate non superano il 20%.
“Il sistema va riformato, e il fatto che tutti i Paesi siano allineati su un nuovo approccio ci dà fiducia che presto raggiungeremo i risultati attesi”, ha detto Brunner al termine di una riunione del Consiglio dei ministri degli Affari interni dell’Unione europea che si è svolta martedì in Danimarca. Il programma e gli obiettivi della presidenza danese del Consiglio Ue “sono in linea con quello della Commissione europea”, ha detto l’austriaco.

“Il sistema attuale di asilo dell’Ue è disfunzionale, non è sostenibile socialmente ed economicamente e deve essere riportato all’interno dei confini della sfera democratica”, ha sottolineato il ministro danese per l’Immigrazione Kaare Dybvad Bek, a margine della riunione dei ministri degli Interni.
L’impressione che il Patto per la migrazione e l’asilo in vigore da giugno 2026 sia “solo una base”, è ampiamente condivisa. E Copenaghen, che guiderà i lavori legislativi del Consiglio Ue fino al 31 dicembre 2025, è determinata sull’approvazione dei testi proposti dalla Commissione europea, fino a svolgere un ruolo di capofila anche per l’approvazione della proposta di regolamento europeo sul sistema comune per i rimpatri.

Oltre a stabilire il principio del riconoscimento reciproco tra gli Stati delle decisioni di rimpatrio e definire regole comuni per ordinare a chi soggiorna illegalmente di rimpatriare, il testo è la pietra miliare per legittimare a livello europeo l’adozione di “soluzioni innovative”. Rispettate condizioni minime sulla tutela dei diritti umani, i migranti da rimpatriare potranno essere trasferiti in un Paese terzo sicuro con cui esiste un’intesa bilaterale – su cui la Commissione europea chiede di essere consultata – o un accordo a livello europeo.
Si legge anche in questi termini l’aumento che la Commissione europea vuole vedere nel prossimo bilancio europeo. I fondi rispetto al programma 2021-27 triplicano, con 12 miliardi proposti per la gestione dell’Immigrazione, 15,4 per la protezione delle frontiere e 12 per Frontex, l’Agenzia di guardia di frontiera e costiera dell’Ue
La formula proposta dalla Commissione europea apre anche alla possibilità di centri fuori dai confini Ue dove esaminare le domande dei richiedenti asilo, sulla scorta di quanto avviene attualmente in terra balcanica in base all’accordo Italia-Albania a Shengjin e Gjader (che è anche un centro per rimpatri).

In una sessione di lavoro specificamente dedicata durante la ministeriale di Copenaghen “è stata riservata una particolare attenzione al protocollo Italia-Albania, come modello di collaborazione concreta con un Paese extra europeo nella gestione dei migranti illegali”, ha detto il ministro degli Interni, Matteo Piantedosi.
A benedire ufficialmente il nuovo approccio inaugurato dalla Commissione europea è stato il vertice dei ministri riuniti il 18 luglio sulla Zugspitze. Sulla vetta più alta di tutta la Germania, il governo tedesco insieme agli alleati di Francia, Austria, Polonia, Repubblica Ceca e Danimarca, ha fatto da capofila a una dichiarazione finale a favore dei centri per il rimpatrio extra Ue e il rimpatrio di cittadini siriani e afgani. Il “ce la possiamo fare” dell’ex cancelliera Angela Merkel che ha aperto le porte della Germania a 1,2 milioni di siriani dieci anni fa è il capitolo di una storia lontana.


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