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Impagnatiello in aula, un anno dall’omicidio di Giulia Tramontano: l’orrore di come è morta in 5 ore di risposte. Udienza rinviata al 10 giugno

di Angelo Vitale -


A un anno esatto dalla morte di Giulia Tramontano, Alessandro Impagnatiello è in aula (nel processo senza telecamere), davanti alla Corte d’assise di Milano, per raccontare come e perché ha ucciso la sua compagna incinta di loro figlio Thiago. Per la prima volta, dopo la confessione davanti agli inquirenti e le dichiarazioni spontanee nella prima udienza del processo, l’imputato risponderà alle domande della procuratrice aggiunta Letizia Mannella e del pm Alessia Menegazzo.

Un appuntamento, non solo emotivamente impegnativo per l’ex barman e la famiglia della 29enne, ma che ha anche un peso processuale: può decidere di rintanarsi in bugie, ‘non ricordo’ o addirittura accuse, oppure può rendere una confessione piena, lucida, che farebbe allontanare l’ipotesi di una richiesta di perizia psichiatrica come linea difensiva. L’uomo che ha ucciso Giulia con 37 coltellate, il 30enne spavaldo che per mesi ha dato veleno per topi e ammoniaca alla donna che stava per renderlo padre, l’imputato che assiste a occhi bassi al processo, uscirà dalla gabbia per rispondere alle accuse di omicidio aggravato (dai futili motivi, dal vincolo della convivenza, dalla crudeltà e dalla premeditazione), occultamento di cadavere e interruzione di gravidanza per cui rischia l’ergastolo.

Lo scorso 18 gennaio la sua voce incerta si sentiva a stento nella grande aula al piano terra del Palazzo di giustizia. “Ci sono tante persone a cui devo delle scuse, ma vorrei rivolgermi a Giulia e alla famiglia. Non ci sono parole corrette da dire, affronto una cosa che rimarrà per sempre inspiegabile per la disumanità; un gesto che mi ha lasciato sconvolto e perso”. In una pausa per prendere fiato, Franco e Chiara Tramontano, padre e sorella della vittima, imboccavano la porta d’uscita lasciando a mamma Loredana e a Mario (fratello di Giulia) il peso di nuove parole.

“Quel giorno ho distrutto la vita di Giulia e di nostro figlio, quel giorno anch’io me ne sono andato perché se sono qui a parlare non vuol dire che sia vivo. Non vivo più. Non chiedo che queste scuse vengano accettate, perché sto sentendo ogni giorno cosa vuol dire perdere un figlio. Non posso chiedere perdono, chiedo solo che possano essere ascoltate queste scuse. E questa è l’occasione che ho per farlo. L’unica cosa che faccio la sera è sperare di non svegliarmi più al mattino. Finché sarò qui in eterno dovrò scuse a tutte queste persone”. Ma le scuse di Alessandro Impagnatiello non fanno breccia in una famiglia che anche lunedì ricorderà Giulia Tramontano (in serata è prevista una cerimonia di commemorazione a Senago).

Una famiglia che chiede l’ergastolo e la verità su quanto accaduto la sera del 27 maggio del 2023 nell’appartamento della coppia in via Novella quando Alessandro ha accoltellato Giulia, incinta al settimo mese, ben 37 volte, poi ha provato a bruciarla nella vasca da bagno. Ha spostato il corpo nel box, qui ha nuovamente tentato di darle fuoco con la benzina, quindi ha nascosto la vittima, avvolta in buste di plastica, in un anfratto dietro al box di viale Monterosa.

Un delitto che ha cercato di nascondere mandando dei messaggi dal cellulare della compagna quando era già senza vita e che potrebbe aver premeditato da tempo: già a partire dal dicembre 2022 ha fatto ricerche via internet sugli effetti del veleno per topi, veleno fatto ingerire per mesi all’inconsapevole vittima e in tale quantità da raggiungere anche il feto. Sempre online ha provato a capire come sbarazzarsi del corpo e ripulire tutto senza lasciare traccia. In aula dovrà spiegare gli ultimi giorni di Giulia Tramontano, il tradimento, le bugie, la dinamica di un omicidio che ha confessato ma che non ha mai spiegato davvero.

La cronaca. Impagnatiello è arrivato in aula.

Da dicembre del 2022, cioè sei mesi prima dell’omicidio di Giulia Tramontano, fino a pochi giorni prima del delitto del 27 maggio del 2023 le chat dell’imputato Alessandro Impagnatiello restituiscono plurime ricerche sospette che per la procura di Milano dimostrano la premeditazione del delitto della 29enne incinta di Thiago. E’ quanto emerge nel processo in corso davanti ai giudici della corte d’assise di Milano.

Nel cellulare di lui c’è una ricerca non databile con le parole chiave ‘ammoniaca feto’, mentre dal cellulare della vittime emerge come già il 9 dicembre del 2022 Giulia scrive al compagno e alla madre come l’acqua appena comprata avesse il sapore di ammoniaca. A metà dicembre la giovane scrive a mamma Loredana: “Gran bruciore di stomaco” e ancora “Stanotte lo stomaco mi ha ucciso…” e a marzo la vittima cerca online ‘rimedi per mal di stomaco in gravidanza’. Ammoniaca di cui l’ex barman alla sbarra si assicura che sia inodore e insapore.

A partire dall’11 dicembre del 2022 l’imputato cerca, tramite motore di ricerca, ‘veleno topi incinta’ oppure ‘veleno topi gravidanza’, un’altra ricerca non datate riguarda le parole ‘uccidere feto’. Il 7 gennaio del 2023 Impagnatiello guarda la pagina ‘quanto veleno per topi è necessario per uccidere una persona’, veleno che sarebbe stato somministrato in bevande calde e la cui presenza viene rilevata dall’autopsia. E ancora, ricostruisce in aula uno dei carabinieri che ha fatto le indagini, il 5 marzo Impagnatiello cerca ‘veleni mortali fatta in casa’ e il 13 maggio, pochi giorni prima dell’omicidio, fa ricerche sull’ingerimento di veleno.

Dopo l’omicidio, Inter-Atalanta. Dopo aver ucciso con 37 coltellate la compagna Giulia Tramontano, incinta di sette mesi, Alessandro Impagnatiello esce dalla loro abitazione di Senago e va sotto casa della donna con cui aveva una relazione parallela. Nell’attesa guarda gli orari del tram, sa che la giovane usa i mezzi pubblici (l’incontro non ci sarà mai), ma col cellulare guarda anche “la sintesi della partita Inter-Atalanta”. E’ uno dei particolari che emerge in aula dalla testimonianza di uno dei carabinieri che ha lavorato all’indagine.

I tentativi di depistaggio. L’omicidio di Giulia è avvenuto, da quanto ricostruito dalle indagini, nella serata del 27 maggio del 2023. Alessandro Impagnatiello accoltella la compagna, incinta di Thiago, ben 37 volte, poi prova a bruciarla nella vasca da bagno. Il 28 maggio il corpo è nel box, qui tenta nuovamente di darle fuoco con la benzina, quindi nasconde la vittima, avvolta in buste di plastica in cantina, infine la riporta nel box per trasportarla la notte del 31 maggio (intorno alle ore 2.30) in un anfratto in viale Monterosa.

Sono le testimonianze, ma anche le immagini delle telecamere – Impagnatiello esce “con due sacchi spazzatura gialla” – e quanto restituito dal luminol che permettono di stabilire le mosse dell’imputato che prima del delitto ha comprato anche una bottiglietta di cloroformio. Un delitto che l’ex barman ha cercato di nascondere mandando dei messaggi dal cellulare della compagna, ormai morta, ma anche quando è già in caserma per essere ascoltato. Qui, con accanto un carabiniere, mentre si cercava la compagna si dedica a cercare sul cellulare ‘Odori che possono dar fastidio ai cani’.

“Sono stato io”. “Ho ucciso Giulia il 27 maggio, ho occultato il suo corpo. Questo processo mi sta aiutando a mettere a posto tasselli che erano sparsi e confusi nella mia testa, sono qui per esprimere la verità. Oggi sono una persona, lucida, consapevole, più consapevole di quando ho reso dichiarazioni lo scorso giugno” prima al pubblico ministero e poi al gip Minerva. Lo afferma Alessandro Impagnatiello, accusato dell’omicidio della compagna Giulia Tramontano incinta del piccolo Thiago, durante il suo interrogatorio in aula davanti alla corte d’Assise di Milano. Nelle sue prime parole torna a confessare il delitto di un anno fa a Senago.

“Un castello di bugie”. “Ho costruito un castello di bugie in cui io stesso sono annegato”. E’ una delle rivelazioni fatte in aula da Alessandro Impagnatiello, l’uomo che ha confessato l’omicidio della compagna Giulia Tramontano incinta al settimo mese. Un delitto maturato quando l’ex barman ha una relazione parallela con una collega di lavoro. E’ un “castello di bugie” quello che mette su l’imputato per tenere in piedi entrambe le relazioni, tra le bugie c’è anche quella di non essere il padre del piccolo Thiago, mai nato. “Ho finto il test di Dna” a fine aprile confessa, per convincere l’altra donna a non interrompere la loro storia, ma le bugie ci sono anche su serate e ferie. “Continuavo ad alimentare questa doppia realtà, questa finta realtà nella mia testa” aggiunge l’imputato, reo confesso.

“Mentii all’altra donna”. “Quando Giulia mi disse che aspettava un bambino ho vissuto una completa altalena di emozioni contrastati: da una parte la gioia di costruire una famiglia con Giulia, dall’altra delle motivazioni personali e di coppia che ostacolavano un po’ la nostra relazione”. Lo afferma Alessandro Impagnatiello, accusato dell’omicidio della compagna Giulia Tramontano incinta del piccolo Thiago, durante il suo interrogatorio in aula. Una gravidanza comunicata dalla 29enne “a fine novembre del 2022”, mentre l’altra donna di Impagnatiello, la collega di lavoro con cui ha una relazione parallela, “annuncia la sua gravidanza (interrotta) “a inizio del 2023”.

L’annuncio sembra spaventare l’imputato: “Giulia iniziava a lamentare particolarmente la mia forte presenza a lavoro, io ci tenevo alla carriera”. All’altra donna, Impagnatiello mente: “le dissi che non ero io il padre. Per continuare a mantenere queste due strade le dissi che ero vicina a Giulia per supportarla, le dissi che aveva problemi, difficoltà, era instabile”.

“Nella mia testa una spaccatura”. Il pomeriggio del 27 maggio del 2023 quando Alessandro Impagnatiello attende a casa Giulia Tramontano, che aveva appena conosciuto l’altra donna dell’imputato, “ho fatto una serie sconnessa di azioni, giravo per casa, ho fumato per cercare di placare il trauma che stava subendo la mia testa. Il trauma per il lavoro, la mia immagine distrutta davanti al lavoro e alla famiglia, stavo perdendo Giulia. Nella mia testa si è creata una spaccatura, in quel momento in casa facevo tutto e facevo niente”. Lo afferma Impagnatiello nel suo interrogatorio davanti ai giudici della corte d’Assise di Milano.

Le 37 coltellate. “In cucina vedo questo coltello con cui Giulia stava tagliando le verdure, mi posiziono alle spalle di Giulia (che dalla sala si sposta alla cucina, ndr) e l’ho colpita all’altezza del collo, il numero di fendenti non è mai stata un’informazione a mia disposizione ma solo attraverso la tv, solo in cella con un servizio televisivo ho saputo di averle sferrato 37 colpi”. Lo afferma Alessandro Impagnatiello nel suo interrogatorio, nel processo che lo vede alla sbarra per l’omcidio della compagna Giulia Tramontano incinta di Thiago. “Quando l’ho colpita, lei era frontalmente, era verso di me” racconta l’imputato. Un omicidio avvenuto prima delle ore 20 di un anno fa esatto. “Giulia non si è difesa, non c’è stato nessun tentativo di difesa, cademmo a terra”.

“Tentai di darle fuoco”. Con un'”insensata follia, illogica, con pazzia totale cercai di far sparire, letteralmente sparire, il corpo di Giulia tentando di dar fuoco al cadavere. Ho trascinato il corpo dalla sala alla vasca da bagno, tentati di eliminare il corpo di Giulia con prodotti infiammabili, ho usato dell’alcol, Tentai nuovamente di dar fuoco al corpo di Giulia nel box”.

Il corpo spostato lungo 4 rampe di scale. “C’era una minuscola parte di me” dopo l’omicidio di Giulia Tramontano che “era come se cercasse aiuto, come se cercasse di essere vista da qualcuno. Spostai il suo corpo lungo quattro rampe di scale in un’abitazione di più famiglie, in una giornata che e è esattamente quella di un anno fa in cui il sole tramonta più tardi. E’ come se cercassi che un vicino di casa mi vedesse”.

Voleva vedere Giulia, ma pure l’altra donna. “Io volevo vederla, io insistevo, dicevo ‘non ti ostacolerò mai più, non ti darò più dolori, né dirò bugie'” ma la voglia di incontrare l’altra donna non era per iniziare una nuova relazione. “Io volevo sparire da lei, volevo letteralmente sparire anche da lei, io volevo sparire da tutti. Era vittima anche lei di questa tragedia, avrei voluto dirle ‘ti ho mentito e non mi vedrai mai più'”.

Il dolore della famiglia in aula. Loredana Femiano, mamma di Giulia Tramontano, ha una piccola foto della figlia mentre Alessandro Impagnatiello ricostruisce in aula, davanti alla corte d’Assise di Milano, le ultime ore di vita della 29enne incinta di Thiago. Accanto a lei c’è il figlio Mario, mentre l’altra figlia Chiara ha preferito uscire prima che l’ex barman prendesse posto al banco degli imputati. Assente il padre Franco Tramontano, dato l’interrogatorio ad alto tasso emotivo, diversi però in aula i posti occupati dai parenti della vittima. Un paio si sono allontanati qualche minuto, tra le lacrime, quando Impagnatiello ha raccontato di aver dato fuoco al corpo di Giulia nel tentativo “di renderla cenere”.

Le ultime ore di Giulia. “Giulia rientrò a casa: non era agitata né arrabbiata, ma distaccata. Parlammo, fu una conversazione molto breve, senza toni accesi perché c’era poco da dire, non era più il momento di false verità. Ho espresso la mia totale vergogna di quello accaduto. Giulia era la donna della mia vita, sarebbe tornata a Napoli e di quel bambino non avrei più avuto notizie”. Nel suo interrogatorio in aula, Alessandro Impagnatiello ricostruisce le ultime ore della vita della compagna Giulia Tramontana incinta di Thiago.

“La relazione tra noi era terminata, quel bambino sarebbe arrivato poco dopo e io non avrei avuto modo di conoscerlo. Continuava a dirmi che questo bambino non lo avrei più visto, andai in doccia per ripulirmi – pensavo alla distruzione sul posto di lavoro, con Giulia, di non vedere e veder crescere questo bambino – poi cercai di mangiare qualcosa, cercai di distrarmi con un panino, con qualcosa di pronto, non era mia intenzione mangiare ma solo tenermi occupato. Quando io ero in cucina lei era in camera da letto, quando io uscii dalla cucina entrò lei”. Siamo alle 19.35 del 27 maggio del 2023.

“Giulia stava preparando qualcosa per sé quando sentii un piccolo lamento, si era fatta male a un dito affettando dei pomodori. Di fronte al divano, nel cassetto del mobile in basso, c’erano anche dei cerotti. Le chiesi se avesse bisogno di aiuto ma non mi rispose, glielo richiesi ancora ma continuava a non rispondermi”. E’ tra la sala e la cucina che Impagnatiello sferra con un coltello da cucina il primo colpo alla gola di Giulia.

La Procura intende dimostrare la premeditazione.
Il tappeto non era in sala e il divano non è stato coperto. Alessandro Impagnatiello, accusato dell’omicidio della compagna Giulia Tramontano, risponde senza tentennare. Due elementi su cui la Procura insiste per dimostrare la premeditazione del delitto.

“Il tappeto non c’era, Giulia lo aveva lavato la mattina nella lavatrice ed era steso fuori” e il “divano è sempre rimasto li, è stato spostato solo successivamente alla morte. E’ stato anche pulito, qualora ci fossero delle macchie di sangue, ma il divano non fu intaccato da evidente tracce di sangue. Ho ucciso Giulia con il divano non coperto” sottolinea l’imputato.

Dopo il delitto, “usai il telefono di Giulia, risposi alle persone che la stavano contattando, cercai di continuare a nascondere e nascondermi, perché abbia utilizzato la parola ‘madre’ (alla mamma di Giulia, ndr) non c’è un motivo” aggiunge. “Quella notte tra il 27 e il 28 non ho dormito, ho ripulito tutto l’appartamento, ho ripulito con una spugnetta, ho riposizionato il tappeto”.

Il cadavere in auto, lui a pranzo. “Andrai a pranzo da mia madre in auto, in auto c’era il cadavere di Giulia”. Lo svela nel suo interrogatorio in aula Alessandro Impagnatiello imputato per l’omicidio della compagna Giulia Tramontano. L’ex barman, nel ricostruire il delitto di un anno fa a Senago, ammette anche l’acquisto di un carrello per spostare il corpo senza vita della donna incinta, “ho provato a spostare Giulia sul carrello, ma è impossibile collocare un corpo sul carrello” racconta il giovane che, più volte, confessa di aver cercato “in più occasioni di spostare il corpo di Giulia dalla cantina al box” prima di riuscire a caricarlo in auto e abbandonarlo poco lontano dalla loro abitazione. “Assolutamente nessuno mi ha aiutato a uccidere o a spostare cadavere, a mia madre e a nessuno ho svelato nulla”.

Due volte il veleno, per uccidere Giulia e Thiago. “Ho somministrato il veleno a Giulia due volte, nella prima parte di maggio, solo in due occasioni a distanza ravvicinata, non è stata una cosa duratura. Le ho messo il veleno nella bocca mentre dormiva, non per recare del danno, del male a Giulia, ma per provocare a Giulia un aborto”.

Le bugie. “Una parte di me sapeva dove fosse Giulia, ma l’altra parte la cercava e non credeva a quella realtà, ero io che attendevo che il telefono squillasse per trovarla. Questa falsità dell’allontanamento volontario l’ho portata avanti per tanto tempo, non solo con gli altri, ma anche a me stesso”.

Inutile il suo tentativo “di ridurla in cenere. Non si può far sparire una persona senza lasciare tracce, non è un fazzoletto che si può veramente far sparire, ma continuavo ad alimentare questa enorme follia che il mio corpo ha commesso e dall’altro continuavo a cercare Giulia, a rivolerla a casa” aggiunge. “Non andai dai carabinieri per l’avviso di garanzia ma perché non ce la facevo più, per svuotarmi da qualcosa che mi divorava e che ancora mi divora” conclude Impagnatiello, omettendo che furono i militari a convocarlo.

Perché? Impagnatiello non risponde. “E’ una domanda che mi sono fatto miliardi di volte e che continuerò a farmi altre migliaia di volte, è una domanda che non avrà mai risposta. Non ci sarà mai un motivo per questa violenza, questa aggressività”. Alessandro Impagnatiello risponde così alla pm di Milano Alessia Menegazzo che gli chiede perché ha ucciso la sua compagna.

Il bambino, un ostacolo tra loro. “Il mio più grosso timore era che quel bambino potesse farmi perdere Giulia, l’esclusivo scopo del veleno era di provocare un aborto di Giulia, interrompere l’arrivo di questo bambino”. E ribadisce di aver somministrato il topicida “due volte”, quando Giulia dormiva, “dopo il 4-5 maggio, a 2-3 giorni 2-3 di distanza.

Alla pm Alessia Menegazzo che gli contesta che le ricerche online sulla ricerca di veleno sono iniziate già nel dicembre del 2023, ben sei mesi prima del delitto, l’imputato replica: “Lì seppi dell’arrivo del bambino, per me fu un periodo altalenante, di indecisione: l’acquisto di una casa, la difficoltà a accettare il mio lavoro e l’arrivo di un bambino non avrebbe semplificato le cose”. Le ricerche erano per capire “che danno facesse questo veleno per topi, cercavo di capire che danno potesse subire Giulia” perché l’obiettivo era “esclusivamente” il feto. Rivelazioni smentite dai risultati dell’autopsia.

Il padre di Giulia: “Giustizia per lei e per il bambino”. “Nulla ci restituirà Giulia, abbiamo gridato a voce alta, lo faremo ancora, affinché sia fatta giustizia per lei e Thiago. Giustizia per Giulia e Thiago”. Lo scrive, su Instagram, Franco Tramontano, il papà della 29enne uccisa a coltellate dal compagno Alessandro Impagnatiello. Un messaggio social che arriva nelle ore in cui l’imputato sta ricostruendo in aula, nel processo in corso a Milano, le ultime ore di vita di Giulia e del piccolo Thiago che portava in grembo. Un interrogatorio a cui sta assistendo Loredana Femiano, mamma della vittima, mentre i fratelli della 29enne non sono più in aula.

“Incapace di assumermi responsabilità”. Il 5 gennaio del 2023 Giulia Tramontano aveva un appuntamento per interrompere la gravidanza, ma “non volevo che abortisse perché in quel momento il bambino lo volevo” anche perché, svela Alessandro Impagnatiello, reo confesso, “non sarei riuscito ad assumermi la responsabilità di un aborto nei confronti di Giulia, della sua famiglia e della mia”. In aula, davanti alla corte d’Assise di Milano, l’imputato racconta la “confusione” rispetto a questa nascita, ma non verso chi definisce l’amore della sua vita.

“Non ho accumulato né rabbia, ne aggressività, né risentimento per Giulia, lei non ha mai stimolato una sensazione di rabbia. Per me era la persona che doveva essere protetta da me, verso Giulia non è mai nato dell’odio, ho provato tutto fuorché odio” aggiunge Impagnatiello che si dice certo che, nonostante la relazione parallela con una collega che pochi giorni dopo il delitto si sarebbe trasferita, “Io e Giulia non ci saremmo mai lasciati. Il 27 mattina (poche ore prima dell’omicidio, ndr) stavamo parlando di passeggini che lei sarebbe andata a vedere, discutevamo sul colore da scegliere” conclude l’ex barman.

“Darei la mia vita per la tua”. “Ti amo e darei la mia vita per te, darei la mia vita per far continuare la tua…”. E’ una delle frasi contenute in una lettera di scuse scritta da Alessandro Impagnatiello per Giulia Tramontano, la compagna incinta del loro bambino uccisa con 37 coltellate un anno fa a Senago. Una missiva che viene letta in aula dalla pm di Milano Alessia Menegazzo che l’imputato non sa datare esattamente (è del 2022), ma che rivendica: “Se si dovesse presentare l’occasione darei la vita per te, è quello che avrei fatto per dimostrarle quanto fosse importante per me” dice il 30enne ex barman dal banco dei testimoni.

La sorella di Giulia: “L’Italia ricordi il fallimento di quest’uomo”. “Quanta forza deve avere una famiglia che ascolta che la propria figlia é stata uccisa perché ‘stressante’ (lei) e la situazione intorno? Mi auguro che l’Italia intera ricorderà per sempre quale fallimento sociale, familiare, umano si celi dietro il cognome Impagnatiello”. Lo scrive, su Instagram, Chiara Tramontano sorella di Giulia uccisa a coltellate dal compagno Alessandro Impagnatiello. Parole che la sorella della vittima scrive mentre l’imputato si sta sottoponendo all’interrogatorio.

“Un fallimento che si mischia alla vergogna e al disgusto di chiamare ‘umano’ ciò che é solo malvagio. Hai fallito come padre, uomo, figlio, essere umano, non ultimo come testimone del tuo stesso omicidio. E con te, ha fallito chi ti ha ‘educato’ alla cultura del maschilismo, egoismo e alle menzogne” conclude Chiara.

“Stregato dall’altra donna”. “Era l’oggetto del desiderio dei miei colleghi, ma lei si avvicinava a me, sempre di più. E’ come se fossi stato scelto da lei” e questo dava “una forma di appagamento che io subivo nei suoi confronti, vivevo come una completa impotenza. Nei suoi confronti mi sono sentito come stregato” e anche quando i due cercavano di stare lontani a lavoro “era come quando si tira un elastico…alla fine tornava più forte da me”. E’ con queste parole che Alessandro Impagnatiello, alla sbarra per l’omicidio della compagna Giulia Tramontano, racconta nel suo interrogatorio la relazione parallela con l’altra donna, sua collega di lavoro.

La mamma di Giulia lascia l’aula: “Oggi è il suo giorno, parlate di lei”. “Oggi è il giorno di Giulia, parlate di Giulia”. Con queste parole Loredana Femiano, mamma di Giulia Tramontano lascia l’aula della corte d’Assise di Milano dove è ancora in corso, da ore, l’interrogatori di Alessandro Impagnatiello, reo confesso dell’omicidio di un anno fa. La donna, insieme ai parenti, è uscita per raggiungere la stazione e tornare in provincia di Napoli, dove vive la famiglia Tramontano.

L’interrogatorio, dopo 5 ore, è rinviato al 10 giugno. Riprenderà nell’udienza del 10 giugno l’interrogatorio di Alessandro Impagnatiello a processo a Milano per l’omicidio della fidanzata Giulia Tramontano, incinta di sette mesi. Nonostante l’esame dell’imputato sia iniziato alle 11 e sia durato oltre cinque ore, la difesa non è riuscita a porre tutte le domande.

Nella parte finale del suo interrogatorio, l’ex barman sottolinea ancora l’importanza della sua “immagine” e spiega: “Ho sempre dato molta importanza a cosa gli altri pensassero di me, forse già da bambino, alle elementari, essere visto non perfetto causava in me malessere”, conclude.



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