Esteri

In Cina e Usa la battaglia Covid non è ancora finita

di Ernesto Ferrante -


In Cina e negli Usa i temi del Covid e dei vaccini continuano ad infiammare il dibattito politico e scientifico. Un libro bianco sulla pandemia di Covid-19 è stato pubblicato dal China’s State Council Information Office.

Il documento, il cui titolo è “Prevenzione, controllo e tracciamento delle origini del Covid-19: azioni e posizione della Cina”, è articolato in tre capitoli: “Contribuire con la saggezza cinese allo studio delle origini del Sars-Cov-2”, “Il contributo della Cina alla lotta globale contro il Covid-19” e “La risposta mal gestita degli Stati Uniti alla pandemia di Covid-19”.

La tesi di fondo è che esisterebbero “prove sostanziali che suggeriscono che il Covid-19 potrebbe essere emerso negli Stati Uniti prima della sua data ufficiale e prima dell’epidemia in Cina”.

Pechino “ha costantemente dedicato risorse ingenti a studi collaborativi sulle origini del virus, coinvolgendo scienziati sia cinesi che internazionali” e “la Cina ha collaborato strettamente con l’Oms nello studio delle origini del virus con un forte senso di responsabilità globale e trasparenza”.

Non manca una bordata al governo Usa che “ha cercato di spostare la colpa e distogliere l’attenzione dei cittadini politicizzando spudoratamente il tracciamento delle origini del Sars-Cov-2”.

Negli Stati Uniti, sostengono i cinesi, “dovrebbe essere condotta un’indagine approfondita e completa sulle origini del virus. Gli Stati Uniti dovrebbero rispondere alle ragionevoli preoccupazioni della comunità internazionale e dare una risposta responsabile al mondo”.

Negli Usa tiene banco, invece, la questione vaccinale. Gli adulti della Florida che hanno ricevuto il vaccino prodotto da Pfizer avevano maggiori probabilità di morire rispetto ai destinatari del Moderna, secondo un nuovo studio preprint, vale a dire la versione preliminare di un lavoro scientifico non ancora sottoposta a revisione, che circola tra gli addetti ai lavori per sveltire la comunicazione dei risultati, di cui è coautore il massimo funzionario sanitario del “Sunshine State”.

Il dottor Joseph Ladapo, chirurgo generale della Florida, e altri ricercatori hanno identificato quasi 9,2 milioni di soggetti a cui sono state somministrate almeno due dosi dei vaccini Pfizer e Moderna a meno di sei settimane di distanza tra il 18 dicembre 2020 e il 31 agosto 2021.

Hanno quindi ristretto la platea a quasi 1,5 milioni, abbinando le persone in base a criteri come l’età e il sesso. Successivamente hanno analizzato i registri per vedere quale dei due gruppi avesse il rischio più elevato di mortalità per tutte le cause nei 12 mesi successivi all’inoculazione.

Dall’indagine è emersa la maggiore “letalità” del Pfizer, con 847 decessi ogni 100.000, rispetto ai 618 ogni 100.000 per quelli a cui è toccato il Moderna. Per i primi era anche più rilevante il pericolo di morire per problemi cardiaci e per Covid-19.

La nomina di Robert Kennedy Jr a segretario del dipartimento della Sanità, ha dato nuovo slancio alle pubblicazioni di questo tipo.


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