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In Ghana se hai la demenza senile ti accusano di stregoneria

di Martina Melli -


Nel nord del Ghana, quando le donne invecchiano e mostrano segni di demenza senile, vengono accusate di stregoneria e allontanate dalla comunità d’appartenenza. Una pratica molto diffusa nelle zone rurali, ancora fortemente in mano a culti magici e superstizione. Le più fortunate non subiscono violenze ma vengono esiliate nei cosiddetti “witch camps”, dei campi in cui sono costrette a vivere per il resto della loro vita, senza servizi e senza contatti con le famiglie d’origine. Questa terribile realtà è stata raccontata per la prima volta dal progetto “The Big Forget“, della fotografa Lee-Ann Olwage che a maggio 2023 ha vinto il World Press Photo.

L’accusa di stregoneria prende vita da una voce, spesso messa in giro per paura, per rivalità o per invidia. In moltissimi casi tutto parte da un “sogno”: sognare che una certa persona abbia fatto del male a qualcuno è sufficiente per affermare che quella persona sia dotata di poteri oscuri. Le voci si diffondono in fretta fino a creare una vera e propria credenza all’interno della comunità. Le accuse di stregoneria si inseriscono in un contesto patriarcale con pericolosissimi e radicati stereotipi di genere: le donne allontanate infatti sono spesso vedove, donne non sposate e senza figli; donne con sistemi di protezione (maschile) molto fragili. Un rapporto di Actionaid, un’organizzazione che combatte e protegge i diritti delle donne, pubblicato nel 2012,  ha mostrato come oltre il 70% delle residenti nel campo di Kukuo (uno dei sei witch camps attualmente attivi) siano state accusate e bandite dopo la morte dei loro mariti.

Nel 2011 il governo ghanese voleva chiudere i campi me Actionaid si è opposta poiché questi luoghi sono sì prigioni sociali ma allo stesso tempo rifugi, in cui le “streghe” sono al sicuro rispetto all’esterno dove rischiano linciaggi, violenze di ogni tipo e addirittura la morte. L’organizzazione, prima di chiudere i campi, punta a creare le condizioni per una reale reintegrazione nella comunità. Un processo lungo e difficile che mira a smantellare superstizione e stigma. Trattandosi di un processo lento e rivoluzionario, nel frattempo bisogna creare migliori qualità di vita all’interno dei campi e sempre più consapevolezza internazionale rispetto al problema.


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