Attualità

IN GIUSTIZIA – La moral suasion “esecutiva” e la “rinuncia” di Becciu

di Francesco Da Riva Grechi -


Come già raccontato su questa testata, di fronte all’ostensione di lettere autografe di Papa Francesco, da parte del Cardinale Parolin, Angelo Becciu ha “rinunciato” alla partecipazione alle votazioni nella Cappella Sistina. Francesco non lo riteneva degno di eleggere il suo successore e ha avuto la sua vittoria anche post mortem. Dopo una brillante carriera nella diplomazia vaticana, nel 2018 Bergoglio lo nomina cardinale e l’anno successivo Prefetto della Congregazione delle cause dei santi. Poi, la caduta.
Come si legge in un brillante libro d’inchiesta, la mattina del 1° ottobre 2019, per la prima volta nella storia vaticana, la polizia giudiziaria della Santa Sede entra negli uffici della Segreteria di Stato e sequestra documenti e computer. È l’inizio di una scandalo finanziario superiore persino a quelli dello IOR che tanto papa Francesco aveva voluto cancellare per sempre.
Per eliminare quest’ultimo, Istituto Opere Religiose, il Papa volle che i capitali del Vaticano fossero gestiti direttamente dalla Segreteria di Stato, e dal sostituto segretario, Angelo Becciu, che ha però tradito utilizzando illecitamente i fondi dell’Obolo di San Pietro, destinati a tutt’altro, e con gravi perdite. Per la sua mala gestio, la scarna sentenza del Tribunale dello Stato della Città del Vaticano, del 16.12.2023, ha condannato il prelato a cinque anni e sei mesi di reclusione e all’interdizione perpetua dai pubblici uffici. Dunque dalle stelle alle stalle e sempre nel segno della volontà del Papa che ci ha appena lasciato.
Becciu è stato il primo porporato a essere riconosciuto colpevole da un tribunale della Santa Sede. Accanto a Becciu, finanzieri come Raffaele Mincione e Gianluigi Torzi, anch’essi condannati per vari reati. Nonché Mons. Alberto Perlasca, per lungo tempo fedelissimo di Becciu e poi divenuto suo accusatore principale, Fabrizio Tirabassi, già funzionario della Segreteria di Stato, condannato a sette anni e sei mesi, Enrico Crasso, consulente finanziario della Santa Sede, condannato a sette anni, oltre a Mincione e Torzi, con condanne tra i cinque e sei anni e a Cecilia Marogna condannata a tre anni e nove mesi. Solo Becciu è stato altresì condannato per peculato per aver disposto su un conto della Caritas-Diocesi di Ozieri, il versamento di Euro 125.000 destinati in realtà alla cooperativa SPES, di cui era presidente il fratello Becciu Antonino. Ma questa non è l’unica “primizia”. Per la prima volta, il Vaticano intero è finito davanti a giudici di uno stato estero, che non è l’Italia, bensì l’Inghilterra. Il finanziere Mincione, infatti, una volta condannato insieme a Becciu dal Tribunale Vaticano, si è rivolto all’Alta Corte di Londra, che nel febbraio di quest’anno ha bollato la Santa Sede di dilettantismo e incapacità e assolto Mincione dalle accuse più gravi.
Il cardinale Becciu, che si è sempre professato innocente, autorizzò invero a suo tempo la sottoscrizione di quote del fondo Athena Capital Opportunities Fund che faceva capo a Mincione, per acquistare il palazzo di Sloane Avenue a Londra, sostenendo commissioni sproporzionate, ma non per questo potè poi accusare Mincione di malafede nei suoi confronti. Sia da parte del giudice ecclesiastico, sia da parte di quello di common law britannico, le colpe più gravi sono risultate proprio quelle di Becciu.


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