IN GIUSTIZIA – I padroni dei dati (e delle regole)
L’allarmismo di questi giorni sui casi riscontrati e riscontranti di hackeraggio e accesso ai sistemi informatici di istituzioni, banche e autorità di polizia sono ampiamente giustificati e rischiano davvero di inquinare in maniera grave e irreversibile la nostra vita democratica. Opportuna l’iniziativa del governo per inasprire le peni dei reati relativi. Ma purtroppo non sufficiente. Né si può lasciare anche questa volta il compito di risolvere i problemi alla magistratura, che di per sé ha la naturale tendenza ad allargare il proprio potere ma è pur vero che, in maniera meno appariscente, è troppe volta chiamata a colmare i vuoti lasciate da autorità amministrative che non funzionano e non vogliono adempiere i loro doveri verso i cittadini. Anzi, anche in questo caso le prolungate abitudine a servire solo i propri padroni politici e male ha finito per servire solo l’autoconservazione patologica di un sistema di pubblica amministrazione incivile e disonesto. Nel campo dei dati, le autorità amministrative sono organi di grande rilievo e importanza, a cominciare dalla madre di tutte le Authority, quella sulla Privacy, oggi con la denominazione di Garante per la protezione dei dati personali, istituita con la legge 31 dicembre 1996, n. 675 e con il compito anche di attuare il Regolamento generale sulla protezione dei dati personali (UE) 2016/679 . A quest’ultimo si affianca, con il numero progressivo successivo ma con il valore di direttiva, la 2016/680, che si riferisce al trattamento dei dati da parte delle autorità a fini di prevenzione, investigazione e repressione di reati. Si tratta in sostanza dei c.d. “dati giudiziari”, sui quali l’autorità amministrativa di controllo è lo stesso Garante. Diverso è invece il caso della “direzione e della responsabilità generale della politica dell’informazione per la sicurezza, nell’interesse e per la difesa della Repubblica e delle istituzioni democratiche” che spettano al Presidente del Consiglio dei ministri ai sensi della legge 3 agosto 2007, n. 124 appunto intitolata al “Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica” e alla nuova disciplina del segreto di Stato.
Oltre al Presidente del Consiglio, l’autorità centrale al riguardo è il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (DIS) dal quale a loro volta dipendono l’Agenzia informazioni e sicurezza esterna (AISE), alla quale è affidato il compito di ricercare ed elaborare tutte le informazioni utili alla difesa dell’indipendenza, dell’integrità e della sicurezza della Repubblica dalle minacce provenienti dall’estero e l’Agenzia informazioni e sicurezza interna (AISI), alla quale è affidato il compito di difendere la sicurezza interna della Repubblica e le istituzioni democratiche poste dalla Costituzione a suo fondamento da ogni minaccia, da ogni attività eversiva e da ogni forma di aggressione criminale o terroristica. Non è invece parte del Sistema di informazione per la sicurezza, il Reparto informazioni e sicurezza dello Stato maggiore della difesa (RIS), che svolge esclusivamente compiti di carattere tecnico militare e di polizia militare, soprattutto all’estero. Sul segreto di Stato è invece competente l’Ufficio centrale per la segretezza (UCSe) istituito nell’ambito del DIS e con il compito, tra gli altri, di rilasciare e revocare i nulla osta di sicurezza (NOS).
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