Cultura & Spettacolo

IN LIBRERIA – “Dove non mi hai portata”: Cronaca d’amore e di tragedia

di Eleonora Ciaffoloni -


Un romanzo che è una storia vera, una storia di cronaca, quella vissuta nell’Italia del boom economico, in un Paese diviso tra le città che corrono verso il progresso e le campagne che arrancano per uscire dalle vecchie e obsolete tradizioni. Dove non mi hai portata, di Maria Grazia Calandrone (Einaudi, 2023) è la storia di Lucia Galante, che sposa – non per amore – Luigi Calandrone. Un matrimonio per la vita, non voluto, soprattutto non consumato e costellato da maltrattamenti. Ed è così che Lucia trova una via di fuga in Giuseppe, un uomo trent’anni più vecchio di lei, con cui instaura una relazione clandestina: una gioia effimera perché non solo i due vengono scoperti, ma Lucia rimane incinta. Su di loro grava così una gravidanza, ma anche una denuncia di adulterio presentata dal marito della donna.
È l’occasione per una nuova vita, per fuggire a Milano, dove però il futuro della coppia è destinato a sfiorire e a vivere di espedienti. Un peso troppo grande per loro e per la piccola vita, dal nome Maria Grazia, che nel 1964 vede la luce. Una famiglia che si sgretolerà a fine giugno 1965: perché la coppia dopo aver abbandonato la piccola Maria Grazia nel parco romano di Villa Borghese, si suicida gettandosi nelle acque del Tevere. Una tragedia che diventa un fatto di cronaca, tra i più tristi e sconvolgenti di quegli anni, che Calandrone da protagonista riprende e ripresenta al grande pubblico dell’editoria. Perché la piccola nata da quella relazione extraconiugale è divenuta scrittrice curiosa di scoprire la verità sulle proprie origini e sulla vita tormentata dei suoi genitori biologici.
E così come una investigatrice, Calandrone si ricala negli anni ’60, parla con i testimoni e riporta i fatti con dovizia di dettagli, come una cronaca, senza mai biasimare scelte e decisioni prese dai protagonisti ma facendo trasparire tutto il dolore provato.
Dove non mi hai portata è un libro che si presenta quasi come un lunghissimo articolo di giornale, accompagnato però da un linguaggio quasi poetico che in maniera bivalente fa empatizzare e allo stesso tempo distaccare il lettore dalla storia. Uno stile che – forse per deformazione professionale – ho trovato esaustivo e rispettoso per una storia da conoscere e da leggere.


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