Cultura & Spettacolo

IN LIBRERIA – Il cannibale: Il boia moderno figlio del neoliberismo

di Eleonora Ciaffoloni -


Quando si “assume” un cacciatore di teste per risolvere o portare a termine un lavoro, quello che accade nel percorso verso l’obiettivo non sempre rientra nel mondo del lecito: così accade ai protagonisti de Il cannibale (Carbonio Editore, 2024), romanzo dell’olandese Tom Hofland e tradotto per la versione italiana da Laura Pignatti. Ad essere nei guai, lavorativamente parlando, è Lute, responsabile del reparto Vendite e Qualità di un’azienda farmaceutica olandese che sta per essere venduta a un investitore svizzero. Perché è proprio il suo reparto che, per la cessione, viene dichiarato in esubero. È quindi compito di Lute dover convincere i colleghi (oltre una trentina) a dare le dimissioni – evitando per l’azienda i licenziamenti – in attesa di una possibile ricollocazione in altro reparto o altrove. Un lavoro difficile e psicologicamente pressante per Lute che, però, nella sua strada, incontra Lombard, appunto, un cacciatore di teste. E così il protagonista, che accetta l’aiuto – o meglio i “servigi” di Lombard – si sente come risollevato e alleggerito di quel peso che gravava sulla sua vita e su quella dei colleghi.

Tutto succede molto in fretta e il cacciatore di teste si insedia nel suo ufficio con suo assistente armato di fucile e di cappello da cowboy. Sembra che le cose volgano per il meglio per l’azienda, ma una serie di eventi oscuri, funesti e a tratti macabri, vengono registrati tra la struttura quieta e i boschi silenziosi della Veluwe. Tutto viene effettuato con metodo preciso e secondo un “protocollo” sostenuto da Lombard, che riesce bene nel suo intento ma che, allo stesso tempo, fa emergere qualche dubbio sul destino dei dipendenti che sta cercando di “fare fuori”. Poco sembra interessare all’azienda che continua a vivere con il mantra di ispirazione machiavellica, che il fine giustifica i mezzi. Ed è proprio questo uno degli aspetti che, tra il surreale e il grottesco – ma anche tra qualche sorrisetto – emerge ne Il cannibale di Hofland. Una sorta di denuncia nei confronti dei meccanismi del mondo del lavoro, del capitalismo e del neoliberismo, di quel substrato culturale che mette il profitto aziendale al di sopra la vita dei dipendenti, che spesso si dimentica siano persone. Un libro che scorre velocemente e, con una struttura simile a uno sceneggiato, che tiene alta l’attenzione e la tensione fino alla fine.


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