Economia

Inflazione per l’Italia, perché siamo dipendenti dal grano russo e ucraino

Sahel e Maghreb a rischio carestia. E intanto la Commissione lancia corsie di solidarietà

di Alessio Postiglione -


Non è solo l’energia la leva geopolitica della Russia. C’è anche il grano, quello ucraino, bloccato dall’esercito di Putin sul Mar Nero, ma anche quello russo, il cui razionamento ha effetti complessi. In primis sull’Europa, innescando spirali inflattive, ma anche e soprattutto su Maghreb e Sahel, dove il deficit di grano è foriero di carestie, crisi migratorie – che in ultima istanza investono l’Italia -, e destabilizzazione politica, considerando che le primavere arabe scoppiarono per l’aumento del prezzo del pane.
La Russia e l’Ucraina rappresentano un terzo delle esportazioni mondiali di grano, quasi il 20% del mais e l’80% dell’olio di girasole. Prima della guerra, il 95% delle esportazioni totali avveniva attraverso il Mar Nero. “Ostacolando le esportazioni vitali, la guerra del Cremlino sta minacciando la sicurezza alimentare in tutto il mondo”, ha twittato la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen. Per questo, la commissaria per i Trasporti, Adina Valean, ha oggi presentato un piano di azione per facilitare l’export, che punta a realizzare ‘corsie di solidarietà’ per esportare grano dal Mar Nero, attraverso un accordo fra Kiev e le reti di trasporto europeo Ten-T. Potrebbero essere sbloccati circa 30 milioni di chili di grano, 60 milioni di chili di olio di girasole e quasi duecento milioni di chili di mais per l’alimentazione animale destinati all’Italia attualmente fermi, stima Coldiretti. L’Italia, d’altronde, importa il 62% del proprio fabbisogno di grano e il 46% del mais per il bestiame, secondo Coldiretti-Divulga. Per quanto riguarda il Nord Africa, l’Egitto, importa l’80% del suo grano, il Libano il 60% e la Tunisia l’80%.
La spirale inflazionistica sul cibo rischia di lasciare decine di milioni di persone nella fame. Il Fondo monetario internazionale stima l’aumento dei prezzi in Nord Africa pari al 14,8%. Il Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti (USDA) ha ridotto le esportazioni stimate di grano sia dalla Russia che dall’Ucraina di 7 milioni di tonnellate, quasi il 12% delle proiezioni pre-invasione. Se l’Ucraina dovesse perdere le regioni di Lugansk, Donetsk, Zaporizka e Khersonska, Kiev sarebbe privata di quasi un quarto della sua produzione agricola. E rinunciare a quelle derrate per sanzionare Mosca innescherebbe altra inflazione. In Italia, secondo Federalimentare, il prezzo del grano è aumentato da febbraio a oggi del +52% e solo nell’ultimo mese l’aumento è stato del +16%.
Ma il tema ha a che vedere anche con la deglobalizzazione e il reshoring di produzioni che dovrebbero tornare in Italia, al fine di conseguire sovranità alimentare e sicurezza geopolitica. “L’Italia è costretta ad importare materie prime agricole a causa dei bassi compensi riconosciuti agli agricoltori che hanno dovuto ridurre di quasi 1/3 la produzione nazionale di mais negli ultimi 10 anni”, afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini.
Con buona pace della Politica agricola comune – prodiga con la Francia, ma non con gli altri Paesi Ue -, non solo abbiamo abbandonato gli agricoltori, ma ci siamo resi dipendenti e fragili: “Non sono più solo i prezzi alle stelle del grano a preoccuparci, ma il rischio di carenza di questa materia prima anche in Italia”, continua il presidente di Federalimentare, Ivano Vacondio. E intanto il raccolto di frumento in Russia nel 2022 potrebbe raggiungere i 130 milioni di tonnellate: “Un record per l’intera storia della Russia”, ha dichiarato oggi Putin.


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