Attualità

INGIUSTIZIA – Presto ma non bene

di Redazione -


di ELISABETTA ALDROVANDI
Quando si parla di giustizia, la mente corre immediatamente a qualcosa di oscuro, da cui tutelarsi più che da cui chiedere tutela.
Il cittadino comune, quello che rispetta le regole e teme (a giusta ragione) le buste verdi, percepisce le aule di tribunale come luoghi del sospetto, dove la legge raramente è uguale per tutti, e nelle quali operano eserciti di intoccabili votati all’arbitrio, forti coi deboli e deboli coi forti. Questa è l’impressione diffusa quando si tocca l’argomento. E dimostrare che non è così è spesso impresa tanto ardua quanto fallimentare.
Da qualche tempo vari mezzi di informazione ci stanno provando, approfondendo i contenuti della riforma della giustizia voluta dall’ex Ministro Cartabia, che ha messo mano e dato il nome a una mini rivoluzione in àmbito penale e civile, nel tentativo di spiegare in modo semplice articoli, commi e cavilli, a volte incomprensibili anche agli umili operatori del diritto ultimi nella scala della stima sociale, come siamo considerati noi avvocati da buona parte dell’opinione comune. E così, ci proviamo anche questa settimana, addentrandoci nella riforma del processo civile e di famiglia, che entrerà in vigore il prossimo 28 febbraio.
In ossequio alla necessità di accelerare la durata dei contenziosi e alle condizionalità imposte dal PNRR che ci impone la riduzione dei tempi processuali del 25% entro il 2026, è stato previsto, per il processo civile ordinario, la necessità che sia chi intraprende l’azione sia chi si difende depositino atti, documenti e indichino i testimoni entro la prima udienza in tribunale, che dovrà celebrarsi non prima di 120 giorni da quando chi intraprende la causa notifica all’altra parte la sua citazione in tribunale.
In pratica, il giudice non deciderà più se l’azione merita un approfondimento istruttorio, ma si troverà tutte le prove sul tavolo, e dovrà soltanto ammetterle o rigettarle, per poi decidere chi ha ragione. Il tutto, entro termini contingentati, che se non saranno rispettati potranno comportare rallentamenti nell’avanzamento di carriera. Si tenderà a premiare professionalmente il giudice veloce, sperando che al contempo sia pure in grado di studiare gli atti in modo adeguato e a prendere decisioni che siano in linea con la verità processuale ricostruita in aula e nel fascicolo. Anche per le separazioni e i divorzi si prospettano novità importanti: si potrà chiedere contemporaneamente la separazione e il divorzio in un unico atto, anche se le modalità con cui si potrà fare non sono ancora chiare. Peraltro, dato che in sede di divorzio le condizioni precedentemente decise sono soggette a cambiamenti, sorge spontaneo chiedersi come potrà il coniuge, al momento della separazione, sapere in anticipo di cosa avrà bisogno quando chiederà il divorzio. E anche qui, si aspettano interventi correttivi di precisazione, che diano a giudici e avvocati la possibilità di capire come queste modifiche potranno essere messe in pratica.
Ma non manca neppure la bacchettata agli avvocati: infatti, è stata inserita un’apposita imposizione di legge a scrivere atti brevi e concisi, con tanto di indice e riassuntino iniziale. Insomma, sono stati ufficialmente messi al bando gli scritti che somigliavano a tesi di laurea, in favore di elaborati facilmente leggibili, chiari e scorrevoli.
Sono ormai lontani i tempi delle arringhe profuse in decine e decine di pagine, in cui l’avvocato faceva sfoggio di un eloquio forbito a tratti ridondante.
Ora, la parola d’ordine è brevità. Nella durata dei processi, e negli atti. Con l’auspicio che il motto “presto e bene” si affianchi al principio fondante di ogni democrazia, che la legge è uguale per tutti.

Torna alle notizie in home