Attualità

Intervista a Giuseppe di Lello: “Separazione carriere? Sì ma tra pm e giornalisti”

di Redazione -


di ANNA GERMONI
Giuseppe Di Lello, che negli anni Ottanta era giudice istruttore nel pool antimafia ideato da Rocco Chinnici, al fianco di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, rade al suolo il nuovo teorema dei magistrati fiorentini nei confronti del generale Mario Mori.
Cosa pensa delle accuse?
«Non ho elementi sufficienti per giudicare sia in senso positivo che negativo. Però posso dire che siamo passati dall’accusa di aver causato le stragi a quella di non averle impedite. Sbagliando una strada ora se ne prende un’altra contraria! È una trovata geniale! Ripeto: un’idea geniale dei percorsi giudiziari!».
Dal punto di vista giuridico ritiene convincente questo nuovo impianto?
«Non conosco le carte. Certo che l’accusa è di una gravità unica: va dai reati di strage, passando per l’associazione mafiosa nazionale addirittura a quella con finalità di terrorismo internazionale ed eversione dell’ordine democratico. Risulta molto difficile capire già così l’impianto probatorio dei pm di Firenze… chissà cosa hanno in mano… mah!».
Spesso si parla di separazione delle carriere dei magistrati, ma anche della separazione tra pm e giornalisti. Che idea si è fatto al riguardo?
«Ho un’esperienza tale sia in seno alla magistratura sia in politica che mi permette di dire che la cosa più importante sia veramente la separazione delle carriere dei giornalisti con i pm. Non se ne può più! Penso che sia difficile da raggiungere come obiettivo».
E la separazione delle carriere dei magistrati?
«È un pericolo, perché noi siamo abituati a questa unità di pm e giudici che però non porta ad un appiattimento tra le due carriere, altrimenti non avremmo alcun tipo di assoluzione sentenziato dai giudici. La cosa che mi preoccupa è che restringendo in un solo gruppo si potrebbe formare una casta molto potente che alla fine dovrà essere corretta con una supervisione del ministro della Giustizia. I politici che caldeggiano questa posizione non sanno a quali pericoli possa portare questa strada, perché come ho già detto si andrebbe a creare una casta molto chiusa e regolata da un proprio Csm, quindi molto, molto più potente di quello che abbiamo ora che è diluito con gli altri giudici».


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